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Le avventure di Valentina

(dedicato a un’amica)

di Laura Mensi

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[Cap 1-3] [Cap 4-6] [Cap 7-9]


1 - NEL QUADRO


Valentina era in gita con la scuola, ma si stava annoiando; quando l’insegnante aveva annunciato che avrebbero visitato un museo, le sue amiche erano scomparse e lei era rimasta sola. Quel vecchio e tetro edificio non era il posto migliore dove passare qualche ora, soprattutto in una uggiosa giornata di pioggia, ma non aveva niente di meglio da fare. Si rassegnò a trascorrere un pomeriggio noiosissimo con la professoressa, che l’avrebbe trascinata in lungo e in largo per tutte le sale, perché a lei piaceva da morire l’arte, soprattutto quella vecchia. E di cose vecchie là dentro ce n’erano davvero troppe; anche il custode che le fece entrare somigliava ad una vecchia mummia incartapecorita. In capo a mezz’ora, Valentina non ce la faceva più; rallentò il passo e rimase facilmente indietro senza che la sua esaltata guida se ne accorgesse. Così le fu facile notare una stretta scala a chiocciola che saliva verso l’alto; era un richiamo irresistibile per la curiosa ragazzina.

Appena mise piede sull’ultimo gradino, Valentina vide che anche il piano superiore era colonizzato da polvere ed oscurità, e stava per voltarsi delusa quando un bagliore improvviso catturò la sua attenzione. Valentina avanzò nella sala alla ricerca di quella fonte di luce ma non trovò niente, ma quando ormai pensava di essersi sbagliata, lo vide. Era un quadro, né troppo grande né troppo piccolo, che si sarebbe confuso con quelli vicini, ma non per il soggetto. Davanti a lei, rappresentata con tale vivacità da sembrare viva, c’era una fanciulla bella come ci si immagina una principessa, bionda, con labbra di rosa, e sognanti occhi azzurri; era ferma sotto un pergolato fiorito, in evidente attesa di qualcuno che amava. Ancor più del meraviglioso dipinto, era la luminescenza che emanava dalla tela a stupire Valentina; era come se la bianca luce lunare che risplendeva sul paesaggio con la fanciulla riuscisse ad oltrepassare i limiti della tela per provare a dissipare l’oscurità della sala.

Valentina allungò la mano per toccare il dipinto ma la sua mano sembrò attraversarlo e lei venne trascinata all’interno. Fu questione solo di pochi secondi, e la ragazzina si ritrovò a fissare sbalordita la stanza in cui si trovava poco prima come attraverso un vetro un po’ appannato. Era imprigionata nel quadro oppure poteva tornare nel mondo reale? A dire il vero, non le dispiaceva affatto quell’avventura, così decise di esplorare i dintorni. Ma non aveva fatto più di un passo che tutto ciò che la circondava - il pergolato, il giardino, fino alla linea dell’orizzonte - scomparve, e lei si ritrovò a cadere nel vuoto.

Non fece però nemmeno in tempo a rammaricarsi per la sua curiosità che l’aveva cacciata in quel guaio: un grosso drago nero le volava accanto, e il suo cavaliere la prese tra le braccia e le salvò la vita. Ormai Valentina non si poteva meravigliare di nulla, e rimase in silenzio cercando di calmare i battiti agitati - per la paura e l’emozione - del suo cuore, fino a quando non ritornarono a terra ed il drago si posò. Fino a quel momento Valentina non aveva dato più di una timida occhiata al suo salvatore, ma era bastata per farla arrossire. L’eroico bel cavaliere era stato molto premuroso nei suoi confronti, e Valentina si preparò a ringraziarlo come si doveva. Invece lui la sorprese posandole un tenero bacio sulla fronte, che la gettò nell’imbarazzo più totale perché mai, nei suoi 13 anni di vita, nessuno le aveva dato un bacio, sia pure puro ed innocente come quello. Lui le mise qualcosa nella mano prima di salire di nuovo sul drago e volare via; Valentina lo guardò allontanarsi, senza far caso al piccolo medaglione che lui le aveva dato. Era molto grazioso, e c’erano dei versi incisi sul retro.

Valentina decise che lo avrebbe ritrovato.


2 - LA BALLERINA


Valentina guardò con più attenzione il gioiello, un piccolo cuore d’oro e smalto, legato da un nastro di seta bianco; sul retro si vedevano poche righe scritte in caratteri minuscoli ed antichi. Si leggevano a fatica ma la ragazzina ci provò lo stesso, ed alzandoselo agli occhi sfiorò senza saperlo la molla nascosta che apriva il medaglione. All’interno si trovava la miniatura di una bellissima fanciulla, che Valentina riconobbe essere quella ritratta nel quadro in cui era entrata. Dunque, era lei la proprietaria del medaglione e la destinataria dei versi che vi erano incisi


“La mia vita era nell’oscurità
poi ho saputo che tu eri il mio sogno
il sogno più bello che diventava realtà
da cui non avrei più potuto separarmi”


Doveva essere molto amata... peccato, sospirò Valentina, le sarebbe piaciuto che il suo misterioso cavaliere le avesse fatto un regalo così romantico. No, queste erano solo sciocchezze: come avrebbe potuto sapere che l’avrebbe incontrata? Anche se, in fondo, in un’avventura tanto fantastica sarebbe potuto succedere qualunque cosa!

Un leggero rumore di passi alle sue spalle la fece voltare di scatto, appena in tempo per vedere qualcuno che si allontanava di corsa tra gli alberi che circondavano la radura in cui l’aveva lasciata il cavaliere. Incuriosita di vedere chi popolasse quello strano mondo in cui era capitata, si mise anche lei a correre, e in breve raggiunse il fitto del bosco; qui dovette fermarsi perché temeva di essersi persa, e in ogni modo aveva perso le tracce della persona che stava inseguendo. Non si vedeva alcun sentiero e non c’erano segni del suo passaggio, e per giunta la luce era scarsa; Valentina non era tipo da perdersi facilmente d’animo e non era spaventata, ma riconosceva di trovarsi in una situazione critica, soprattutto perché quel posto era indubbiamente pieno di pericoli. Se solo avesse potuto raggiungere la misteriosa figura che aveva inseguito a lungo...

Ma non ci era riuscita: sebbene Valentina sapesse correre molto velocemente, lei era molto più graziosa ed aggraziata; sembrava quasi non sfiorare il terreno, ed evitava rami e arbusti spinosi con molta agilità. In realtà, Valentina era rimasta distanziata di parecchio, ma era anche meno lontana di quanto pensasse dalla sua meta: infatti, spinta evidentemente dalla curiosità di vedere chi la inseguiva, quella persona era tornata indietro ed ora si trovava poco distante. Valentina si era seduta sul tronco di un albero caduto e giocherellava con il medaglione cercando di trovare una via di uscita, quando la vide: come aveva cominciato a sospettare, era la fanciulla del quadro, e la riconobbe subito anche se non indossava più l’impalpabile vestito bianco con cui era stata ritratta ed era avvolta in un mantello scuro. Teneva gli occhi fissi sul medaglione e non sembrava neanche essersi accorta di chi lo teneva in mano. Valentina si alzò in piedi lentamente ed accennò ad avvicinarsi a lei, e questo bastò a farla allontanare di scatto temendo che scappasse di nuovo, cercò di tranquillizzarla e le porse il gioiello.

La timida ragazza che all’apparenza non doveva essere poi molto più vecchia di Valentina, esitava ancora, ma quando comprese che non doveva temere nulla da quella sconosciuta si accostò e riprese il medaglione stringendoselo al cuore. Fu allora che parlò, con voce bassa e gradevole, e raccontò alla ragazzina la sua storia. Le si era seduta vicino, ed aveva un aspetto così addolorato che Valentina per confortarla le cinse le spalle con un braccio, guadagnandosi uno sguardo di gratitudine dalla sventurata giovane - Elise, questo era il suo nome.

Il medaglione le era così caro perché le era stato donato dal suo amore, il giovane principe del regno in cui lei era nata; nonostante si amassero, i sovrani li avevano divisi perché non volevano permettere al loro unico erede di sposare una semplice ballerina. Pur sapendo di renderlo infelice, avevano esiliato la fanciulla e proibito al figlio di varcare i confini del regno. Il principe, profondamente addolorato, si era chiuso nelle sue stanze e non aveva più voluto vedere nessuno ad eccezione del suo migliore amico, un giovane cavaliere che si era già distinto per lealtà e coraggio, a cui aveva affidato il compito di ritrovare la sua amata per restituirle il medaglione, che le era stato strappato perché non avesse più alcun ricordo del principe. Prima ancora che glielo descrivesse, Valentina capì che il cavaliere di cui le parlava Elise era proprio colui che l’aveva salvata; probabilmente le aveva affidato il gioiello perché sapeva che l’avrebbe incontrata e glielo avrebbe restituito. Pur non conoscendola, aveva avuto fiducia in lei, e senza pensare alla stranezza di tutto questo, il cuore della ragazzina trepidò e lei desiderò ancor più incontrarlo di nuovo. Raccontò alla sua nuova amica gli eventi che l’avevano portata a fare la sua conoscenza, a partire dalla visita al museo che si trovava in un altro mondo rispetto a quello in cui erano adesso, e mai Elise dubitò delle sue parole; si meravigliò più di una volta, ma le credette sempre.

Quando Valentina finì di parlare, si era fatto molto tardi, e poiché erano entrambe molto stanche, Elise annunciò che avrebbero deciso cosa fare il giorno seguente, e che quella notte sarebbero tornate alla casetta dove viveva col vecchio nonno.

Valentina non lo sapeva, ma il suo destino era ormai legato a quel mondo fantastico.


3 - NEL REGNO DI ARGIRI


Mentre attraversavano il bosco, Elise parlava alla sua giovane amica del regno in cui si trovavano, ma Valentina - sebbene molto interessata - era distratta dal prodigio che stava avvenendo intorno a loro, fin da quando si erano messe in cammino insieme poco prima. Infatti era bastato che Elise la prendesse per mano, e come per magia all’incredula ragazzina era apparso un sentierino serpeggiante che si allontanava tra gli alberi; o meglio, probabilmente era sempre stato lì, ma i suoi occhi non riuscivano a vederlo. Valentina provò a convincersi che non lo aveva notato prima perché era nascosto dai bassi cespugli che coprivano il suolo ed invisibile a causa della scarsa luce, ma era impossibile spiegare quella meraviglia e le altre a cui assisté in seguito, senza ricorrere ad una parola che le si era impressa nella mente... stregoneria! Certo, Elise sembrava una ragazza normalissima, ma Valentina dovette ammettere che non ne sapeva molto di streghe e non ne aveva mai vista una; d’altro canto, era anche sicura che non fosse solo la sua immaginazione a trarla in inganno facendole vedere i rami degli alberi che si spostavano al loro passaggio o i rampicanti che scendevano dall’alto sollevarsi come cortine per ricadere subito alle loro spalle. Inoltre, sebbene fosse ormai il crepuscolo, c’era ancora più luce di quando Valentina era entrata ore prima nel bosco. Una svolta del sentiero le portò inaspettatamente davanti ad un panorama che toglieva il fiato: contro il cielo in cui si stavano accendendo le prime stelle si stagliava il maestoso castello tutto illuminato di Leland, il sovrano del regno di Argiri. Intorno, nella grande capitale fortificata ferveva l’attività, sebbene fosse ormai scesa la notte, ed Elise spiegò a Valentina che la popolazione durante il giorno lavorava nei terreni del re - i campi, i giardini ed i pascoli reali - e destinava le ore notturne ai lavori domestici. Era quello un regno prospero e felice, governato con mano salda da un re buono e generoso, colto ed amante delle arti, a cui lei era molto riconoscente: l’aveva infatti aiutata nel momento del bisogno, quando, esiliata dal suo paese natio, era giunta lì in estrema povertà. Le aveva offerto la possibilità di danzare a corte, dove in breve tempo si era fatta conoscere ed apprezzare per grazia e bravura; con la sua grande bellezza aveva conquistato molti cuori, ma nessuno era riuscito a rubare il suo, ancora legato al ricordo del suo perduto amore. Era un tormento per la fanciulla essere sì tanto amata, ma così lontana da colui che il suo cuore bramava, in modo particolare da quando nella fitta schiera dei suoi ammiratori si era distinto un personaggio eccellente: era il duca Desiderio, cugino del re. Da lungo tempo egli l’amava con ardente passione, e avrebbe affrontato qualsiasi prova per conquistarne il cuore; ancora non riusciva a rassegnarsi alla consapevolezza che ogni suo sforzo era vano.

Valentina guardava con occhi sgranati tutto ciò che la circondava, e le sembrava di muoversi nell’illustrazione di un libro fantastico, straordinariamente vivo e reale. Elise viveva in una modesta casetta vicino ai cancelli orientali della città, all’ombra delle mura; era immersa nel silenzio e nell’oscurità più totale, e Valentina pensò che di sicuro il nonno della sua amica si fosse stancato di aspettarla e fosse andato a dormire. Nella sua mente si figurò un vecchietto in veste da camera e papalina che rimproverava la nipote di averlo lasciato da solo fino a tardi, ma niente di quello che l’attendeva oltrepassata la porta - che peraltro si era aperta e chiusa da sola - rispettava le sue previsioni. Mille e più candele si accesero all’istante, illuminando a giorno un ambiente così lussuoso da essere quasi inverosimile per chi avesse visto il semplice aspetto esterno della casetta, che ora, dall’interno, sembrava molto più grande. Elise chiese a Valentina di scusare il nonno se non le aveva accolte appena entrate, ma era sempre molto impegnato con le sue ricerche, e non usciva dallo studio se non all’ora dei pasti, che consumavano sempre insieme. Condusse la ragazzina nella sua camera, grande e bellissima come quella di una principessa delle fiabe, e la invitò a riposarsi e cambiarsi prima di scendere a cena. In effetti dopo la corsa senza meta nel bosco Valentina si era ritrovata con i vestiti sporchi e strappati, e aveva piacere di presentarsi bene a quel nonno che presagiva essere una persona molto speciale. Sul letto era pronto un abito, proprio della sua misura, di un bel colore rosa antico; dopo essersi pettinata con cura e aver appuntato tra i capelli una rosa che stava in un vaso sulla toletta, si sentì soddisfatta del proprio aspetto e si diresse di ottimo umore verso la sala da pranzo. Vi era appena entrata che di fronte a lei fece la sua apparizione un uomo alto, ossuto, con due lucenti occhi blu che facevano capolino tra la lunga barba e i lunghi capelli perfettamente grigi, in parte nascosti dall’ampio mantello porpora che indossava. Il buonumore di Valentina scomparve di colpo mentre il nonno di Elise, dopo aver baciato sulla guancia la nipote, tornava a fissare i suoi freddi occhi da predatore sulla giovane ospite. Le girò intorno, guardandola dalla testa ai piedi, poi borbottò qualcosa che Valentina non capì, e la raggelò definitivamente facendole una carezza sulla testa con la sua spettrale mano gelida, su cui brillava un enorme granato. La ragazzina, sicura che le avesse fatto un incantesimo, invocò con occhi supplici l’aiuto di Elise, che intenerita le spiegò che il nonno era un pochino originale, ma in fondo tanto buono; non doveva temerlo, tanto più che le sue parole, in una lingua nobile che solo pochi eletti conoscevano, erano state di buon auspicio: il nonno aveva infatti sentito che lei, Valentina, era la prescelta che l’avrebbe aiutata a ricongiungersi al suo amato. Un po’ più sollevata, Valentina si sedette a tavola, forzandosi a non osservare troppo il bizzarro padrone di casa, che tanto l’incuriosiva. Distratta dallo strano prodigio per cui i piatti sembravano fluttuare nell’aria come trasportati da mani invisibili, non vide che Elise aprì il medaglione e dopo un attimo impallidì terribilmente. Quando sentì il singhiozzo soffocato dell’amica, Valentina le accorse subito vicino, impedendole di cadere a terra svenuta, e non fece caso al bigliettino che Elise teneva in mano.

Era proprio questo piccolo pezzo di carta, nascosto nel medaglione, che aveva provocato il tremendo effetto. Qualcuno - probabilmente il giovane cavaliere, l’eroe di Valentina - aveva scritto: “Il principe mio signore è stato rapito dalla Signora di Phert che vuole con lui convolare ad infauste nozze; partirò con il fido Baldassarre al suo soccorso, ma sarà forse solo la forza del vostro amore puro a salvarlo”.


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