Da A. Palmucci, Virgilio e Corinto-Tarquinia, S.T.A.S.-Regione Lazio, 1998
L
A D I S P E R S I ON E
D E G L I E T R U S C
H I
Da
un esame che abbiamo condotto sugli antecedenti mitologici della figura del
Dardano virgiliano, è emerso che la regione attorno a Tarquinia è stata il
punto di partenza di una mitica migrazione etrusca verso oriente[1].
Ne parleremo diffusamente nella IV parte di questo libro, ma qui ne anticipiamo
le linee essenziali.
Nel
terzo secolo a.C., Mirsilo di Metimna (III sec.a.C.) raccontava che, molto tempo
prima della guerra di Troia, gli Etruschi incorsero nelle ire divine per non
avere sacrificato ai Cabiri ( cioè
ai Grandi Dei), un decimo dei loro figli. Per tre generazioni patirono siccità
e carestia finché, colpiti anche da altre calamità lasciarono l'Etruria.
<<Costoro>>,
diceva Mirsilo, <<furono dunque i primi ad emigrare dall'Italia ed ad
andare in Grecia ed in molte regioni dei barbari [...] e, nel corso dei loro
spostamenti senza una meta fissa, assunsero il nome di Pelasgi (che
vuol dire cicogne) a somiglianza degli uccelli chiamati pelargi, perché,
come questi, essi migrano a stormo per la Grecia e per le regioni dei Barbari.
Essi innalzarono pure il cosiddetto muro Pelargico, cioè il muro di cinta che
circonda l'acropoli di Atene>>[2].
L'originaria
italicità dei Pelasgi di Atene è rivendicata anche da una tradizione raccolta
personalmente da Pausania (I sec.d.C.) nella stessa Atene dove si diceva che
gli ingegneri costruttori del muro di Atene erano Pelasgi di origine
sicula [3].
I
Siculi, secondo quanto raccontava Filisto di Siracusa (430-356 a.C.), erano un
popolo di stirpe ligure, autoctono dell’Italia centrale, emigrato poi in
Sicilia[4].
Le
città etrusche, ritenute di origine sicula, espressamente menzionate da Dionigi
di Alicarnasso, erano tutte nell’Etruria
costiera ed in quella meridionale: Fescennio, Faleri, Cere, Alsio, Saturnia e
Pisa[5].
Sia
che si voglia ritenere che i Siculi di Atene provenissero direttamente
dall’Italia centrale, della quale erano originari, sia che si voglia intendere
che essi avessero avuto la Sicila come sede intermedia, la loro origine italica
è indiscutibile.
Giustamente,
Jean Bérard ha messo in relazione
i Siculi di Pausania con gli etruschi di Mirsilo di Lesbo e con quei
“Plasgi” che, come vedremo fra poco, erano partiti da Regisvilla o anche da Maltano (due porti sulla spiaggia fra
Tarquinia e Vulci) sotto la guida del re Maleo per andare a stanziarsi ad Atene.
Secondo
Erodoto (V sec.a.C.), i Pelasgi, emigrati ad Atene, innalzarono il muro di cinta
della città, ma furono scacciati perché importunavano le donne. Allora essi
andarono ad occupare altre terre fra cui l'isola di Samotracia, dove insegnarono
agli abitanti del luogo la Religione dei Misteri[6].
Questa
religione era dedita al culto dei Grandi Dei o Cabiri, quelle stesse divinità
che i Pelasgi avevano adorato fin dal tempo in cui erano vissuti in Italia ed
ancora si chiamavano Etruschi.
Secondo
altre versioni, colui che aveva istituito a Samotracia la religione dei Misteri
si chiamava Dardano ed era un abitante del luogo o proveniva da una regione non
sempre precisata (vedi cap. I, 1-2).
Come
si vede, nella mitologia greca, la stessa funzione era affidata una volta ai
Pelasgi ed un'altra volta a Dardano. Così, non è assurdo pensare che Virgilio
abbia recepito qualche versione (greca o etrusca che fosse) dove Dardano era
ritenuto di origine pelasgica cioè etrusca.
Si
parlava, infatti, di presenze pelasgiche o tirrene nell'Asia Minore, in
particolare nella Lidia, nella Misia, nella penisola Anatolica, nella Troade, e
nelle isole di Samo, di Lesbo, di Lemno e di Imbro.
Si
raccontava pure che gli Etruschi avevano fondato Elimia ed Aiane in Macedonia, e
che, nell'isola di Lesbo avevano fondato Metimna[7].
Si
credeva che Pitagora fosse Etrusco.
Eraclide
Pontico (III sec.a.C.) riferiva addirittura una tradizione dove si raccontava
che Omero
<<[?]
dalla Tirrenia si era recato a Cefallonia ed Itaca dove, ammalatosi, aveva perso
la vista>>[8].
Poiché
Itaca era uno dei luoghi dove si credeva fosse nato Omero, il frammento ci
consente di ipotizzare che, nella parte del testo non pervenutaci, Eraclide
avesse narrato che Omero fosse nato in Etruria.
Ma
cosa mai poteva aver fatto credere che Omero fosse nato in Etruria, se non il
fatto che si riteneva che gli
Etruschi fossero imparentati con i Troiani?
La
notizia più interessante, ai nostri fini, è però quella che fornisce il
geografo greco Strabone. Egli racconta che
A
Regisvilla (un piccolo porto sulla
spiaggia fra Tarquinia e Vulci), si trovava un tempo la reggia del re
pelasgio Maleo del quale, ancora ai suoi tempi, si diceva che, dopo aver
governato in quel luogo, andò ad Atene. Questo re, aggiunge Strabone,
apparteneva alla stessa tribù di quei Pelasgi che avevano fondato Cere[9].
Si
tenga presente che, in altre fonti, Maleo è indicato come un re Etrusco,
emigrato in diverse parti della Grecia e delle Isole Egee, e ed è variamente
chiamato anche Maleoto e Malteo.
Oltre
Cere, anche Tarquinia, secondo una delle versioni della sua origine, era stata
fondata dai Pelasgi[10];
ed un suo porto, attiguo a Regisvilla, si chiamava Maltano, il cui nome richiama
quello di Maleo o Maleoto o Malteo.
Pertanto,
si dovette ritenere che il popolo di Maleo avesse occupato almeno l'arco di
territorio compreso fra Regisvilla, Tarquinia e Cere. All'interno di questo
territorio si trovano Gravisca, Pirgi ed il fiume Mignone.
Si
tratta della stessa regione geografica dove Virgilio aveva inviato Enea a
chiedere aiuti a Tarconte. Questa regione aveva fornito ad Enea un manipolo
unitario di guerrieri, composto, dice Virgilio, da
<<coloro
che abitano Caerete, che sono nei
campi del Mignone, e Pirgi antica e Gravisca priva di tempeste (intempestae)>>[11].
In
questo medesimo contesto geografico, Virgilio aveva collocato la città di
Corito ed il lucus dedicato dai Pelasgi al dio Silvano[12].
Non
abbiamo elementi sufficienti per identificare senza residuo il Dardano
virgiliano con il re Etrusco Maleo (o Maleoto o Malteo). Tuttavia, il porto di
Regisvilla, e verosimilmente quello di Maltano, entrambi sulla marina fra
Tarquinia e Vulci, si pongono come
l'unico punto di partenza, a noi conosciuto, della mitica diasposra di quegli
Etruschi-Pelasgi che emigrarono ad Atene e a Samotracia dove introdussero la
Religione dei Misteri, cioè il culto di quelle stesse divinità che Dardano
istituì a Samotracia e nella Troade, quelle stesse divinità che, dopo la
caduta di Troia, imporranno ad Enea di esser ricondotte a Corito insieme ai
reduci troiani. Quelle divinità, cioè gli dèi Penati di Troia, diranno ad
Enea:
<<Là
(a Corito) Dardano nacque, là il padre Iasio dal quale principe
deriva la nostra stirpe>>[13].
Infatti,
il dio tarquiniese Tagete era figlio di Genio, che era uno degli dèi Penati
etruschi . Gli stessi Greci identificavano Tagete con Ermes ctonio che era uno
dei Grandi Dei della Religione dei Misteri di Samotracia.
Forse
non è un caso che si diceva che Tarquinio Prisco fosse esperto in questa
religione[14].
E'
verosimile che, nell'ambito del quadro mitico che abbiamo esamitato, Virgilio
avesse recepito la leggenda che Etruschi e Troiani appartenessero alla stessa
stirpe; e mi sembra anche ragionevole trovare in questo quadro una conferma, se
ce ne fosse bisogno, della identificazione di Corito con Tarquinia.
A
questo punto, è necessario chiarire una questione. Giovanni Colonna ha
rilevato che
<<la
diaspora che disperse i Tirreni per il mondo, e particolarmente nell'Egeo, a
cominciare da Atene, dove assunsero il nome di Pelasgi [...], delineando un
grandioso movimento da occidente verso oriente [...], anticipa, e direi
costituisce il necessario precedente concettuale della etnogenesi presupposta
dall'Eneide. Come i Pelasgi provenivano dall'Etruria, così i Troiani di
Virgilio, in una visione incontestabilmente italicocentrica, divengono di
origine etrusca>>.
Colonna
coclude, poi, che <<si dovette pensare da qualcuno [...] che i futuri
Troiani erano partiti [...] dall'Etruria e precisamente da Cortona>>[15].
Ma
Colonna non ha considerato che nessuna fonte mitica ha mai fatto partire una
migrazione etrusca né da Cortona, né dalle terre vicine. Le fonti indicano,
invece, che l'epicentro della mitica migrazione fu il porto di Regisvilla
(e forse anche quello di Maltano) che si trovava in mezzo fra Tarquinia e Vulci.
[1] Strabone, Geografia, V, 2,8; Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I, 23-28; Pausania, La Grecia, XXVIII, 14.
[2] In Dionigi di Alicarnasso, op. cit., I, 23-28.
[3] Pausania, La Grecia, I, 38,3.
[4] In Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I, 9; 22.
[5] Dionigi Alicarnasso, op. cit., I, 9; 20-21.
[6] Erodoto, Storie, II, 51.
[7] Stefano Bizantino, De Urbibus, s.v. Elimia, Aiane, Metimna.
[8] Eraclide Pontico, F.G. H. , II, pag. 222.
[9] Strabone, Geografia, V, 2,8.
[10] Trogo Pompeo, Epitome, XX, 1,11: <<In Tuscis Tarquinia a Tessalis et Spina in Umbris>>.
[11] Virgilio, Eneide, X, 183.
[12] Virgilio, op. cit. ,VIII, 597, segg.
[13] Virgilio, op. cit. , III, 167.
[14] Macrobio, Saturnali, III, 4.
[15] G.Colonna, Virgilio, Cortona e la leggenda di Dardano, <<Archeologia classica>>, XXXII, 1980, pagg. 8-9.