INCONTINENZA URINARIA E QUALITÀ DELLA VITA

 L'incontinenza urinaria (IU), cioè l’incapacità più o meno grave di urinare a tempo e luogo, può avere un impatto devastante sulla qualità della vita, sia per quanto riguarda il vissuto soggettivo sia i rapporti interpersonali. Basta fermarsi un momento e pensare a quali e quanti campi dell’esistenza possono essere coinvolti da questo disturbo: sociale, psicologico, professionale, domestico, fisico, sessuale… I relativi costi economici ma soprattutto umani sono difficilmente quantificabili ma senza dubbio molto elevati, dato che alcune varietà di incontinenza urinaria – per esempio quella dovuta a vescica iperattiva – possono insorgere in persone relativamente giovani e quindi ancora pienamente inserite nell’attività produttiva.

In ogni caso, oggi il criterio anagrafico ha solo un valore relativo, specie in una realtà come quella italiana, che si colloca al secondo posto nel mondo – dietro il Giappone e a pari merito con i paesi scandinavi – per età media di sopravvivenza (oltre 74 anni gli uomini e più di 81 le donne), ma che è saldamente prima nella graduatoria per indice di vecchiaia (rapporto fra over 65 e under 15 nella popolazione autoctona). In un quadro demografico così spostato in avanti, quanto vale – sia sul piano economico sia su quello umano – un nonno capace di occuparsi attivamente del nipotino mentre la figlia (o nuora) e mamma del bambino va a lavorare?

Sembra utile, a questo punto, esaminare più nel dettaglio le limitazione soggettive e oggettive che complicano la vita della persona sofferente di IU. Sul piano sociale, per esempio, il primo problema che si pone è quello della

  • riduzione delle interazioni sociali con progressivo isolamento all’interno del gruppo di appartenenza. Chi soffre di IU tende progressivamente a evitare tutte le situazioni “collettive” che potrebbero rendergli difficile o addirittura impedirgli di obbedire agli ordini imperiosi di una vescica che ignora la virtù della pazienza.

  • Sempre di pertinenza sociale è la modificazione degli spostamenti abituali: tipicamente, la persona affetta da IU pianifica i propri movimenti in base alla localizzazione e disponibilità delle toilette, rinunciando (anche con grave sacrificio) a trasferte che comporterebbero periodi più o meno lunghi – ma comunque imprecisati – “senza rete”.

  • Tutto questo comporta spesso l’abbandono di alcuni hobby, specie quando tali occupazioni richiedono la prolungata permanenza fuori casa e/o lo stretto contatto con altre persone. Ed è noto come la rinuncia forzata a un hobby può nuocere a chi è psicologicamente più fragile, come il pensionato che non ha più lavoro né figli, sposati e trasferiti altrove.

Il piano psicologico è forse quello più sensibile agli effetti dell’incontinenza urinaria. Basti pensare alla frequente diagnosi concomitante di IU e

  • depressione, quanto meno nella sua forma più benigna o reattiva. In ogni caso, anche se questi spunti depressivi tendono a regredire una volta risolta la patologia che li ha causati (come avviene, per esempio, in seguito alla “elaborazione” di un lutto), si tratta comunque di sintomi che peggiorano gravemente il vissuto soggettivo e necessitano spesso di un’apposita terapia.

  • Ancora più frequente è la perdita dell’autostima: è il caso tutt’altro che raro di coloro che sono ancora in buona efficienza psicofisica, malgrado l’età relativamente avanzata, ma che si vedono costretti a rinunciare ad attività gratificanti per l’insorgere o l’aggravarsi di un disturbo che si crede (erroneamente!) incontrollabile.

  • Ai due punti precedenti fanno spesso seguito apatia,

  • senso di colpa e

  • negazione, che nel loro insieme tendono a cronicizzare il problema anziché favorirne la risoluzione.

  • Sempre in ambito psicologico, la sensazione di mancato controllo della funzionalità vescicale, per altro in parte corrispondente al vero, viene spesso enfatizzata fino a tradursi in

  • sensazione di essere di peso e

  • sensazione di emettere odore urinoso. Di solito entrambi questi “feeling” sono invece ben lontani dalla realtà, in quanto chi soffre di IU si vergogna tipicamente dei propri sintomi (pertanto impedisce a chiunque altro di occuparsene) e pratica di solito un’igiene personale di livello quasi maniacale (cambiando la biancheria intima e l’eventuale pannolone più e più volte al giorno).

    Sul piano professionale, in particolare nel sesso maschile, le conseguenze più gravi – e purtroppo abbastanza frequenti – dell’incontinenza urinaria sono

  • l’assenteismo, cui spesso fa seguito, specie nelle realtà socio-economiche meno protette,

  • la perdita del lavoro. Non si tratta naturalmente di assenteismo o licenziamento per “colpa” del lavoratore-paziente, ma di situazioni oggettive che spesso rendono difficile se non impossibile conciliare gli obblighi contrattuali e le mansioni specifiche imposti dal lavoro con le esigenze igieniche richieste dalla patologia e con il disagio psicologico e sociale causato da quest’ultima.

Nel sesso femminile, in cui l’impatto professionale dell’incontinenza urinaria è un po’ meno grave, hanno però un peso rilevante le conseguenze domestiche. Queste si manifestano in primo luogo con

  • trascuratezza dei doveri domestici, la cui causa ultima si può far risalire sia alle limitazioni oggettive imposte dalla IU sia agli spunti depressivi (più frequenti nelle donne) citati in precedenza. Tale trascuratezza, a sua volta, può rendersi responsabile di

  • problemi coniugali e/o familiari, là dove la persona affetta da IU (solitamente la donna) viene ingiustamente colpevolizzata per la sua sopravvenuta incapacità di fare fronte agli obblighi imposti dalla gestione della casa e della famiglia.

  • Sono invece “asessuati” i problemi familiari causati dalla necessità, da parte dell’incontinente, di usare particolari tipi di lenzuola e/o biancheria intima, la qual cosa può causare aumento dei costi (per l’acquisto dei suddetti presìdi) e del lavoro domestico (per il loro lavaggio più frequente) e di

  • adottare speciali precauzioni nel vestire (per esempio, indossare abiti scuri per nascondere eventuali, imbarazzanti macchie di urina); quest’ultima limitazione può essere vissuta molto male perché si scontra anche con il più che legittimo desiderio di vestirsi alla moda.

Per coloro che sono ancora in buona efficienza fisica – e che sono, per la verità, la maggior parte degli uomini e delle donne sofferenti di incontinenza urinaria – le limitazioni fisiche imposte dalla IU hanno un peso tutt’altro che trascurabile. Questo vale in particolare per

  • la limitazione o cessazione dell’attività sportiva, dovuta al fatto che la contrazione dei muscoli dell’addome (il cosiddetto “torchio addominale”) può favorire, nei soggetti a ciò predisposti, una perdita di urina per cedimento transitorio del muscolo sfintere vescicale interno.

  • Per le persone che invece sono già in condizioni fisiche precarie, oppure sono molto anziane o una combinazione dei due fattori, la comparsa o l’aggravarsi di una IU può essere l’elemento che decide l’istituzionalizzazione, cioè – nel vissuto soggettivo – lo sradicamento dalla propria casa e il trasferimento (a morire) in una casa di riposo.

Ultimo, ma non certo per importanza, è il riflesso dell’incontinenza urinaria sulla vita sessuale. Dal momento che nei pazienti affetti da questo disturbo – uomini e donne – il momento dell’orgasmo si accompagna talvolta all’emissione di piccole quantità di urina, è facile comprendere come tale condizione possa accompagnarsi a

  • disfunzione erettile nell’uomo e a

  • secchezza vaginale nella donna, in entrambi i casi a componente psicogena (che non esclude per altro quella organica), tali comunque da rendere

  • difficili o impossibili i rapporti sessuali.