iBook: consumer portable?

di
Matteo Fulgheri

 

Il celeberrimo reality distortion field di Steve Jobs è entrato in azione ancora una volta. A New York, al Javitz Center, durante il keynote speech del MacWorld Expo.
Lo si è potuto avvertire lungo tutto il discorso (ma non sarebbe meglio chiamarlo show?) durante il quale l’iCEO di Apple ha presentato il tanto atteso consumer portable, conosciuto anche come P1. Il suo nome ufficiale è iBook. La sua definizione ufficiale è iMac to go.
Come nel caso dell’iMac, anche per la presentazione dell’iBook gli sciacalli elettronici che predano vittime incaute negli angoli più in vista e rinomati della Rete si sono scatenati. In un senso o nell’altro. Per loro è indifferente: basta fare comunque tanto rumore.
Vediamo invece che possiamo dire di meglio mettendo in funzione il nostro cervello…

i numeri
Cominciamo dai numeri: PowerPC 750 a 300 MHz (in realtà si tratta dello stesso processore in rame che si trova negli iMac a 333 MHz), bus di sistema a 66 MHz, 32 MB di RAM saldati in piastra madre (con uno slot SO-DIMM libero che porta l’espandibilità massima a 160 MB), hard disk IDE ATA/33 da 3.2 GB, lettore CD-ROM ATAPI 24x max, chipset video ATI RAGE Mobility (con 4 MB di memoria video SDRAM su bus AGP a 133 MHz), schermo piatto a cristalli liquidi ed a matrice attiva da 12.1 pollici (supporta le risoluzioni di 640 x 480 ed 800 x 600), modem V.90 integrato, Ethernet 10/100 Mbps, porta USB ed un’uscita audio stereo.
Non male. Il prezzo? Esattamente $ 1,599, pari a circa € 1,559, tasse escluse. Forse un po’ troppo? A mio parere si. Ma scendiamo nei dettagli.

dai numeri ai fatti
Innanzi tutto il processore è apparentemente lo stesso che si trova nei nuovi iMac, con la velocità ridotta a 300 MHz: le ragioni possono essere molteplici. Per Apple è probabilmente più conveniente usare lo stesso processore degli iMac e dei Lombard entry-level anziché utilizzare ancora gli ormai vecchi e difficili da reperire processori a 300 MHz in alluminio. In secondo luogo, a 333 MHz l’iBook si troverebbe a competere col suo fratello maggiore, ovvero il PowerBook G3 Lombard a 333 MHz, cosa che Apple è sicuramente e giustamente intenzionata ad evitare.
In terzo luogo c’è anche da considerare che le emissioni di calore di un PowerPC 750 a 333 MHz, per quanto basse, sono sicuramente maggiori di quelle dello stesso processore a 300 MHz. Ma questo non credo sia un problema. Più probabilmente è logico aspettarsi, per i prossimi mesi un cambiamento di questo genere: iBook a 333 MHz, PowerBook a 350 e 450 MHz; in questo modo Apple potrebbe aumentare il clock dell’iBook senza ingenti spese, ed eviterebbe agevolmente di far competere due propri prodotti.
32 MB di RAM come dotazione standard sono piuttosto pochi, e se è vero che anche l’iMac viene fornito con lo stesso ammontare di memoria, è altrettanto vero che può contare su due slot di espansione per SO-DIMM, al contrario dell’iBook che ne ha solo uno. È necessario per tutti, e non solo i power users, un upgrade della RAM, almeno fino a 64 MB per poter avere una certa libertà d’azione senza eccessivi cali di prestazioni dovuti all’ancora scadente memoria virtuale del Mac OS. Certo che nel prezzo dell’iBook potevano starci 64 MB saldati in piastra madre anziché quei miseri 32…
Veniamo ora allo storage. Il disco da 3.2 GB potrebbe forse sembrare ad alcuni di dimensioni un po’ ridotte, ma comunque accettabili: un hard disk più capace avrebbe indubbiamente fatto lievitare il prezzo già abbastanza alto dell’iBook. Il lettore CD-ROM 24x max non è certo una primizia tecnologica, soprattutto in termini di prestazioni. Ormai è anche abbastanza difficile trovare un obsoleto lettore CD-ROM 24x max… Molti a questo punto si chiederanno: e perché non un lettore DVD? Be’, se ve lo siete chiesto sappiate che non siete gli unici… Forse perché il lettore DVD avrebbe fatto lievitare troppo i costi? Può essere, ma è vero che le differenze di prezzo tra CD-ROM e DVD-ROM si vanno assottigliando sempre di più.
Allora forse può essere che il chipset RAGE Mobility non è abbastanza potente per offrire la decompressione in real time di un filmato MPEG-2, potenza necessaria per il playback di qualsiasi DVD video? Ebbene, pur essendo il RAGE Mobility più simile al vecchio RAGE Pro che al nuovo RAGE 128 (Mobility e Pro sono anche pin compatibili), c’è da dire che esso vanta un decoder MPEG-2 interno, e nel caso specifico dell’iBook il chipset video si può avvantaggiare del velocissimo bus AGP 2x.
Be’, per lo meno sarà possibile sostituire il lettore CD con un lettore DVD, un po’ come accade per i PowerBook, no? Ebbene, no. Il lettore CD è fisso all’interno dell’iBook, ed una sua rimozione è cosa tutt’altro che semplice ed immediata. Per ora, e per lo meno da parte di Apple, l’iBook resta confinato ai CD-ROM.
Il chipset ATI RAGE Mobility, come ho detto, offre (o offrirebbe) prestazioni di tutto rispetto; ad alcuni 4 MB di SDRAM potrebbero forse sembrare pochi, ma bisogna considerare che il bus AGP consente alla scheda video di accedere anche alla memoria principale del computer, in caso di necessità.
Inoltre il display LCD ha la sua risoluzione massima a 800 x 600 e pertanto non necessita di troppa memoria video. Da notare che all’iBook manca l’uscita video (quella che permette di collegare il portatile ad un monitor esterno, per intenderci), e quindi la risoluzione di 800 x 600 imposta dallo schermo 12.1 pollici è la più alta che il RAGE Mobility si troverà mai a dover supportare; cosa che può fare benissimo con 4 MB di SDRAM. Nulla da rimproverare quindi (anzi!) per la parte grafica.
Un po’ carente la dotazione audio di serie: nell’iBook trova posto un solo speaker, che limita l’esperienza audio alla qualità mono. Il jack audio in uscita garantisce comunque un playback stereo, a patto che all’iBook siano collegate due casse esterne.
A differenza dell’iMac, fratello da scrivania dell’iBook, quest’ultimo manca di microfono incorporato e, sorpresa!, manca anche di jack audio in entrata: ciò significa che l’unica possibilità di input sonoro per l’iBook è costituita da uno dei nuovi microfoni dotati di interfaccia USB.
Questa particolare carenza dell’iBook renderà inutilizzabile, slavo spese aggiuntive per un microfono esterno, il riconoscimento vocale della username e della password nella configurazione multi-utente del prossimo Mac OS 9. Una stupefacente mancanza di coerenza e di sinergia tra hardware e software…
Il modem V.90 e l’Ethernet 10/100 Mbps integrati fanno da felice complemento all’iBook, fornendogli tutto ciò (o quasi) che serve per collegarsi ad un altro computer piuttosto che alla Rete.

connettività zoppicante
Voci non confermate sostengono che il protocollo AppleTalk non sarà supportato né via Ethernet né via AirPort (vedi più avanti), in favore del TCP/IP. Ciò comporterebbe alcuni problemi per l’utenza, in particolar modo quella consumer: non supportando il protocollo AppleTalk, l’iBook di riflesso non supporta la stragrande maggioranza delle stampanti attualmente esistenti. A ciò va aggiunto il fatto che, almeno per ora ed almeno sul Mac OS, l’utilizzo del TCP/IP per la stampa offre molte funzionalità in meno rispetto all’AppleTalk tradizionale.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che per collegare in rete un iBook ad un qualsiasi altro computer, o ad una qualsiasi altra rete di computer, sarà ora necessario utilizzare AppleShare IP, costoso e complicato pacchetto Apple che permette di sfruttare il caro vecchio file sharing via TCP/IP. Se in passato era una passeggiata collegare due Mac per scmabiarsi files, giocare assieme ad Unreal o aggiornarsi a vicenda, in futuro pare le cose saranno ben più complesse.
Altro grosso problema è rappresentato dall’assenza di slot PC-Card: questo mini slot d’espansione, tipico di quasi tutti i portatili, viene generalmente usato per ricavare una porta modem o una Ethernet. E fin qui ci siamo, visto che iBook ha già entrambe le cose in dotazione standard. Ma chi viaggia molto, spesso usa lo slot PC-Card per collegare il portatile al telefonino, e quindi connettersi ad internet da ogni parte del mondo. Questo vuol dire che l’iBook è completamente tagliato fuori da questo tipo di utilizzo? Si e no: dipende dal telefonino. Alcuni modelli sono dotati di serie di modem interno, e vengono in genere collegati al portatile tramite cavo seriale: nel caso dell’iBook si dovrà utilizzare un adattatore seriale-USB, e sperare che tutto funzioni a dovere (cosa non scontata quando si parla di adattatori del genere).
Se invece il vostro telefonino ha già un paio d’anni, o se era un modello piuttosto economico, è molto probabile che fornisca un modem PC-Card come eventuale optional. In tal caso, ovviamente, non potete collegarlo all’iBook.
Un portatile dev’essere, per definizione, una macchina utilizzabile appieno in luoghi diversi. L’iBook dimostra, sotto quest’aspetto, di essere stato ideato da gente che forse un portatile non lo ha mai nemmeno usato, e sicuramente mai sfruttato appieno: più un bel giocattolo, che un vero computer portatile.
Ma quindi, che razza di portatile è l’iBook? Consumer si, ma neanche troppo, visto il prezzo. E portatile si, ma neanche troppo, viste le limitazioni!
Ma il nostro Jobs ha pensato bene di compensare queste gravi manchevolezze con AirPort. Sarebbe a dire?

AirPort: la farsa
AirPort è il nome che Apple ha dato ad uno standard altrimenti noto come Wireless Ethernet, o IEE 802.11 DSSS. Questo standard consente di collegare, previa l’aggiunta di una micro-scheda simile ad una PC-Card ma non compatibile con questo standard (non era finita l’Era degli “standard” proprietari?), tra loro due iBook equipaggiati di AirPort Card ad una velocità di 11 Mbps (meno dell’USB, notoriamente protocollo lento che trasmette dati a 12 Mbps).
La cosa più interessante (solo per le scuole americane però, a meno che non vogliate tenervi a casa o in ufficio una manciata di iBook per puro sfizio) è che un dispositivo chiamato AirPort Base Station, agendo come un router senza fili, consente il collegamento in rete di un massimo 50 iBook, e visto che la Base Station è fornita di porta modem, consente a questi teorici 50 iBook di utilizzare lo stesso accesso a internet (non voglio però nemmeno immaginare la lentezza di una connessione V.90 suddivisa equamente tra 50 computers!!!).
Come dicevo, tecnologia interessante, ma di utilità pratica limitata alle scuole private americane, tanto più che pare che in molti Paesi d’Europa, tra cui l’Italia, lo standard AirPort non riceverà l’omologazione da parte degli Enti locali.
Da dimenticare anche una soluzione simile a quella Fido offerta nelle maggiori città italiane da Telecom Italia, visto che il protocollo di AirPort non supporta il roaming (al contrario dei telefoni Fido e dei telefoni cellulari) tra diverse AirPort Base Stations.
Il resto dei dettagli è lo stesso che vi aspettereste di trovare in qualsiasi altro portatile: touchpad per il controllo del puntatore, tastiera full size con tanto di tasti funzione (F1, F2 e compagnia, per intenderci) programmabili.

il mandarino marcio
Il lato sicuramente migliore dell’iBook è comunque quello estetico: il design è davvero straordinario, esattamente come doveva essere. Unica perplessità: l’iBook viene offerto in due colori, Blueberry (il colore più venduto tra gli iMac) e Tangerine (quell’orrendo color mandarino, un po’ arancione ed un po’ giallino, che è il colore meno venduto tra gli iMac). Che senso ha questa scelta? O vengono offerti tutti e cinque i colori (come nel caso dell’iMac) o viene offerto soltanto il blu (come nel caso dei Power Macintosh G3).
Mi torna in mente il commento anonimo di un dipendente Apple, che sosteneva che gli iCatch in Apple spopolano, come rimedio a quello stupido mouse tondo che piace solo a Jobs. Be’, sembra proprio che mister Jobs abbia una passione sfrenata per ciò che piace a lui soltanto, che si tratti di mouse tondi o di colori che danno l’acidità di stomaco.
Ma sotto questo aspetto, sarà il mercato stesso a definire le differenze di vendita tra i due colori; certo, è probabile che i rivenditori si troveranno con delle eccedenze difficili da smaltire, ma Apple ha sempre dimostrato di non interessarsi troppo dei problemi e delle contraddizioni della sua rete di vendita…

tirando le somme
In conclusione: per le caratteristiche che offre, l’iBook è un poco-portatile (dimenticavo: pesa 3 chili!) molto-consumer. Design a parte, offre sostanzialmente poco, anche e soprattutto considerando un target che, come quello consumer, non vuole e non può spendere un soldo in più in aggiunta a quelli sborsati, in prima istanza, per l’acquisto del computer.
D’altra parte, l’iBook vanta (o meglio: deve vergognarsi) di un prezzo tutt’altro che consumer oriented: € 1,559 non sono pochi, specie per una macchina che sembrava aver promesso così tanto ma che, in ultima analisi, ha mantenuto così poco.
Certo, se di soldi da spendere ne avete in abbondanza l’iBook è decisamente un bel giocattolo; ma chi ha soldi in abbondanza da spendere non fa propriamente parte della fascia consumer.

 

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