L'Attacco a Pearl Harbor

"Tora! Tora! Tora!"

La prima pagina del "The Seattle Daily Times" dell' 8 dicembre 1941 che annuncia l'entrata in guerra degli USA

La rotta diversiva eseguita dalla flotta di Nagumo per attaccare di sorpresa la base statunitense

  • 1. La flotta di Nagumo salpò il 26 novembre per le Hawaii, seguendo un'ampia rotta diversiva. Alle ore 6:00 del 7 dicembre, 220 miglia a nord di Pearl Harbor, la prima ondata di bombardieri decollò dalle portaerei giapponesi. Sulla via del ritorno verso il Giappone, parte della flotta deviò per attaccare Wake Island.

  • 2. L'attacco di Pearl Harbor trovò nel porto 8 corazzate americane e molte altre navi più piccole. 

La formazione delle navi all'ancora nel porto di Pearl Harbour al momento dell'attacco

Il plastico in scala utilizzato dai giapponesi per pianificare l'attacco

Veduta aerea di Pearl Harbor poco prima dell'attacco

La corazzata West Virginia colpita mentre era ormeggiata nella "Battleship Row"

Un B5N2 Kate in procinto di attaccare l'aereoporto di Hickam

La Maryland in fiamme al suo fianco lo scafo rovesciato della corazzata Oklahoma

I resti della Flotta del Pacifico, notare la "Nevada" arenata mentre tentava la fuga

L'ammiraglio Kimmel, comandante in capo della Flotta del Pacifico, rimosso dal comando dopo l'attacco di Pearl Harbor

Il 7 dicembre 1941 il Giappone sferra un attacco di sorpresa contro gli USA: inizia la seconda guerra mondiale nel pacifico

L'attacco giapponese alla base navale USA di Pearl Harbor è passato alla storia come una delle incursioni di sorpresa meglio riuscite di tutti i tempi ma, nonostante sia stato per gli americani un colpo terribile, esso fallì il suo obbiettivo perché le portaerei statunitensi della Flotta del Pacifico non si trovavano in porto in quel momento.

Le motivazioni del blitz di Pearl Harbor sono da ricercarsi nelle mire espansionistiche del Giappone sull'intero Estremo Oriente. Sin dal 1937 esso si trovava in guerra con la Cina, ove il suo esercito aveva occupato diversi territori. Tuttavia, all'egemonia del Giappone in Asia orientale si opponevano non soltanto l'Olanda e la Gran Bretagna, ovvero le potenze europee i cui domini si estendevano in quella regione, ma anche gli Stati Uniti. Il punto particolarmente debole del Giappone era costituito dalla scarsità di materie prime, e ad aggravare la situazione, dall'estate del 1941 si aggiunse l'embargo sulle sue importazioni di petrolio. Poiché questo embargo avrebbe effettivamente messo in ginocchio la macchina bellica entro un anno, l'Alto Comando, considerando la guerra ormai inevitabile, decise di organizzare un attacco preventivo.

Era ovvio che i Giapponesi avrebbero tentato di impadronirsi dei possedimenti britannici e olandesi nell'Asia sudorientale, in quanto ricchi di materie prime e scarsamente difesi, e l'alto Comando statunitense prevedeva un attacco nipponico in quei territori. Tuttavia, benché il loro obiettivo strategico fosse il possesso del Sud-Est asiatico, i Giapponesi si resero conto che, per assicurarsi una qualsiasi conquista, avrebbero dovuto innanzi tutto distruggere quello che sarebbe potuto diventare il loro principale avversario e cioè la flotta statunitense del Pacifico, dislocata nel suo più importante ancoraggio dell'isola di Oahu, nelle Hawaii. A seguito di un attacco diretto, gli Americani sarebbero entrati sicuramente in guerra, mentre esisteva la possibilità che essi rimanessero neutrali se il Giappone avesse colpito i Britannici o gli Olandesi. Il comandante in capo delle forze navali giapponesi, Isoruku Yamamoto, era fermamente convinto che sarebbe stato un suicidio provocare gli Stati Uniti, ma, quando gli fu ordinato di predisporre un piano di attacco, lo fece con la perizia di un grande stratega. Egli così espresse la propria opinione, in una lettera inviata a un amico quando la sua flotta si mosse per attaccare Pearl Harbor: "In che strana situazione mi vengo trovare ora, dovendo prendere una decisione diametralmente opposta al mio personale convincimento e non a nessun'altra alternativa se non quella di mettere il massimo impegno nel tenergli fede". Yamamoto si avvalse della sua padronanza dei dettagli attinenti alla guerra navale per studiare il modo di attaccare di sorpresa una forza nemica superiore alla propria. Egli era, inoltre del parere che le portaerei non dovevano essere considerate semplicemente come unità di scorta per le navi da guerra, ma che potevano costituire il nerbo della flotta e Pearl Harbor dimostrò in che modo queste navi potevano essere utilizzate dalla Marina come valida forza d'urto strategica.

La Marina giapponese aveva manifestato molto interesse per le portaerei sin dal 1922, quando i trattati navali di Washington avevano limitato il numero di navi da guerra che il Giappone avrebbe potuto costruire, e infatti la prima portaerei, la Hosho, venne completata nel 1922. Inizialmente i Giapponesi presero a modello le costruzioni britanniche ma, alla fine degli anni Trenta, elaborarono essi stessi validi progetti e, benché le portaerei nipponiche fossero generalmente più piccole delle statunitensi Lexington, Saratoga ed Enterprise, esse erano considerevolmente superiori per altri due aspetti. Possedevano, infatti, il migliore aereo da combattimento impiegabile sulle portaerei, l'A6M2 Zero, e gli equipaggi della loro aviazione avevano avuto un'eccellente opportunità di addestramento durante la guerra in Cina.

La pianificazione per l'attacco di Pearl Harbor fu meticolosa. Vennero costruiti plastici in scala della base in cui risultavano evidenti la linea d'ormeggio delle corazzate e tutti i punti strategici e furono eseguite prove di addestramento sulle tecniche d'impiego delle anni, dalle corse dei siluri al lancio di bombe in picchiata, avendo particolare riguardo ai problemi specifici inerenti all'attacco all'interno di un porto, dove la profondità dell'acqua è molto scarsa. Le armi furono adattate alla bisogna, in modo particolare le bombe e i siluri. Al siluro standard tipo 91 fu applicata una coda aerea in maniera che, dopo l'impatto sull'acqua, si "insaccasse" poco per non infilarsi nella melma del fondo inoltre il suo congegno d'armamento a elica fu regolato per una e breve del normale. Poiché era previsto che non tutti gli aerosiluranti venissero impiegati nel loro compito specifico alcuni furono dotati di bombe da sganciare in picchiata, adattando granate da 355 mm a cui applicate pinne stabilizzatrici.

La flotta destinata ad attaccare Pearl Harbor fu radunata in tutta segretezza: le unità prescelte uscirono furtivamente e separatamente dalle loro basi nelle acque interne del Giappone e si riunirono nella baia di Tankan nelle isole Curili. La forza, nota come la Prima Flotta Aerea, era comandata dall'ammiraglio Chuichi Nagumo, che disponeva di 6 portaerei assegnate organicamente a 3 divisioni: la prima (Akagi e Kaga), la seconda (Hiryu e Soryu) e la quinta (Zuikaku e Shokaku).

Il 26 novembre 1941 queste unità, insieme alle loro scorte, lasciarono la baia di Tankan e seguirono una lunga rotta elusiva attraverso il Pacifico settentrionale, era poco probabile l'incontro con naviglio mercantile. La sera del 6 dicembre la Prima Flotta Aerea era in posizione a circa 450 miglia a nord di Pearl Harbor. Nagumo radunò in coperta tutto l'equipaggio della sua nave, la portaerei Akagi, e con una solenne cerimonia issò sul pennone la famosa lettera "Z", la bandiera che Togo aveva inalberato nella battaglia di Tsushima del 1905.

Nove Corazzate all’Ancora

Dopo questa cerimonia, le navi di Nagumo si affrettarono a fare rotta sud per un punto a 220 miglia dall’obbiettivo. Gli equipaggi degli aerei si prepararono per la missione: a tutti era stata consegnata una planimetria del porto, aggiornata in base ai più recenti rapporti dei servizi informazioni circa la posizione delle navi da guerra americane. Un agente segreto aveva riferito che a Oahu erano presenti 9 corazzate e altre 30 navi all'ancora, ma che le portaerei non si trovavano nella base.

Alle 6.00 del 7 dicembre, le portaerei di Nagumo misero la prua al vento per far decollare i primi 183 aerei, al comando del capitano di fregata Mitsuo Fuchida che volava su un aerosilurante B5N2 Kate. Questo primo gruppo era composto da 89 Kate (49 dei quali armati con bombe in grado di perforare le corazzature), 51 aerei da bombardamento in picchiata D3A1 e 43 A6M2 Zero. Non appena fu dato il via alla prima ondata, i marinai cominciarono a preparare la seconda, composta da 54 Kate, 78 Val e 35 Zero, che decollò appena un'ora dopo al comando del capitano di corvetta Shigekazu Shimazaki. Mentre il secondo stormo si stava preparando, il primo puntava di Oahu, usando le stazioni radar commerciali come punti di riferimento per controllare l'esattezza della rotta. Gli Americani non nutrivano, ancora alcun sospetto; una delle stazioni radar militari localizzò l'enorme formazione aerea giapponese, ma pensò che si trattasse di una squadriglia di Fortezze Volanti B-17 di cui era previsto l'arrivo direttamente dalla madrepatria.

Dall'aereo di testa della formazione giapponese, Fuchida sparò un unico razzo illuminante alle ore 7.40, per segnalare che gli Americani non prevedevano l’attacco e che questo, quindi, doveva essere effettuato in due riprese; non avendo ottenuto alcuna risposta al segnale fu indotto a credere che i piloti non lo avessero visto e, così ne sparò un altro. Due razzi illuminanti erano il segnale per un attacco simultaneo da concentrare sulla difesa aerea e questo fu ciò che in realtà avvenne. I Val attaccarono i campi di aviazione a Ford Island, Hickam Field e Wheeler Field, mentre i Kate si concentrarono sulle navi da guerra e gli 'Zero mitragliarono, a bassa quota obiettivi militari all’interno. Fuchida lanciò, via radio, il famoso messaggio "Tora! Tora! Tora!" a Nagumo per annunciare che l'effetto sorpresa era stato raggiunto e che l’attacco stava proseguendo. A causa di particolari condizioni atmosferiche, il messaggio venne intercettato anche dalla nave ammiraglia di Yamamoto, che si trovava al largo delle coste del Giappone.

I Kate trovarono 7 corazzate ormeggiate di fianco a Ford Island, nella "battleship row", la fila d'ormeggio delle navi da battaglia, e una in bacino (la nona unità di cui l'agente segreto aveva dato notizia era la vecchia corazzata Utah, ora nave bersaglio. Due corazzate sfuggirono ai siluri (perché ormeggiate tra la terra e altre navi), ma furono colpite da bombe anche se non maniera non irreparabile; le altre 5 furono raggiunte da numerosi siluri e bombe; la Nevada riuscì a muovere, ma si arenò nel canale d'entrata. Anche la nave in bacino, la Pennsylvania, fu gravemente danneggiata da bombe.

Aerei Distrutti

I Giapponesi provocarono distruzioni altrettanto gravi sui campi di aviazione americani, sui quali gli aerei erano allineati, ala contro ala, quasi a toccarsi. Per esempio, dei 29 idrovolanti che si trovavano a Ford Island, dopo il primo minuto di attacco, ne rimase pressoché indenne soltanto uno, mentre tutti gli altri furono messi fuori uso. Dei 394 aerei dislocati a Oahu, 188 vennero distrutti e 159 danneggiati. Sette caccia americani si levarono in volo e un Curtiss P-40 abbatté un Val, ma si trattò di uno sporadico atto di reazione.

Mentre gli aerosiluranti e i bombardieri in picchiata della prima ondata facevano ritorno sulla loro portaerei, gli Zero continuavano a cercare bersagli, con passaggi e mitragliamenti a bassa quota. La seconda ondata arrivò sopra Oahu alle 8.50 circa, ma poiché i suoi piloti erano meno addestrati dei precedenti e i Val non portavano bombe perforanti, il danno che essa procurò alle navi statunitensi fu relativamente modesto. Tuttavia, con una serie di attacchi, costrinse la Nevada ad autoarenarsi; ma ormai i difensori si erano riavuti dallo shock iniziale e la difesa americana cominciava a funzionare meglio, tanto che alcuni aerei furono abbattuti.

Gli ultimi aerei giapponesi, gli Zero, lasciarono Oahu alle ore 10.00. In poco più di 2 ore avevano praticamente annullato la capacità offensiva della Flotta del Pacifico, dando il via alla seconda guerra mondiale in quell'Oceano. Degli aerei di Nagumo, 29 non fecero rientro alla base, ma 2 corazzate americane erano state affondate così come la nave bersaglio Utah, altre 6, insieme a molte unità più piccole, seriamente danneggiate e oltre 180 aerei erano stati distrutti. Ma che cosa era avvenuto delle portaerei americane? I responsabili della componente aerea della flotta fecero pressione su Nagumo affinché ricercasse le 2 unità statunitensi, ma egli oppose un netto rifiuto, ritenendo che i risultati conseguiti fossero più che sufficienti; una decisione che per la Marina giapponese avrebbe comportato, in futuro, la sconfitta del Giappone alle Midway.

Resoconto Finale della Battaglia

  • Navi: 6 Portaerei (Hiryu, Kaga, Soryu, Shokaku, Zuikaku), 2 Corazzate, 2 Incrociatori Pesanti, 1 Incrociatore Leggero, 9 Cacciatorpediniere, 3 Sommergibili, 8 Petroliere.

  • Aerei: 78 Mitsubishi A6M2, 123 Aichi D3A1, 143 Nakajima B5N2

  • Perdite: 9 A6M2, 15 D3A1, 5 B5N2 + 1 sommergibile (I-70)  e 5 Sommergibili tascabili.

  • Navi: 94 Navi da Guerra erano all'ancora a Pearl Harbor quando ebbe inizio l'attacco giapponese.18 Distrutte o gravemente danneggiate.

  • Distrutte: 2 Corazzate (Oklahoma, Arizona), 1 Nave Bersaglio (Utah), 2 Cacciatorpediniere (Cassin, Downess)

  • Danneggiate: 6 Corazzate (Pennsylvania, Nevada, Tennessee, Maryland, California, West Virginia), 3 Incrociatori leggeri (St Louis, Helena,Raleigh), 1 Cacciatorpediniere (Shaw), 4 unità ausiliarie (Vestal, Oglala, Detroit)

  • Aerei: C'erano 394 Aerei USA al momento dell'attacco giapponese: 188 distrutti e 159 danneggiati.