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VIRGILIO E CORITO-TARQUINIA                                           

                                                              Capitolo I

            L A    L E G G E N D A    D I    D A R D A N O        

     Ristutturato dal n.31 della rivista Aufidus (Università di Bari; C. N. R.)      

         

1.                               Dardano nella tradizione greca

   Nell'Eneide, Virgilio narra che i Troiani, dopo la distruzione di Troia da parte dei Greci, partirono, sotto la guida di Enea, in cerca di una nuova patria.

 Giunti all'isola di Delo, i Troiani interrogarono l'oracolo di Apollo; e questo ingiunse loro di tornare all'antica terra d'origine:

 

 <<Cercate l'antica madre (antiquam exquirite matrem)>>[1].

 

 Anchise, padre di Enea, riteneva erroneamente che la terra d'origine fosse l'isola di Creta donde il progenitore Teucro sarebbe venuto[2].

 Una volta arrivati a Creta, i Troiani incapparono, però, in una pestilenza che fece loro dubitare che quell’isola fosse il luogo indicato dall'oracolo. Il dubbio era fondato. Una notte, le immagini degli dèi Penati di Troia apparvero in sogno ad Enea, e gli dissero:

 

 <<Bisogna cambiare le sedi. Apollo non ti consigliò di venire in questi lidi, né ti comandò di fermarti a Creta. Vi è un luogo, i Greci lo chiamano con il nome di Esperia, terra antica, potente per le armi e per la fertilità del suolo. L'abitarono uomini Enotri. Ora è fama che i posteri abbiano chiamato Italia quella gente, dal nome del loro condottiero[3]. Queste sono le nostre proprie sedi. Da qui venne Dardano e il padre Iasio, dal quale progenitore la nostra stirpe deriva. Orsù, alzati, e lieto riferisci al vecchio genitore queste parole di certezza: che egli cerchi Corito (oggi Tarquinia) e le terre di Ausonia (Corythum terrasque requirat Ausonias). Giove ti nega i campi di Creta>>[4].

 

 In effetti, nell'Iliade, il capostipite dei Troiani non è Teucro, ma Dardano, come lo stesso Omero fa dire ad Enea. Questi ricorda ad Achille i propri antenati:

 

<<Io mi vanto d'esser nato figlio del magnanimo Anchise, e mia madre è Afrodite [...]. Se però vuoi conoscer bene tutta la mia stirpe, molti la sanno fra gli uomini. Dardano primo fu generato da Zeus adunatore di nubi, e fondò Dardania, perché la sacra Ilio, città di mortali, non si ergeva ancora sulla pianura, ma la popolazione abitava alle falde dell'Ida ricco d'acque. E Dardano generò un figlio, il re Erittonio [...]. Assaraco generò Capi, e questi Anchise, e Anchise me; e Priamo generò Ettore glorioso. Di questa stirpe, di questo sangue mi vanto>>[5].

 

 Iasio, fratello di Dardano, è presente nell'Odissea di Omero dove è ricordato per esser stato fulminato da Giove a causa dei suoi amori con la dea Demetra[6]. Ma Omero non dice chi sia Iasio, né dove avvenne il fatto.

 Esiodo aggiungerà che l'avvenimento si svolse a Creta, e che dall'amore di Iasio con Demetra nacque un figlio di nome Pluto (= ricchezza)[7].

 Più tardi, nella formazione dell'etnos di Troia, si cominciò a distinguere un elemento autoctono, i Troiani, e due componenti esterne: i Dardani e i Teucri. Nacque allora la figura di Teucro che dall'isola di Creta, o dal demo attico di Xypete[8], avrebbe dedotto una colonia nella Troade; mentre Dardano, che nell'originaria tradizione omerica era il padre di tutta la stirpe, fu fatto andare nella Troade dopo di Teucro.

 Si diceva che  Dardano, Iasio e la sorella Armonia fossero nati dagli Amori di Giove con Elettra, figlia di Atlante.

 I tre, nella versione codificata da Diodoro Siculo, erano nati nell'isola di Samotracia. Vi si raccontava pure che

 

 quando Armonia sposò Cadmo, tutti gli dèi convennero a Samotracia per assistere alle nozze. In quell'occasione, la dea Demetra s'innamorò di Iasio. Poi, Iasio sposò Cibele, e dalla loro unione nacque Coribante che diede il proprio nome a tutti coloro che, nella celebrazione dei misteri di sua madre, agivano come uomini invasati dalla divinità. Infine, dopo che Iasio fu assunto fra gli dèi, Dardano, Cibele e Coribante portarono nella Troade i sacri riti di Samotracia[9].

 

 Secondo una differente versione, conosciuta già da Mnasea di Patera (III sec.a.C.), Dardano non era autoctono di Samotracia, ma v'era giunto da un luogo che Mnasea (stando al frammento che ce ne rimane) non precisa[10].

 Varrone e Dionigi di Alicarnasso, diranno che

 

 la nascita di Dardano e Iasio era avvenuta in Arcadia. Da qui, i due fratelli sarebbero emigrati a Samotracia dove avrebbero introdotto la religione misterica dei Cabiri o Grandi Dei. Iasio poi sarebbe stato fulminato da Giove per aver importunato Demetra, mentre Dardano sarebbe emigrato nella Troade dove avrebbe introdotto il culto dei Grandi Dei[11].

 

 Per altri, poi, i Grandi Dei erano gli stessi Dardano e Iasio.

 

                  

        2.                                       Dardano e gli Etruschi

 

 In alcune nostre precedenti pubblicazioni[12], noi abbiamo presentato, tuttavia, i frammenti di una più antica tradizione, secondo la quale

 

 il culto dei Grandi Dei era stato introdotto a Samotracia dai Pelasgi di Atene[13]. Questi a loro volta, erano Tirreni[14] provenienti dall'Etruria[15], e precisamente dal porto etrusco di Regisvilla fra Tarquinia e Vulci, sotto la guida del re Maleo[16] o Maleoto o Malteo donde il nome di Maltano dato al vicino porto di Tarquinia[17].

 

 Come si vede, la funzione d'istituire il culto dei Grandi Dei a Samotracia era affidata una volta a Dardano, proveniente da una regione non sempre identificata, un'altra ai Pelasgi o Tirreni provenienti dall'Etruria.

 Si tratta del culto di quelle stesse divinità che Dardano, poi, da Samotracia introdurrà  nella Troade, e che Enea, come già raccontava Licofrone (IV-III sec.a.C.), porterà da Troia in Etruria, e da qui a Lavinio nel Lazio vetus[18].

 Non deve, dunque, meravigliare il fatto che Virgilio, nell'Eneide, sostiene che Dardano dalla etrusca città di Corito (Tarquinia) emigrò a Samotracia ed in Frigia, dove i suoi discendenti fonderanno Troia. Hesperothen, che vuol dire <<proveniente dall'Italia (Hesperia)>>, era chiamato Dardano, in una sua attribuzione greca conservataci da Servio[19].

***

  In sede etrusca, alla posizione di Virgilio, fa riscontro la dedica agli dèi <<Dardani (Dardanium)>> incisa sui cippi di confine di una colonia che un gruppo di emigranti etruschi, nel primo sec.a.C., condusse nelle vicinanze di Cartagine. Pare che In questa città, già nel III sec.a.C., sia esistita una colonia tarquiniese[20].

 La dedica fu scritta in una grafia contenente alcune caratteristiche dell'alfabeto ceretano, come il sigma a quattro tratti[21], molto diffuso nell'Etruria meridionale donde è verosimile che i coloni fossero partiti[22].

 L'alfabeto etrusco non possiede il segno della dentale sonora ("d"), per cui questi emigranti, per scrivere Dardani, dovettero utilizzare un tau ("t") con il semicerchio sopra. Ciò dovrebbe voler dire che, nella lingua etrusca, il nome di Dardano non esisteva[23], e che la convinzione di questi Etruschi d'essere imparentati con i Troiani, si rifaceva ad una tradizione che fino a quel momento non aveva contemplato la figura di Dardano.

 Questo accadeva dopo che gli Etruschi, perduta nel 90 a.C. l'ultima residua indipendenza ad opera dei Romani, presunti discendenti dei Troiani, intendevano rivendicare dinanzi agli stessi Romani, d'esser loro i veri Troiani; e nel farlo utilizzavano per la prima volta il nome di Dardano, quello stesso che Virgilio dava al capostipite etrusco-troiano dei Romani[24].

 Anche gli Ateniesi rivendicavano la loro parentela con i Troiani indipendentemente dalla figura di Dardano (vedi cap. XIII, 11). Non so poi se, a questo proposito, possa  avere qualche significato il fatto che i Pelasgi o Tirreni di Atene erano considerati d'origine etrusca (ne parleremo al cap. XIII).

 Più tardi, i commenti romani all'Eneide e i mitografi latini, presenteranno una tradizione seconda la quale Dardano figurava a volte come fondatore dell'etrusca città di Corito o Corinto[25], altre come figlio dell'etrusco Corito o Corinto, re dell'omonima città virgiliana (Tarquinia). Però una diversa leggenda raccontava che il troiano Corito o Corinto, figlio di Paride e di Enone (e non Dardano) era stato il fondatore dell'etrusca città di Cori(n)to (Tarquinia). A questo riguardo, è significativo che si conosca pure un altro Corito o Corinto, detto anche Dardano, figlio di Paride e di Elena (vedi capp. VI, 4; 5; VIII, 4).

 Nell'originaria tradizione etrusca o filoetrusca poteva, dunque, esser stato Corito o Corinto, e non Dardano, il nome del capostipite etrusco dei Troiani.

***

 Altri  presentano Dardano  come figlio di Giove e di Elettra, moglie infedele di Corito o Corinto, re dell'omonima città etrusca (vedi par. 4 B).

 Corito o Corinto era anche il nome del re arcade padre adottivo di Telefo, a sua volta padre di Tarconte fondatore di Tarquinia (vedi capp. VI, 1; VIII, 5).

 

 

 3.                                           L'antica madre

 

 Quando i Troiani, secondo Virgilio, arrivarono alla foce del Tevere, posero il campo; ed Enea inviò Ilioneo come ambasciatore a Latino, re del luogo, per chiedere ospitalità.                                                                                                                                                                                                                

 Latino, fra le altre cose, disse ai Troiani:

 

 <<In verità ricordo, anche se il tempo ne ha sbiadito la fama, che i vecchi Aurunci raccontano come Dardano, nato in queste contrade, fosse penetrato fin nelle Idee città della Frigia, e a Samo di Tracia, che ora si chiama Samotracia. Partito da qui, dalla sede etrusca di Corito, ora l'accoglie sul trono l'aura reggia del cielo stellato, ed accresce con altari il numero degli dèi>>[26].

 

 Il troiano Ilioneo risponde:

 

 <<O re, egregia stirpe di Fauno, né una nera tempesta ci costrinse, spinti dai flutti, a venire nelle vostre terre, né una stella o un lido c'ingannò nel cammino. Di comune proposito e di buon grado siamo venuti in questa città, scacciati da un regno che mai più grande vide il sole venendo dall'estremo Olimpo. La nostra stirpe ebbe inizio da Giove. La gioventù Dardana vanta per avo Giove. Lo stesso re, il troiano Enea, discende dalla suprema stirpe di Giove [...]. Molti popoli, molte genti avrebbero voluto che ci fossimo uniti a loro. Non disprezzarci se spontaneamente presentiamo nelle mani le bende e porgiamo parole di preghiera. Ma i fati degli dèi, con i loro comandi ci sospinsero a cercare le vostre terre. Da qui venne Dardano, qui Apollo ci richiama e, con gravi comandi, ci spinge al  Tevere etrusco e alle sacre acque del fonte Numico>>[27].

 

 In precedenza, infatti, l'oracolo di Apollo aveva ingiunto ai Troiani di <<cercare l'antica madre (antiquam experite matrem)>>[28];  e gli dèi Penati avevano precisato ad Enea che l'antiqua mater era Corito (Tarquinia) dove era nato il capostipite Dardano[29].          

 

                     

 4.                             Dardano nella tradizione virgiliana 

 

 Abbiamo testimonianza di due versioni della tradizione che Virgilio avrebbe seguito. Ovviamente, non è possibile stabilire quanto potrebbe esser sorto dopo la pubblicazione dell'Eneide.

 

A)                Elio Donato

 

 Elio Donato (IV sec. d.C.) riferiva che

 

 c'era chi diceva che Dardano e Iasio non erano figli di Giove e di Elettra, ma di Corito, figlio di Giove, e di Elettra. Iasio andò a Stabilirsi a Samotracia. Dardano si recò nella Troade dove aiutò il re Teucro ( già venuto da Creta) nella guerra contro i Bebrici indigeni, e ne sposò la figlia Bateia. Dopo la morte del suocero ereditò il regno, fondò una città; e, dal proprio nome, chiamò Dardania la città e la regione[30].

 

 In questa tradizione l'emigrazione di Dardano è posteriore a quella di Teucro.

 Elio Donato precisa, inoltre,  che

 

 gli Dei Penati di Troia erano gli stessi del Chersoneso Tracico perché i fratelli Dardano e Iasio, nel dividere tutta l'eredità dei genitori, avevano spartito anche i Penati, e l'uno li aveva introdotti in Tracia, e l'altro in Frigia[31].

                     

 

 B) Servio

 

 Da Servio (IV-V sec.d.C.) apprendiamo l'altra versione, più conforme alla posizione di Virgilio, secondo la quale Dardano fu il primo colonizzatore della Troade. Dice Servio:

 

 <<La prima terra è l'Italia da dove venne Dardano; infatti, dopo venne Teucro da Creta>>[32].

 <<Dardano, figlio di Giove e di Elettra, partito da Corito, città della Tuscia, per primo venne a Troia e vi edificò piccole costruzioni. Dopo la sua morte, venne Teucro da Creta, e trovò i compagni di Dardano che abitavano nelle valli; lui costruì le rocche e le mura>>[33].

 <<I fratelli Dardano e Iasio furono figli di Elettra. Ma Dardano fu concepito da Giove, Iasio da Corito (cod. H: de Corinto) dal nome del quale fu chiamato sia il monte sia la città. Si dice che in seguito Dardano uccise Iasio>>[34].

 

 Quanto ad Elettra, moglie di Corito o Corinto, e madre di Dardano e Iasio, si credeva che fosse figlia di Atlante.

 A proposito di Atlante, poi, Servio spiega che c'erano tre figure del dio: una localizzata in Mauritania, una in Arcadia, e un'altra in Italia[35].

 

 C) Igino, Isidoro e Lattanzio Placido

 

 Nel quinto secolo, un certo Igino scriveva quasi con le stesse parole di Servio:

 

 <<I fratelli Dardano e Iasio furono figli di Elettra, figlia di Atlante; ma Dardano fu concepito da Giove, Iasio da Corinto (de Coryntho) dal nome del quale fu chiamato sia il monte sia la città. Si dice che in seguito Dardano uccise Iasio [...]. Lo stesso Dardano, dalla Tuscia, regione d'Italia, spinto da un responso a cambiare residenza, partì per la tracia Samo, che chiamò Samotracia. Da qui, pervenne in Frigia; e,  dal suo nome, la chiamò Dardania>>[36].

 

 Isidoro di Siviglia (560-636 d.C.), poi, in un'occasione disse che

 

 i fratelli Dardano e Iasio provenivano dalla Grecia (e Graecia profecti)[37].

 

In un'altra precisò che

 

 Dardano, partito da Corinto (profectus de Corintho), fu il primo ad andare in Frigia[38].  

                                   

 E' probabile che Isidoro, per l'omonimia della città etrusca di Corito o Corinto con la greca Corinto, abbia confuso, volutamente o meno, le due città, ed abbia ritenuto che Dardano fosse nato nella città greca di Corinto.

 Lattanzio Placido, nel nono secolo, diceva:

 

 <<Giove ebbe rapporti extramatrimoniali con Elettra figlia di Atlante e moglie di Corinto (Corynthi) re d'Italia. Ma dal seme di Giove nacque Dardano, e da quello di Corinto (ex Coryntho) nacque Iasio che andò in Tracia, dove è Samo che chiamò Samotracia. Ma Dardano, spinto da un responso a mutar residenza, venne in Frigia. Dopo la sua morte, Teucro venne da Creta, s'unì ai compagni di Dardano, e costruì la rocca e le mura>>[39].

 

 Dalle parole di Servio e da quelle di Igino, non si può dire dove avvenne che Dardano uccise Iasio. Lattanzio Placido, sulle orme di Donato, presenta Iasio installato a Samotracia; e non fa nessun accenno alla sua morte.

 

               

 5.               Dardano in Paolo Perugino e Giovanni Boccaccio

 

 Abbiamo riferito tradizioni di stampo italico, che fanno risalire ad una città etrusca, chiamata Corito o Corinto, l'origine dei Troiani; ma, a parte il comune riferimento a Corito o Corinto, soltanto quella che fa capo a Servio contiene un elemento strutturale peculiarmente italico, non rintracciabile nella tradizione greca: Dardano uccide Iasio.

 Questa versione rimase viva in Italia, e fu ripresa da Paolo Perugino (1280 ? - 1348) e da Giovanni Boccaccio (1313-1375).

 Paolo scrisse in latino un trattato di mitologia chiamato Collectiones, purtroppo perduto. Ce ne rimangono, però, alcuni frammenti inseriti nell'opera latina Genealogie deorum gentilium, di Giovanni Boccaccio. Questi riferiva:

 

 <<Secondo quanto afferma Paolo Perugino, risulta che Dardano fu figlio del re Corito, al quale era simile anche nel carattere, e della moglie Elettra, ma che per nobilitarne la posterità fu attribuito a Giove. Infatti, fu uomo religioso e mite, come diceva lo stesso Paolo. Ebbe per fratello Iasio, anche se ci sono quelli che vi aggiungono Italo, Sicano e la sorella Candavia. Al re Corito apparteneva la sola città di Corito, così chiamata dal suo nome, ed era quella che oggi, secondo il parere di Paolo, è chiamata volgarmente Corneto (oggiTarquinia) per l'aggiunta di alcune lettere. Per questo motivo, alla sua morte, i fratelli più grandi d'età, cioè Dardano e Iasio, si contesero la successione, per cui, spinto dall'ira, Dardano che era di minore età, uccise Iasio. Vedendo che i cittadini erano turbati da questo fatto, Dardano con una parte del popolo salì su una nave e, dopo aver compiuto un lungo viaggio, approdò a Samotracia [...]. La qual cosa, secondo Eusebio, avvenne circa nel trecentocinquantesimo anno di Mosè, durante il regno di Steleno in Argo, nell'anno 3737 dalla creazione del mondo>>(la traduzione è nostra)[40].

 

 Il Boccaccio, negli ultimi anni della sua vita, tenne a Firenze una serie di Esposizioni sopra la Comedia di Dante, durante le quali tornò più volte sull'identificazione di Corito con Corneto. Vediamone gli argomenti.

 Nel quarto canto dell'Inferno, Dante racconta d'aver visto le anime di quegli antichi personaggi pagani che, per la mancanza del battesimo cristiano, non erano stati accolti in paradiso. Quelle anime si trovano in un luogo alto e distinto, una specie di limbo, e  provano sofferenza solo per la mancanza della vista di Dio. Fra costoro, dice l'Alighieri,

 

        I' vidi Elettra con molti compagni,

tra' quai conobbi Ettor ed Enea,

          Cesare armato con gli occhi grifagni[41].

 

 Il Boccaccio spiega che

 

 <<Elettra, questa della quale qui si dee credere che l'autore intenda [...], maritata fu in Corito, città, o vero castello, non guari lontano a Roma [...]. E fu costei moglie di Corito, re della sopradetta città di Corito, la quale estimo da lui dinominata fosse. E sono di quegli che vogliono questo Corito essere quella terra la quale noi oggi chiamiamo Corneto; e a questa intenzione forse agevolmente s'adatterebbe il nome, per ciò che, aggiunta una "n" al nome di Corito, farà Cornito: e queste addizioni, diminuzioni e permutazioni di lettere essere ne' nomi antichi fatte sovente si truovano>>.

 

 Come si vede, il Boccaccio presenta l'identificazione della Corito virgiliana con Corneto (oggi Tarquinia) come autentica tradizione, mentre adduce la correlazione etimologica fra le due denominazioni della stessa città solo come confacente possibilità.

 Essendo dunque Elettra, continua il Boccaccio,

 

 << come detto è, "moglie" di Corito re, gli partorì tre figlioli, Dardano e Iasio e Italo, né altro di lei mi ricordo aver letto giammai che memorabile sia [...].

 E il credere che Dardano fosse stato figliuol di Giove nacque da questo: che, essendo morto Corito, e, per la successione del regno nata quistione tra Dardano e Iasio, avvenne che Dardano uccise Iasio; di che vedendo egli i suditi turbati, prese le navi e parte del popolo suo, e, da Corito, partitosi, dopo alcune altre stanzie, pervenne in Frigia, provincia della minore Asia, dove un re chiamato Tantalo regnava[42]; dal quale in parte del reggimento ricevuto, fece una città la quale nominò Dardania e a' suoi cittadini diede ottime e laudevoli leggi: ed essendo umano e benigno uomo e giustissimo, estimarono quegli cotali lui non essere stato figliuolo d'uomo, ma di Giove[...].

 E regnò questo Dardano, secondo che scrive Eusebio in Libro Temporum, a' tempi di Moisè, regnando in Argo Steleno; e in Frigia pervenne l'anno del mondo IIICCCXXXVII (3737)>>.

 

 Nel proseguo del poema, Dante nominerà due volte Corneto[43]. Nella seconda occasione, il Boccaccio ribadisce:

 

 <<Corneto, il quale è un castello alla marina, non molte miglia lontano a Viterbo, il quale alcuni credono che già fosse chiamato Corito e fosse la città patria di Dardano, re di Troia>>.

  

 La tradizione riferita da Paolo Perugino e Giovanni Boccaccio mantiene tutti gli elementi strutturali contenuti negli antichi commenti all'Eneide d'epoca Romana, e dà particolare risalto a quelli che noi già abbiamo rilevato essere gli elementi innovativi che la versione filoetrusca di Servio e di Igino presentava rispetto a quella greca: a) Dardano è nato a Corito in Etruria, b) Dardano uccide il fratello Iasio.

 

 

 6.                  La Bolla di Leone IV e i Documenti Amiatini    

 

 Al tempo in cui il Boccaccio scriveva (XIV sec.), Corneto non era un castello, come egli la definiva, ma una delle più importanti città del patrimonio di San Pietro; e il suo porto aveva traffici commerciali con i maggiori centri del Mediterraneo. Corneto era stata, invece, qualificata castello nell’alto medioevo. A questo periodo dovevano appartenere le carte donde Paolo Perugino e Giovanni Boccaccio traevano le notizie.

 Una traccia della tradizionale identificazione potrebbe trovarsi nei Documenti Amiatini. Si tratta di atti notarili registrati negli anni 1004, 1005 e 1118, dove in luogo di Cornetus/Cornetum appare per nove volte la forma Corgitus/Corgetu[44]. Un omonimo fundum Corgitellum, presso Corneto, è menzionato anche nella Bolla del Papa Leone IV a Virobono vescovo di Tuscania dell'anno 852.

 Nel 1224, è documentata la variante *Crugentus[45].

 In totale, il caso si ripete per undici volte in documenti diversi redatti in anni e secoli diversi. Perciò non dovrebbe essere dovuto ad errori di amanuensi. Si può pensare ad una forma grafica in cui la y di Corythus/Corynthus sia stata trattata come un suono consonantico.

 Devo al compianto amico Francesco Della Corte il suggerimento dell'eventuale trasformazione di Corythus in Corjitus, Corigitus, Corgitus[46]. 

 

 7.                                                Corneto

 

 I colli Tarquiniesi s'elevano fra i fiumi Marta e Mignone.  Vi si distinguono due altipiani paralleli. Il più interno ospita le vestigia dell'antica Tarquinia. L'altro, che è in posizione antistante la pianura compresa fra i due fiumi e il mare, è lungo circa sei chilometri.  Sulla punta estrema nord-occidentale si trova la città di Corneto in posizione dominante la vallata del Marta e la pianura compresa fra questo fiume, il Mignone ed il mare. Dalle mura del centro storico medioevale fino al fosso Cranchese s'estende la necropoli etrusca che ricopre gli ancor più antichi villaggi e necropoli protostorici.

 La città medioevale prese consistenza in concomitanza dello spopolamento dell'attiguo colle di Tarquinia e dei centri rivieraschi, come Gravisca, Rapinio e Maltano. Fu variamente denominata Cornietum (anno 804, ecc.), Corgnetum (850), Corgnitus (939), Corgitus/Corgetu (1004), Corgnieto (1015), Cornito (1118), Cornetum  (1047) Cronieto (1144), Crugentus (1224).

  Soltanto attorno al tredicesimo secolo, il nome si definì in Corneto. Dante fu il primo ad utilizzare questa forma in un testo in lingua italiana[47].

 La città medioevale non era la semplice risultante dello spopolamento di Tarquinia e dei centri costieri, ma s'era sviluppata sui resti di precedenti abitati dei quali abbiamo documentazione certa almeno per l'epoca protoetrusca[48].

 La necropoli dell'antica Tarquinia non si trova sullo stesso colle della città, ma su quello di Corneto, e ricopre i più antichi villaggi e necropoli protostorici. In origine, uno degli antichi abitati protoetruschi del colle di Corneto, dovette rivestire un ruolo particolare rispetto agli altri dei colli vicini. In seguito, però, presero sempre più consistenza ed importanza le abitazioni situate sul colle di Tarquinia, dove verrà a formarsi quella che sarà la futura grande città. Gli abitanti continuarono, tuttavia, a seppellire i loro morti sul colle di Corneto.

  Dal 1922, la città di Corneto ha cambiato nome assumendo quello della vicina Tarquinia. Ma noi, per non creare confusione, manterremo la distinzione originaria dei toponimi.

  

                            

 8.                                  La tradizione filocornetana

 

 L'identificazione di Corito con Corneto è stata riconosciuta fino ad oltre il Medio Evo ed il Rinascimento, attraverso vari autori fra cui Filippo da Bergamo, Lorenzo Vitelli, Francesco Berlinghieri, Calepino, Leandro Alberti, Filippo Veruti, Luca Olstenio, Muzio Polidori, Valesio, Vincenzo Annovazzi, nonché da una documentazione varia fra cui un breviario agostiniano del 1454.   

 Negli ultimi anni del quindicesimo secolo, Annio da Viterbo, ha seguito l'identificazione di Corito con Corneto, usando gli stessi argomenti del Boccaccio[49]. Ma la sua collaterale attività di geniale falsario di documenti, ha dato appiglio, nei secoli futuri, a discreditare l'identificazione. 

 Nel ventesimo secolo, la tradizione è stata ripresa da Andrea Donati (1933)[50], dall'inglese Colin Hardie (1964)[51], dall'americano A. G. McKay (1970)[52], dall'inglese  Nicola Horsfall (1973; 1976)[53],  da Bruno Blasi (1979) [54] e da Ludovico Magrini (Bollettino STAS, 1985).

 Dal canto nostro, noi abbiamo assunto la testimonianza del Boccaccio come ipotesi di lavoro, e, al fine di verificarne la validità, abbiamo condotto una lunga ricerca, durante la quale abbiamo riletto il poema e gli antichi commenti d'epoca romana, siamo andati a scandagliare gli antecedenti mitologici delle figure di Corito e di Dardano, e abbiamo confrontato miti, leggende e la stessa Eneide con i ritrovamenti archeologici. I risultati sono stati via pubblicati in Atti e Memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova, in Latina didaxis dell'Università di Genova, nel Bollettino dell'I.R.R.S.A.E. Liguria, in Aufidus, nel Messaggero Italiano di Manchester, in Archeologia dei Gruppi Archeologici d'Italia e nel Bollettino della S.T.A.S.  In essi abbiamo riproposto la tradizione medioevale perché l'abbiamo trovata in linea con gli antichi commenti di epoca romana, coerente con l'universo mitologico e con la geografia dell'Eneide, e produttiva per la comprensione di  alcuni passi oscuri del poema.

 Nel presente lavoro abbiamo ripreso, ampliato e ristrutturato gli argomenti trattati nelle precedenti pubblicazioni.

 

 

9.                      L'anacronismo storico della tradizione virgiliana

       

 Ci si chiede come abbia potuto Virgilio o, comunque, la tradizione dove egli attingeva, sostenere che gli Etruschi erano più antichi dei Troiani.

 Per comprendere l'anacronismo, si deve tener presente che fino al III sec. a.C. si riteneva che la distruzione di Troia fosse avvenuta pochi anni prima della nascita di Roma; tanto è vero che, secondo le più antiche versioni greche, quest'ultima città era stata fondata da Enea ed aveva avuto il nome da una figlia di Telefo (perciò sorella di Tarconte e Tirreno) di nome Roma andata sposa all'eroe (vedi cap. VIII, 5).

 E' ovvio che, poiché gli Etruschi erano storicamente più antichi dei Romani, furono ritenuti più antichi anche dei Troiani.

 Col tempo, ci si rese conto che la guerra troiana era di molto anteriore alla nascita di Roma, finché Eratostene (275-194 a.C.) fissò la data della distruzione di Troia al 1184 a.C.[55]  Ma, ancora al tempo di Virgilio, c'era chi, come Sallustio, sosteneva che i Troiani avevano fondato Roma.

 La parentela fra Etruschi e Troiani non era, tuttavia, una "invenzione" gratuita. Se il primo popolo non era antecedente al secondo, è però possibile che le  due stirpi fossero, in qualche modo imparentate o che, comunque, gli Etruschi lo ritenessero, come vedremo nel capitolo su La leggenda troiana in Etruria.

                                

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[1] Virgilio, Eneide, III, 96.

[2] I Troiani, infatti, fin dal tempo di Omero vennero chiamati anche Teucri. Tuttavia, nei poemi omerici, non esisteva ancora un eponimo Teucro.

[3] Dionigi di Alicarnasso raccontava che gli Enotri erano Pelasgi che dall'Arcadia s'erano andati a stanziare nelle regioni occidentali d'Italia, sotto la guida di Enotro sedici generazioni prima della guerra di Troia (Antichità romane, I, 11-12). Secondo una diversa tradizione, Enotro era, invece, re dei Sabini e fratello di Italo. Virgilio sembra seguire quest'ultima versione.

[4] Virgilio, op. cit. , III, 161-171.

[5] Omero, Iliade, XX, 208-241..

[6] Omero, Odissea, V, 125-128.

[7] Esiodo, Teogonia, vv. 969-974.

[8] Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I , 61; Strabone, Geografia, XIII, 1, 48.

[9] Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, V, 47-49.

[10] Stefano Bizantino, De urbibus, s.v. Dardania.

[11] Servio Danielino., All'Eneide, III, 167; Dionigi di Alicarnasso, op. cit., I, 61; 68.

[12] Vedi l'elenco delle pubblicazioni.

[13] Erodoto, Le Storie, II, 51.

[14] Ellanico di Lesbo, in Stefano di Bisanzio, op. cit., s.v. Metaon; Tucidide, La Guerra del Peloponneso, IV, 109.

[15] Ellanico di Lesbo in Stefano di Bisanzio, loc. u. cit.; Mirsilo di Lesbo, in Dionigi di Alicarnasso., op. cit. , I, 17-28.

[16] Strabone, Geografia, V, 2, 8.

[17] A. Palmucci, Ancora sugli antecedenti mitologici della figura di Dardano e della città di Corito-Tarquinia nell'Eneide, <<Atti e Memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova>>, LX, 1992, pagg. 37-66.

[18] Licofrone, Alessandra, vv. 1240, segg..

[19] Servio, All'Eneide, III, 501.

[20] E. Colozier, Les Etrusques et Carthage, <<Mélanges d'archéologie et d'histoire>>, LXV, 1953, pagg. 63-98.

[21] M.Cristofani, Rivista di Epigrafia Etrusca, <<Studi Etruschi>>, XXXVIII, 1970, p. 332.

[22] O. Carruba, Nuova lettura dell'iscrizione etrusca dei cippi di Tunisi, <<Athenaeum>>, 1976, pagg. 163-173. Contra: J. Heurgon, Les Dardanies in Afrique, <<Revue des étudies latines>>, XLVII, 1969, pagg. 284-294.

[23] J.Heurgon, loc.cit.

[24] J. Heurgon (loc.cit.) ritiene che la migrazione etrusca in Tunisia sia avvenuta durante la prima metà del I sec.a.C.. Ma poiché l'avvenimento coincide con il primo utilizzo, in lingua etrusca, del nome di Dardano, non è da escludere che il fatto si sia verificato dopo la pubblicazione dell'Eneide (30 a.C.), poema dove Virgilio per la prima volta aveva presentato Dardano come capostipite etrusco di Troiani e Romani. 

[25] l'alternanza delle due forme verrà discussa al cap.VIII.

[26] Virgilio, op. cit., VII, 205.

[27] Virgilio, op. cit., VII, 213-242.

[28] Virgilio, op. cit., III, 96

[29] Virgilio, op. cit., III, 170.

[30] Servio Danielino, op. cit., III, 108-167.

[31] Servio Danielino, op. cit., III, 15.

[32] Servio, op. cit., III, 95.

[33] Servio, op. cit., III, 104.

[34] Servio, op. cit., III, 167.

[35] Servio, op. cit., VIII, 134.

[36] Mitografi Vaticani, I, n. 135.

[37] Isidoro di Siviglia, Etymologiae, IX, 2, 7: <<Troianorum gens antea Dardana a Dardano nominata. Nam Dardanus et Iasius frates e Graecia profecti; ex his Iasius ad Thraciam, Dardanus ad Phrigiam pervenit, ibique primus regnavit. Post quem filius eius Ericthonius, deinde nepos eius tros, a quo Troiani nuncupati sunt>>.

[38] Isidoro di Siviglia, op. cit., XIV, 3, 41: <<Phrygia dicta Phrygia Europis filia. Haec et Dardania a Dardano Iovis filio dicta. De quo Homerus ait: "Quem primum genuit celesti Iuppiter arce" (Iliade. XX, 215). Hic, enim, profectus de Corintho/Corinto civitate primus venit in Phrygiam>>.

[39] Mitografi Vaticani, II, 192.

[40] Giovanni Boccaccio, Genelaogie deorum gentilium, VI, 51.

[41] Dante Alighieri, Inferno, IV, 121-123.

[42] E' interessante che Servio ci fa conoscere una versione del mito di Tantalo, secondo la quale il sovrano lidio regnava sui Corithii o Corinthii (All'Eneide., VI, 603).

[43] Dante Alighieri, op. cit., XII, 137; XIII, 7.

[44] Vedi C. Calisse, Documenti del monastero di San Salvatore sul monte Amiata riguardanti il territorio romano "sec. VIII-XII", <<ASRSP>>, XVI, 1983, pagg. 298-345; XVII, 1984, pagg. 95-129.

[45] Si ricava da Crugentanus (Theiner, Cod. diplom. temp. S.S.,I, CXXXIV).

[46] Vedi A. Palmucci, La virgiliana città di Corito, <<Atti e Memorie della Accademia Naz. Virgiliana di Mantova>>, cit., pag. 55, n. 43.

 Notiamo l’analogia delle possibili alternanze di Corythus/Corgitus/Crugentus con quelle del nome personale latino Coriton/ Corinton/Corvinton (Coritone), e con quella del nome personale greco Corython/ Gorgynthon (Coritone) (vedi cap. VI, 4 e 5), per cui si può cautamente ipotizzare che Corgitus/Crugentus sia la risultante medioevale di una antica variante erudita (*Corgy(n)thus) del nome Cory(n)thus. 

 

[47] Dante Alighieri, op. cit., XII, 137; XIII, 9.

[48] A. Pasqui e A. Cozza, <<Notizie degli scavi>>, 1885, pagg. 513-525; M. Pallottino, Tarquinia, <<Mon. ant. Lincei>>, XXXVI, 1937, cll. 1-106; M. Moretti, La necropoli villanoviana Alle Rose, <<Notizie degli scavi>>, 1959, pagg. 112-142; Richard E. Lininngton, Filippo Delfini, Massimo Pallottino, Alle origini di Tarquinia "scoperta di un abitato villanoviano sui Monterozzi", <<Studi Etruschi>>, XLVI, 1978, pagg. 3-23; F: Buranelli, La necropoli villanoviana Le Rose di Tarquinia, Resis a C.N.R., 1963; M. A. Fugazzola Delpino, Dai nuclei sparsi ai grandi villaggi organizzati, in Gli Etruschi di Tarquinia, a cura di M. Bonghi Jovino, Modena, Panini, 1986, pag. 55 segg.; M. Bonghi Jovino, L'alba della città, in op. u. cit., pag. 63 segg..

[49] Annio da Viterbo, documenti e ricerche, a cura di Gigliola Bonucci Caporali, Roma, Multigrafica, 1981.

[50] A. Donati, Terre e castelli del Viterbese, Roma, 1933, pag. 8. Egli ritiene che la città di Corito sia stata distrutta dai Saraceni, nel IX secolo, insieme a Centumcellae e agli ultimi avanzi di Tarquinia e Gravisca.

 Ringrazio l'amico Giacomo Saraga della S.T.A.S. di Tarquinia per avermi passato la notizia, e fornito il testo del Donati. 

[51] C. Hardie, B. Nardi: Mantuanitas Vergiliana, <<J.R.S.>>, XIV, 1964, pag. 250.

[52] A. G. Mac Kay, Vergil's Italy, Greenwich Conn., 1970, pag. 81.

[53] N. Horsfall, Corythus: the Return of Aeneas in Vergil and his Sources, <<J.R.S.>>, LXIII, 1973; Mr. Arrison and Corythus: a Replay, <<The Classical Quaterly>>, XXVI, 1976.

[54] B. Blasi, Il castello di Corneto e il suo maggiore monumento, <<Bolletino>>, Tarquinia, S.T.A.S., 1979, pag. 10.

[55] In Dionigi di Alicarnasso, op. cit., I, 74.