Strani anelli di poesia

Dall'analisi alla drammatizzazione testuale di Fabia Zanasi

Una metafora per la lettura interpretativa
Una esperienza di messa in atto del testo
Giochi di parole e cose
Dalla prosa al verso

Una metafora per la lettura interpretativa

Capita, mentre si legge, di raccogliere qualcosa di se stessi nella poesia e di percorrere una sorta di strada che dall'opera ci riporta a noi e da noi ancora all'opera: uno strano anello che conduce dunque al punto di partenza, certo arricchiti di esperienze nuove, ma al medesimo punto di partenza, pronti per nuove esplorazioni. Lo strano anello è dunque la metafora per intendere un processo di interpretazione testuale dotato di inesauribili potenzialità, perché può attivarsi di continuo, a patto che noi lo vogliamo.

Esplorare il testo è l'avventura che unisce noi docenti ai nostri allievi. Questo viaggio di incessante ritorno al testo lo possiamo tentare provvisti di apparati critici e di intuizioni personali, accettando anche il rischio di non riuscire sempre a comprendere.

Nelle pagine seguenti proverò a descrivere l'itinerario che ho intrapreso durante l'anno scolastico 1994-'95, in una seconda classe del liceo scientifico Copernico di Bologna, che segue un corso linguistico Brocca.

Il lavoro in classe è partito da un presupposto fondamentale della D.B.: la didattica "a carte scoperte" pone le premesse per una collaborazione reciproca tra insegnante e studenti che devono sapere in ogni momento come si procede insieme e in vista di quali risultati si opera. Una didattica, le cui metodologie sono dichiarate, si basa su una sorta di contratto fattivo che coinvolge direttamente entrambe le parti, docente e discenti. Tuttavia questa sorta di contratto non è uno schema rigido e immutabile, perché attraverso il dialogo e il confronto delle opinioni, si possono, in qualunque momento, affinare le procedure operative, alla ricerca delle soluzioni migliori. Un percorso operativo, che riesca a coniugare insieme le istanze disciplinari dell'educazione linguistica e letteraria a quelle della inventiva del discente, sembra orientato non solo all'acquisizione di capacità critiche e di sensibilizzazione del gusto estetico, ma anche al potenziamento della creatività personale.

Pertanto il programma di italiano relativo al discorso poetico è stato strutturato in base alle attività sotto elencate, secondo modalità di svolgimento rapportate alle competenze raggiunte:

  1. interpretazione dei testi, condotta attraverso percorsi di lettura graduale delle opere, secondo i diversi livelli d'analisi delle forme del significato e del significante;
  2. prove di verifica delle conoscenze acquisite mediante griglie d'analisi applicate ai testi poetici;
  3. produzione creativa di testi (haiku, anagrammi poetici, rielaborazione poetica di un testo in prosa, ecc..);
  4. drammatizzazione, ossia messa in atto del testo poetico.

Analisi critica, produzione creativa e drammatizzazione sono momenti strettamente connessi e consentono di esplicitare un interessante collegamento tra stilistica letteraria, linguistica e pragmatica comunicativa.

Nel nostro lavoro sul testo poetico siamo partiti dalle seguenti considerazioni:

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, l'analisi delle poesie, sulla scorta dei fondamenti teorici, si propone quale tappa necessaria per scoprire strategicamente alcuni possibili artifici del "mestiere", tuttavia non è risolutiva. La lettura strutturale produce innegabili risultati sul piano didattico, ma purtroppo è demitizzante: rischia infatti di focalizzare l'attenzione dell'alunno sugli aspetti tecnici, quale campo privilegiato d'indagine. Garantisce allo studente l'appoggio di una procedura che si articola secondo una falsariga collaudata e formalmente ripetibile, tuttavia riduce, almeno in parte, l'attitudine a reagire in modo personale e flessibile rispetto alle diverse suggestioni o "situazioni" artistiche. Allena inoltre all'uso di un linguaggio comodo, dato il necessario e frequente ricorso alla nomenclatura precostituita. Tenuto conto dei vantaggi e dei limiti menzionati, occorre dunque ipotizzare un modo di procedere che faccia scoprire al ragazzo la sua capacità e anche il piacere di trarre vantaggio da "circostanze testuali fortuite", non leggibili dunque secondo una chiave obbligata.

Peraltro, se la poesia è suono, la scoperta del suo intrinseco significato deve avvenire proprio in base agli effetti musicali che le parole modulano: una lettura silenziosa, oppure una lettura ad alta voce condotta con trascuratezza non potranno mai svelare le vibrazioni prodotte dall'accostamento delle sillabe o la pienezza di senso di certe pause. La poesia infatti fornisce una precisa suggestione anche all'ascolto del silenzio. Gradatamente si capisce che il testo deve essere "scartato": innanzitutto perché il linguaggio poetico produce uno scarto rispetto al linguaggio comune, inoltre perché la pagina è un veicolo muto al quale bisogna prestare la propria voce.

La voce stessa è un centro d'energia: il ritmo e gli effetti sonori provocati dalla pronuncia dei versi hanno una tale incidenza sulla respirazione da suscitare precise reazioni soggettive. Pertanto la messa in atto del testo equivale ad un percorso che tenta, attraverso l'uso della voce personale, di dare voce anche all'opera dell'autore.

Una esperienza di messa in atto del testo

In classe, per realizzare una prima esperienza di drammatizzazione, ci siamo serviti di tre sonetti che rappresentano altrettante variazioni tematiche di un topos letterario di ascendenza classica: la fuga dal mondo dei contatti sociali e la ricerca della solitudine in spazi a stretto contatto con la natura. I sonetti sotto riportati sono di FRANCESCO PETRARCA, Solo e pensoso i più deserti campi, LUIGI TANSILLO, Strane rupi, aspri monti, alte tremanti ruine, e di VITTORIO ALFIERI, Tacito orror di solitaria selva.

Solo e pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman la rena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger delle genti,
perché negli atti d'allegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avvampi;
Sì ch' io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita ch'è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so, ch'Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io con lui. (Da F.Petrarca, Canzoniere, XXXV)


Strane rupi, aspri monti, alte tremanti
ruine, e sassi al ciel nudi e scoperti,
ove a gran pena pon salir tant'erti
nuvoli in questo fosco aere fumanti:
superbo orror, tacite selve e tanti
negri antri erbosi in rotte pietre aperti:
abbandonati, sterili deserti,
ov'han paura andare le belve erranti;
a guisa d'uom, che per soverchia pena
il cor triste ange fuor di senno uscito,
sen va piangendo, ove il furor lo mena;
vo, piangendo io tra voi: e se partito
non cangia il ciel, con voce assai più piena
sarò di là tra le meste ombre udito.
(Da L.Tansillo, Poesie liriche edite ed inedite, LXIX, a cura di F. Fiorentino, Morano, Napoli, 1982)

Tacito orror di solitaria selva
di sì dolce tristezza il cor mi bea,
che in essa al par di me non si ricrea
tra' figli suoi nessuna orrida belva.
E quanto addentro più il mio piè s'inselva,
tanto più calma e gioia in me si crea;
onde membrando com'io là godea,
spesso mia mente poscia si rinselva.
Non ch'io gli uomini abborra, e che in me stesso
mende non vegga, e più che in altri assai;
né ch'io mi creda al buon sentier più appresso:
ma, non mi piacque il vil mio secol mai:
e dal pesante regal giogo oppresso,
sol nei deserti tacciono i miei guai.
(Da V.Alfieri, Rime, parte I, CLXXIII, a cura di F.Maggini, Centro Nazionale di Studi Alfieriani, Asti, 1954)

La lettura ad alta voce ha agevolato i confronti intertestuali per quanto concerne i livelli metrico-ritmico, lessicale, retorico e soprattutto fonico. Nel caso del livello fonico si è immediatamente osservato che la selezione dei suoni, operata dai tre diversi autori, differisce in ragione delle diverse coloriture emotive espresse: suoni nasali e assonanze sembrano infatti accompagnare l'incedere lento e malinconico del Petrarca, mentre gli effetti vibrati e percussivi ricercati dal Tansillo alludono forse alla drammatica visione di un paesaggio sconvolto dalla furia dell'eruzione vulcanica. (Per quanto concerne le proposte d'analisi e approfondimento, cfr. appendice 1)

Successivamente i ragazzi sono stati suddivisi in tre gruppi: ogni allievo aveva il compito di memorizzare un verso e di recitarlo ad alta voce insieme ai compagni. A proposito dell'esperienza, Alessia ha dichiarato:

Mi è molto piaciuto questo esperimento, infatti l'ho trovato divertente e, in un certo modo, per me è stata una prima esperienza davanti a "un pubblico", forse perché non ho mai avuto precedenti in campo teatrale. Le esibizioni mi sono sempre piaciute: mi aiutano a mettermi alla prova e le trovo molto stimolanti. Oltre a questo, recitare una poesia, secondo me, non è facile, soprattutto da soli. In questo modo, invece, ti senti parte di un gruppo: persone come te, cercano insieme a te di dare il meglio. Le prime volte, probabilmente, si rischia di concentrarsi troppo sul verso e meno sul significato generale della poesia recitata da te e dai compagni, ma, col tempo, questo è un ostacolo che si può superare abbastanza facilmente. Il risultato finale deve essere una poesia a più voci, con effetti, quindi, estremamente diversificati, recitata però da persone inglobate in un determinato sistema comune.

Durante l'attività, agli studenti viene lasciata una certa libertà d'azione, quantunque debbano sempre motivare le scelte, relative al tono di voce, alla gestualità e alla postura del corpo. Fare, osservare e riflettere: sono le tre fasi della drammatizzazione che il metodo di Kostantin Stanislavskji ci ha suggerito. La lettura di varie parti tratte dal saggio del regista russo, Il lavoro dell'attore, è riuscita a creare un clima cooperativo, ma soprattutto ha dato modo ai ragazzi di confrontare le proprie opinioni. Certe frasi hanno avuto l'effetto di un reattivo e hanno sollecitato la discussione.

Prendete un fiore, una foglia o una ragnatela o i disegni del ghiaccio sul vetro. Sforzatevi di definire a parole che cos'è che vi piace. Ciò costringerà l'attenzione a penetrare più a fondo nell'oggetto, a valutarlo con più coscienza, a penetrarne la sostanza. (Da K.Stanislavskij, Il lavoro dell'attore, trad. E.Povoledo, Laterza, Bari, 1968)

E' sorto spontaneamente nel gruppo classe il desiderio di guardarsi dalla stereotipia e la volontà di operare invece scelte più personali, nei giudizi e nel modo di esprimere gli stessi. Per sviluppare un maggiore spirito di autosservazione, i ragazzi hanno annotato le reazioni soggettive relative alla messa in atto del verso assegnato. A proposito delle parole che concludono il sonetto dell'Alfieri, Sol nei deserti tacciono i miei guai, Lisa ha scritto, di getto, il breve commento sotto riportato.

Questo semplice verso conclusivo suscita in me molte emozioni. Infatti, mi permette di immedesimarmi completamente nella situazione del poeta che si sente tormentato e non riesce a dar pace alle sue pene, se non in un luogo deserto, dove, evidentemente, estraniato rispetto alla vita di tutti i giorni, Alfieri riesce a dimenticare i suoi affanni. Inoltre, da quest'ultimo verso si può comprendere il tema tormentato di tutta la composizione che si fonda essenzialmente sull'infelicità interiore e sul desiderio di liberarsi da una situazione ormai insopportabile. La recitazione mi fa sentire quasi parte integrante della poesia e mi "obbliga" ad usare un tono sommesso e senza pace, per esprimere al meglio il significato.

Il fatto di sperimentare che il testo è il medesimo, ma che il discorso poetico risulta soggettivo, perciò diverso per ogni lettore, determina un coinvolgimento maggiore da parte dei discenti. La loro interpretazione equivale al tentativo di situarsi in rapporto tra il detto e il non-detto dell'opera.

Giochi di parole e cose

L'incontro con il linguaggio poetico incide sicuramente sulla dimensione affettiva dell'esistenza: non importa solo ciò che si dice, ma anche come si dice qualcosa. A tal proposito M. Heidegger sottolinea: "... cadenza, modulazione, tempo del discorso sono le vie attraverso cui il parlare comune lascia vedere, dà a conoscere l'affettività, la particolare disposizione emotiva di chi parla"[1].

Proprio la capacità di riservare attenzione alla valenza affettiva delle cose ci sembra un importante traguardo educativo da raggiungere. Il lavoro in relazione al discorso poetico è stato affrontato dagli studenti, in molti casi, in un clima di entusiasmo, probabilmente perché si sviluppava secondo fasi assai diversificate tra loro: lo studio del testo, attraverso la drammatizzazione, alternato ai momenti dell'osservazione tecnica dedicata alle figure retoriche di suono o dell'ordine, alla ricerca di uno stretto passaggio che, superando il piano denotativo, potesse suggerire all'intuizione di accostarsi al significato profondo dei versi.

La fase della produzione scritta non è stata, per noi, meno importante, perché, a prescindere dai risultati, ha suggerito certe modalità elaborative che incentivano l'intelligenza creativa, quali, ad esempio, ricavare un senso dai segnali ambigui e contraddittori che una consegna può ispirare, oppure produrre un testo nuovo rielaborando un testo d'autore.

In alcuni casi si è trattato di giocare con le parole e sono nati gli anagrammi dei nomi personali e dei compagni nascosti in brevi componimenti come questo di Daniela Toninelli, E lontani anelli di:

E lontani anelli di fumo,
oltre la finestra chiusa,
salgono in cielo, liberi,
ma con la paura di morire
senza sapere quando.

Altre volte il testo prodotto da un gruppo descriveva un oggetto misterioso che i compagni avrebbero dovuto indovinare:

E' un piccolo allarme nuvoloso
che fa tornare il sereno.
Nonostante le sue dimensioni
la sua presenza risuona da lontano.
Con funzioni religiose e mistiche
apotropaico
per secoli.

Fondamentale, ancora una volta, la dizione a voce alta, che, nel caso del campanello sopra descritto, ha indotto l'allievo, rappresentante del gruppo, a sottolineare con ironia l'uso saccente della parola "apotropaico".

Dalla prosa al verso

Spesso è l'analisi stessa delle poesie degli autori a fornire gli spunti per la produzione creativa degli allievi. Nel caso della rielaborazione in versi di un testo in prosa, ha infatti giocato un ruolo determinante un percorso di analisi intertestuale che aveva, tra l'altro, l'obiettivo di esplorare l' iter creativo dell'artista a partire da una intuizione tematica.

Tale percorso analizza il sonetto di TOMMASO CAMPANELLA, Modo di filosofare, rintraccia il fondamento teorico del medesimo sonetto nell'opera dottrinale del filosofo, Del senso delle cose e della magia, accosta contrastivamente la composizione di CHARLES BAUDELAIRE, Corrispondenze, e opera un confronto intertestuale con un passo tratto dal saggio del poeta francese, Le arti figurative. Saggi di critica estetica.

Il motivo conduttore, che giustifica il confronto tra tutti questi testi, consiste nelle variazioni che Campanella e Baudelaire costruiscono sulla metafora della natura come libro di Dio, metafora già prescelta nel 1436, nel trattato del filosofo e medico catalano RAIMONDO DI SABUNDIA, Liber creaturarum.

Per facilitare il confronto, i testi sotto riportati accostano la produzione in prosa e in versi di entrambi gli autori, cominciando dal sonetto del Campanella.

Il mondo è il libro dove il Senno Eterno
scrisse i propri concetti, e vivo tempio
dove, pingendo i gesti e 'l proprio esempio,
di statue vive ornò l'imo e 'l superno;
perch'ogni spirto qui l'arte e 'l governo
leggere e contemplar, per non farsi empio,
debba, e dir possa : - Io l'universo adempio,
Dio contemplando a tutte cose interno.
Ma noi, strette alme a' libri e tempii morti,
copiati dal vivo con più errori,
gli anteponghiamo a magistero tale.
O pene, del fallir fatene accorti,
liti, ignoranze, fatiche e dolori:
deh, torniamo, per Dio, all' originale!

(Da T.Campanella, Opere letterarie, a cura di L.Bolzoni, Utet, Torino, 1977)


Il medesimo concetto è espresso dall'autore nel saggio in prosa, sotto riportato.


Il Mondo è statua, imagine, tempio vivo di Dio, dove ha dipinto li suoi gesti e scritto li suoi concetti, l'ornò di vive statue, semplici in cielo, e miste e fiacche in terra, ma da tutte a Lui si camina. Beato chi legge in questo libro e impara da lui quello che le cose sono.
(Da T.Campanella, Del senso delle cose e della magia, Laterza, Bari, 1952)


La persistenza tematica si ravvisa, come anticipato, nei versi del poeta francese.


È un tempio la Natura ove viventi
pilastri a volte confuse parole
mandano fuori; la attraversa l'uomo
tra foreste di simboli dagli occhi
familiari. I profumi e i colori
e i suoni si rispondono come echi
lunghi che di lontano si confondono
in unità profonda e tenebrosa
vasta come la notte ed il chiarore.
Esistono profumi freschi come
carni di bimbo, dolci come gli oboi,
e verdi come praterie; e degli altri
corrotti, ricchi e trionfanti,
che hanno l'espansione propria alle infinite cose,
come l'incenso, l'ambra, il muschio,
il benzoino, e cantano dei sensi
e dell'anima i lunghi rapimenti.
(Da C.Baudelaire, I fiori del male, trad. L. De Nardis, Feltrinelli, Milano, 1968)


Si confronti adesso l'esposizione in prosa della tematica, ad opera di Baudelaire.
Ignoro se qualche analogista abbia istituita su fondamenti saldi una gamma completa dei colori e dei sentimenti, ma ricordo un passo di Hoffmann [2] che esprime in modo perfetto la mia idea, e che piacerà a quanti amano sinceramente la natura: "Non solo sognando e nel lieve delirio che precede il sonno, ma anche sveglio, quando sento della musica, trovo un'analogia ed un'adesione intima fra i colori, i suoni ed i profumi. Mi sembra che tutte coteste cose siano state generate da uno stesso raggio di luce, e che debbano riunirsi in un meraviglioso concerto. L'odore delle calendule brune e rosse sopra tutto ha un effetto magico sulla mia persona. Mi fa cadere in un vaneggiamento profondo, e odo allora come in lontananza i suoni gravi e cupi dell'oboe".(Da C.Baudelaire, Le arti figurative. Saggi di critica estetica. Salone del 1846. III Del colore, trad. S. De Simone, Utet, Torino, 1961)


Il percorso di lettura dei testi, attraverso i livelli che ne costituiscono la struttura, rappresenta, in questo caso, una tappa obbligata preliminare a qualsiasi attività di drammatizzazione, in quanto la drammatizzazione stessa presuppone una interpretazione e perciò una acquisizione interiorizzata dell'opera da parte degli allievi.
Il prerequisito indispensabile per affrontare il lavoro richiede inoltre che i ragazzi siano già in possesso degli apparati tecnici d'analisi e siano perciò stati addestrati a riconoscere gli elementi intratestuali validi per l'analisi di una poesia anche di un autore non necessariamente studiato in precedenza.
L'importanza di esplorare il testo in più direzioni, cercando di percepire dal messaggio persino quanto non è esplicitamente detto, ma soltanto segnalato da indizi, orienterà a questo punto la ricerca di significato in ambito extratestuale, con il reperimento di altre informazioni (ad esempio, dati relativi alla biografia dell'autore o al contesto socio-culturale) utili alla comprensione del livello connotativo.
Il vantaggio di partire dall'analisi intratestuale, posticipando l'analisi extratestuale e non viceversa, consiste nel sollecitare le potenzialità critiche dello studente e nel porlo direttamente a contatto con il discorso poetico, senza il precondizionamento di preconcetti valutativi o di pregiudizi interpretativi formulati da qualcun altro, biografo o esperto di letteratura.
L'analisi intertestuale, tra diverse opere del medesimo o di altri autori, suggerisce inoltre numerose indicazioni relative ai precedenti di un componimento e spesso fornisce dei preziosi documenti riguardanti la genesi di un testo, aiutando a immaginare, in via ipotetica, l'iter creativo dell'artista, a partire dalla intuizione tematica fino alla vera e propria stesura in versi.
L'attività di analisi (cfr. appendice 2) sarà successivamente arricchita attraverso l'esperienza della drammatizzazione, rispetto alla quale ciascun ragazzo sarà libero di far dire al testo non solo ciò che il testo stesso esprime, ma anche quanto esso ha comunicato all'interprete. La dizione a voce alta potrà avere o non avere esiti brillanti, soddisfacenti o convincenti, comunque fornirà a tutti la possibilità di esplorare il centro della parola in rapporto al centro della voce personale, di avvertire l'importanza psicologica e non solo logica della pausa, di dar vita ad una situazione poetica "abitabile", perché liberata dalla bidimensionalità della carta stampata.
Peraltro è utile affiancare alla fase di drammatizzazione anche una esperienza di produzione creativa, invitando gli allievi ad elaborare un testo in prosa di un autore a loro scelta, in modo da ricavare un testo in versi. L'esperienza sarà inoltre corredata da un commento che segnalerà le ellissi, le figure dell'ordine o le altre figure retoriche impiegate da ogni studente.
A titolo di esempio, si riporta un passo estrapolato dal romanzo di MARIA CORTI, L'ora di tutti , e la rielaborazione di Francesca del passo medesimo.


L'indomani nella chiara e fresca mattina provai molto stupore riguardo all'incontro della sera; rivedendo lui che mi stringeva le mani nelle sue, ne dubitavo nella mia mente al punto che non mi pareva più che fosse un fatto vero. Passai la mattina a ricamare. Antonio era partito all'alba per la pesca e fino a notte non lo si sarebbe visto spuntare nella via. Al vespro mi sedetti a ricamare sui gradini di casa. Tutte le donne otrantine al vespro si mettevano davanti alla porta della loro casa e lì, sulla strada, cucivano, pulivano mazzi di cicoria, aggiustavano reti, chiacchierando da un lato all'altro della via in attesa che suonasse l'ora del rosario. Ogni donna nella nostra strada faceva le stesse cose e anche quando all'imbrunire tutte entravano in casa, quello che faceva una era uguale a quello che faceva l'altra, come un'onda è uguale a un'altra onda. (Da M. Corti, L'ora di tutti, Bompiani, Milano, 1989)

Con la sua riduzione "poetica" Francesca ha ottenuto questo risultato:


Molto stupore
nella chiara e fresca mattina.
Non pareva più
un fatto vero
l'incontro della sera:
mi stringeva le mani
nelle sue.
Partito all'alba per la pesca
fino a notte, Antonio.
Sui gradini di casa, io
al vespro:
tutte le donne di Otranto
sulla strada davanti alla porta,
mazzi di cicoria, reti, chiacchiere
in attesa del rosario.
I gesti di una donna
uguali a quelli di un'altra
come un'onda
a un'altra onda
uguale.


Analisi testuale, produzione creativa e drammatizzazione: si parte dal testo, si compie un percorso di lettura strutturato secondo norme precise, si fa nel contempo appello alle risorse della capacità interpretativa personale, eppure il risultato è un immancabile ritorno al punto di partenza. Lo strano anello della poesia riporta necessariamente alla poesia. E forse questa consapevolezza di una ricerca mai conclusa in ristretti confini è lo strumento più potente che possiamo indicare ai nostri giovani interpreti.


Appendice 1


Un confronto tra i sonetti di F.Petrarca, L.Tansillo e V.Alfieri
L'influenza che alcuni scrittori esercitano sulla formazione di altre personalità poetiche determina una sorta di apprendistato, quasi una tappa obbligata, almeno fino a quando non subentra il rifiuto dei modelli, offerti dai precursori, da parte dell'artista. Infatti, riassumendo le parole del critico Harold Bloom, si può affermare che i "poeti forti", cioè dotati di grande immaginazione, "si appropriamo dell'esistente" tuttavia "l'autoappropriazione comporta (...) enormi angosce di indebitamento, poiché quale autore forte vorrebbe riconoscere ch'egli non è riuscito a creare con le sue sole forze?" [3]
Mettendo a confronto i tre sonetti di F.Petrarca, Solo e pensoso i più deserti campi, L.Tansillo, Strane rupi, aspri monti, alte tremanti, e V.Alfieri, Tacito orror di solitaria selva, gli allievi potranno compiere una verifica relativa al fenomeno dell'influenza. Saranno inoltre invitati ad esprimere una opinione personale, quale momento conclusivo rispetto ad una analisi guidata sulla scorta di spunti d'indagine e domande semi-strutturate predisposte dal docente, per le quali si fornisce una traccia, a titolo indicativo.

  1. Stabilite un confronto tra i tre testi, analizzandoli in base ai seguenti livelli:
    metrico-ritmico (rilevate gli schemi metrici, le caratteristiche del ritmo, lento, incalzante, ecc.., e la presenza di enjambement);
    lessicale (riconoscete latinismi, parole auliche e parole chiave, stabilendo se alcuni termini sono ricorrenti);
    fonico (precisate se la selezione di suoni operata dagli autori è simile o se differisce in rapporto anche alle diverse coloriture emotive);
    retorico (individuate i principali artifici retorici adottati dagli autori. Nell'ultima terzina del sonetto di Petrarca quale figura dell'ordine è adottata? Quali caratteristiche sintattiche riscontrate nel testo di Tansillo? La "dolce tristezza" evocata dall'Alfieri a quale figura corrisponde?
  2. A questo punto enunciate il tema di partenza e spiegate le sue diverse risultanze poetiche, ricercando gli elementi che contraddistinguono la chiave espressiva individuale di ciascuna personalità artistica.
  3. Valendovi di apparati critici e biografici, esplorate i testi anche in rapporto al particolare contesto storico o situazionale che può aver inciso sulla diversa caratterizzazione del tema.
  4. Esprimete il vostro giudizio personale a proposito del fenomeno dell'influenza, valutando le considerazioni di H.Bloom e la seguente riflessione di T.S.Eliot: "(...) noi pretendiamo di rintracciare ciò che è più personale, la sostanza peculiare di quell'autore. Ci soffermiamo con soddisfazione sulle cose che lo differenziano dai predecessori, specialmente dai più immediati; ci sforziamo di trovare in lui qualcosa di isolabile, per poi compiacercene. Se invece noi ci accostassimo a un poeta senza alcun pregiudizio, spesso ci accorgeremmo che le parti non solo migliori, ma anche più personali della sua opera sono forse quelle in cui i poeti scomparsi, i suoi antenati, dimostrano con maggior vigore la loro immortale vitalità." [4]

Appendice 2

Un confronto fra i testi di T.Campanella e C.Baudelaire
L'analisi intertestuale suggerisce numerose indicazioni relative ai precedenti di un componimento e spesso fornisce preziosi documenti riguardanti la genesi del testo, offrendo indizi per ipotizzare un possibile iter creativo dell'artista, a partire dalla intuizione tematica fino a giungere alla vera e propria stesura in versi. Il discorso poetico è infatti preceduto, nel caso di molti scrittori, da una elaborazione di spunti formulati in una prosa che già prelude all'effetto lirico. La la prosa del Campanella è caratterizzata da una disposizione paratattica di termini; a livello sintattico, i due periodi segnano una separazione tra il Mondo "oggetto" e l'uomo "soggetto" che virtualmente ha la possibilità di apprendere dal Mondo stesso. Nella rielaborazione poetica, prevale l'andamento ipotattico che serve a sottolineare l'interconnessione tra gli aspetti del Mondo e Dio e la relazione che, a sua volta, l' uomo deve stabilire con le manifestazioni del Creatore.
Inoltre per la piena identificazione del tema di fondo espresso nei testi di Campanella e di Baudelaire, occorrerà orientare l'analisi e la ricerca degli allievi anche in senso extratestuale. Nel caso del Campanella, l' informazione biografica relativa alla redazione del sonetto durante la carcerazione dello scrittore, tra il 1602 e il 1603, rende infatti più esplicito il messaggio trasmesso: egli vuole salvaguardare le autonome capacità conoscitive dell'uomo e con esse il suo libero arbitrio, esortando l'uomo stesso a sottrarsi al controllo della ideologia dominante, della quale viene persino messa in dubbio l'infallibilità.
Per orientare una prima analisi, si richiederà agli studenti di sviluppare alcune proposte d'indagine guidata, come quelle esemplificate nella traccia sotto riportata.
Stabilite un confronto tra i testi di T.Campanella e C.Baudelaire sulla scorta delle seguenti proposte d'analisi.
Rilevate le metafore presenti nei testi in prosa di Campanella e di Baudelaire e nelle poesie: esistono analogie? Quali sono le principali differenze?
Nel sonetto di Campanella, il riconoscimento del tema di fondo è agevolato dalla ricorrenza delle parole-chiave (mondo/universo, libro/libri, Senno Eterno/Dio, tempio/tempii): rintracciate le parole-chiave della poesia di Baudelaire e individuate gli elementi di differenziazione.
Stabilite la funzione dei titoli Modo di filosofare e Corrispondenze in relazione ai componimenti: ribadiscono informazioni presenti nei testi, sono accessorie oppure forniscono un'ulteriore strumento d'interpretazione testuale?
In quale testo la funzione persuasiva è maggiormente evidenziata? Rintracciate alcuni indicatori testuali che sottolineano tale funzione.
Baudelaire rivendica alla poesia una prioritaria funzione connotativa: non è sufficiente che il poeta descriva la realtà, deve anche fornire una chiave per interpretarla. Individuate la figura retorica della quale l'artista francese si vale quale strumento-tecnico-espressivo, per comunicare le corrispondenze, ossia la sua decifrazione dei segnali della natura e spiegate la genesi della sua tecnica artistica, valendovi anche del saggio in prosa.
Dopo aver ricercato informazioni biografiche riguardanti entrambi gli autori spiegate per quale ragione, secondo voi, entrambi i testi, nonostante l'allusione a tematiche mistiche, furono ritenuti ideologicamente pericolosi dalla cultura ufficiale.


Note
1. Per la traduzione dal tedesco del passo di M. Heidegger, si fa riferimento al saggio di GIANNI VATTIMO, Poesia e ontologia, Mursia, Milano, 1985.
2. Il passo citato da C.Baudelaire è tratto dall'opera del musicista e novelliere tedesco E.T.A.Hoffmann, Kreisleriana.
3. Da HAROLD BLOOM, L'angoscia dell'influenza. Una teoria della poesia, trad. M. Diacono, Feltrinelli, Milano, 1983.
4. Da THOMAS STEARNS ELIOT, Il bosco sacro. Saggi sulla poesia e la critica, trad. L. Anceschi, Mursia, Milano, 1971.

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