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CRISTALLI - LA PIETRA DI LUCE


 
   
     
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E' l'immaginazione affamata che ha paura, non quella ben nutrita
di Ish Gisella Cannarsa

L'immaginazione è quel processo mentale che costruisce per immagini, andando a soddisfare la mancanza di informazioni attraverso l'archivio esperienziale.

In pratica: di fronte ad una descizione, ad una situazione, in cui manchino dei riferimenti chiari ed effettivi, certi, la mente interviene portando delle informazioni "tipo", cioè attinge ai ricordi (immagini ed esperienze emotive) e li propone per soddisfare questa mancanza.

Appare chiaro che l'immaginazione è una visione a priori, ma non è una previsione (intesa come preveggenza).

Ma noi abbiamo imparato che ogni forma pensiero (l'immaginazione lo è), mantenuta per un certo periodo di tempo, e ripetuta più volte, diviene concreta, si materializza, vale a dire che si manifesta sul piano in cui i nostri sensi possono percepirla.
Quindi quando immaginiamo, mettiamo in moto un processo di concretizzazione. Che vi piaccia crederlo o meno, succede così.

A questo punto distinguiamo tra immaginazione affamata e immaginazione ben nutrita.

Quella affamata è una attività mentale incontrollata, che attinge ad un archivio in cui sono più accessibili le informazioni che ci hanno maggiormente segnato, quelle legate ad emozioni a cui siamo rimasti legati per scompenso energetico (grazie a un "memo" nel corpo emozionale).
Produce innumerevoli accessi a possibilità, dove l'assenza di percezione consapevole porta a produrre forme pensiero contrastanti (perciò che si annullano e non portano a nulla) o a forme pensiero di valore spesso diverso da quello che crediamo.

Quella nutrita - invece - è una attività creativa deliberata, e si chiama visualizzazione.

Torniamo per un momento alla immaginazione affamata.
In genere è quella che "mandiamo in onda" quando ci troviamo di fronte ad eventi sgradevoli, comunque non previsti, che ci obbligano a dei cambiamenti.
Produciamo immagini di "pre-visione", in cui ci perdiamo in deduzioni, ipotesi e confronti con esperienze passate.
Passando da informazioni su quello che vorremmo, a informazioni su quello che non vorremmo.
Vi riconoscete in questo processo? Si, bene, andiamo avanti.

Le informazioni hanno una frequenza. Ogni informazione ce l'ha. Ogni frequenza è una informazione.
Quando noi emettiamo un'onda pensiero, emettiamo una informazione.

Ogni informazione emessa è una richiesta vibratoria che attrae quel tipo di risposta.

Quindi:
se emettete vibrazioni-richieste di tipo "voglio questo", attirerete questo.
se emettete vibrazioni-richieste di tipo "non voglio quello", attirerete quello.

la vibrazione non conosce la negazione, ha una polarità attrattiva verso la sua risposta sintonica.

Ora comprendete cosa significa "Scegliere cosa si vuole" piuttosto che "cosa non si vuole"?
O cosa significa "vivere la pace" piuttosto che "non volere la guerra"?

Comprendete cosa significhi "essere nel benessere", invece che "non ammalarsi"?

Anni fa abbiamo parlato dei decreti, e spesso ci siamo soffermati sul valore delle proprie espressioni.
Abbiamo spesso parlato di attenzione, nell'ascolto e nell'osservazione (è di ieri l'appunto sul vedere...)

Conclusione: lasciare deliberatamente campo libero alla mente, quella affamata di nozioni, kaoticamente proposte e subite, significa continuare ad alimentare un tipo di vibrazione che - a breve e a lungo termine - restituisce quello che più temiamo.

Occorre pertanto ricordare sempre che non esiste una possibilità di "esclusione" (non voglio questo), ma solo di "inclusione" (voglio questo), per cambiare approccio con i nostri desideri, le onde-forme pensiero, i mattoni della realtà personale.

Concetto che si ricollega al significato di accettazione, invece che di tolleranza, di cui abbiamo parlato.

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La memoria ordinaria è un atto della mente
di Ish Gisella Cannarsa

Per questo motivo essa conserva ricordi che possono non corrispondere a quanto avvenuto: "rimane" registrata una interpretazione-spiegazione che abbiamo dato a noi stessi (e ad altri) di quello che è accaduto.

Pertanto esiste un notevole divario tra il vissuto e il ricordo, dovuto alla necessità dell'ego (che non è il Sè) di essere in qualche modo nutrito, sostenuto.
Victor Sanchez, allievo di Castaneda, dice che, in pratica, la memoria ordinaria (per distinguerla da quella "obiettiva", data dalla percezione energetica dell'insieme dei corpi che compongono l'Uomo, e che trattiene le cose per come sono andate veramente) sostiene il nostro passato, a cui siamo attaccati solo perchè giustifica quel che siamo.

Insomma.... capita di avere una visione di sè, e dei propri trascorsi, che non solo non combacia con l'effettivo accaduto, ma cambia nel tempo, in modo da soddisfare solo l'identità secondo i termini dell'ego.

Cosa significa? Che possiamo vivere convinti di essere stati vittime di un sopruso, mentre ne eravamo gli autori. O possiamo prenderci cura per un sacco di tempo di persone di cui non ci importava niente.
Ecco perchè il nostro passato diventa una zavorra, a ben vedere. La sua visione è il prodotto di un abile riassunto mentale, che ci propone qualcosa di irreale (una illusione) che è il personale mito delle origini (la storia dell'io minuscolo).
Grazie ad esso perdiamo la capacità oggettiva, non elaborata, di mantenere i riferimenti di quanto veramente esperito.

Come un film di cui ripetiamo la trama, riassumendola, giorno dopo giorno, arrivando a travisarne i contenuti senza rendercene conto (difficilmente di un film visto una sola volta, a distanza di anni si ricordano sequenze, attori e finale. E' normale invece confondere battute, interpreti, situazioni... fino quasi a creare altre storie, no?).

Pensate cosa implica ricordare le cose sbagliate.
Giudicare utilizzando un metro truccato.
Agire o non agire, anche soffrire a priori. Illudersi in base a una illusione.
Spendere energia per evitare illusioni, e sguazzarci dentro, invece.

Ma oltre a renderci conto che ce la stiamo raccontando, o presumere che sia così, cosa altro implica questo giochetto?
Certamente una perdita energetica e l'impossibilità di risolvere gli eventuali problemi collegati al ricordo "inventato".
Psicoterapia, psicomagia, in qualche modo anche le costellazioni familiari, hanno dato risalto all'importanza del ricordo.

Se non è semplice accedere ai ricordi obiettivi, per ripristinarne l'evidenza, è vero che la prima cosa da fare è non affidarsi ai ricordi per giustificare le nostre modalità attuali come alibi.
Certamente noi siamo "in un certo modo" per un evento - o più - accaduti, ma è la nostra inconscia manipolazione degli avvenimenti, per difesa, per rabbia, per adattamento reattivo, ad averci reso così.

Sempre Sanchez racconta di un tizio timido, di scarsissima autostima, che dava la colpa di ciò al fatto che non giocava mai col papà, da bambino, e di conseguenza poi nemmeno coi coetanei. Un adulto triste perchè era un bambino triste.
Durante un seminario rientrò però in possesso dei "veri" ricordi, scoprendo che non era vero niente: lui giocava da bambino, col padre e gli amici, e non era un ragazzino triste.....

La nostra struttura psicologica contempla autocommiserazione e autocompiacimento. Questo fa si che ognuno di noi tenda a ritenere che quello che altre persone "ci hanno fatto" determinino la nostra attuale identità. Qualcuno a cui dare la colpa.

E quindi?
Torniamo a noi stessi e alle nostre responsabilità: come noi reagiamo alle azioni altrui, come dichiariamo che la nostra vita sia stata "rovinata"-cambiata da qualcuno, come viviamo tale convinzione.

E alla responsabilità più importante: smettere di soffrire. "io ho determinato la mia vita e sono io che posso guarirla".
Affermazione che va bene anche dove vi sia stato un avvenimento tanto grave da rovinare veramente la vita. Fino a quel momento.

Perchè rassegnarsi a vivere in relazione al passato?

Quanti affermano di aver avuto vite "magiche", in cui possedevano conoscenze che non usano oggi "perchè non le ricordano", e in compenso piangono l'attuale vita, per colpa degli sbagli del passato, anche se non sanno quali?

Vi è l'abilità del mito dell'ego, in tutto questo. Non del destino.

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R I C O R D A T I

Se sei fra coloro che vogliono riformare il mondo, inizia riformando te stesso. Gandhi diceva: "Tu devi essere il cambiamento che desideri vedere nel mondo".

Ciò che pensi si avvera. Quindi pensa a costruire, pensa a ciò che ti migliora.

Attrai quello emani, ovvero a te ritorna quanto è parte di te. Pertanto, semina il bene.

Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te. Fai il meglio che puoi, e ricorda che per il resto c'è Dio.

Sappi volere, perché la volontà è il mezzo più potente, per chi sa avvalersene.

Coerenza significa che il pensiero deve andare d'accordo con le parole, e le parole con le azioni.

Accogli qualunque cosa ti succeda senza giudizio e con coerenza: la vita è uno specchio, se sorridi ti sorride.

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