FEDERAZIONE
ITALIANA SINDACATI ADDETTI SERVIZI COMMERCIALI AFFINI
e TURISMO |
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Aderente a EURO FIET e SETA
UITA |
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RELAZIONE DI PIERANGELO RAINERI
SALONE
NAUTICO 14.02.96
FIERA DI ROMA
“Porti ed Approdi
Turistici: Opportunità’ Occupazionali e di Sviluppo”
Nel complesso panorama turistico del nostro
Paese, un ruolo importante e’ quello svolto anche dal turismo nautico e dalle
infrastrutture ad esso collegate.
Spesso la potenzialità’ degli
insediamenti turistici nautici e’ stata invece ignorata o sottovalutata o
addirittura combattuta sia sotto il profilo urbanistico che legislativo.
L’analisi che deve essere
sviluppata al riguardo deve basarsi comunque su dati obiettivi, sia delle
presenze turistiche che la nautica può’ sviluppare, sia sui risvolti
occupazionali che può’ avere anche in territori dove qualsiasi altro insediamento produttivo risulterebbe
problematico ed incompatibile con l’ambiente.
L’Italia, con il suo clima mite e
con le sue migliaia di chilometri di coste
deve valorizzare questo tipo di sviluppo economico, recuperando
anche gli anni perduti
nell’indecisione.
La situazione economica del settore
Nei giorni scorsi sono stati resi noti i dati sull’andamento delle imprese nel nostro paese ed e’ stato rilevato che , dopo anni di “stallo”, sono nate nel 1995 quasi 300.000 nuove aziende.
Nonostante questo dato nazionale positivo, nel comparto della Cantieristica da diporto permane comunque una situazione di crisi, che si trascina ormai dagli anni ‘80 ad oggi : dopo una fase di espansione di nuove aziende, si assiste oggi ad una crisi che é individuabile in tutti i segmenti di mercato, sia per quanto riguarda le imbarcazioni sopra i sette metri, che sotto i sette metri. La situazione e’ resa ancor più’ problematica dalla internazionalizzazione del prodotto-nautico, con il consolidamento, in tutti i segmenti di mercato, di aziende comunitarie ed extracomunitarie, le quali - nonostante la situazione valutaria sfavorevole - continuano ad investire sul mercato italiano, per garantirsi, con i successivi sviluppi economici auspicabili, una quota di mercato rilevante.
In Italia - negli ultimi anni - sono inoltre “spariti” dal mercato cantieri anche molto prestigiosi ed in alcune zone il decremento dei fatturati (e dell’occupazione) e’ stato intorno al 30%.
La crisi del settore ha colpito sia la Cantieristica, che la vendita e la riparazione di motori entrobordo e fuoribordo, quindi sia il settore industriale che artigianale e commerciale.
Per fare un esempio la Johnson/Evinrude nel 1985 ha venduto in Italia 65.000 motori, mentre nel 1995 ne ha venduto appena 16.000 (pur detenendo la maggior quota di mercato).
Il decremento delle vendite e l’andamento negativo del mercato, ha generato anche un fenomeno preoccupante: gli importatori/distributori hanno pressoché abolito lo stoccaggio di merce per la nautica in magazzini italiani, previlegiando Svezia, Olanda, Belgio (Mercury-Yamaha-Suzuki-OMC-Johnson-Volvo Penta, ecc...).
Le ragioni della situazione che si e’ determinata sono molteplici e vanno dalla crisi economica generale, alla politica fiscale adottata, alla carenza di legislazione certa e soprattutto alla generale mancanza di una politica di settore, che non ha favorito la nascita di nuove infrastrutture portuali da diporto.
Questo complesso di questioni ha favorito - nell’ultimo decennio - lo sviluppo della nautica da diporto nei paesi confinanti, soprattutto nel segmento alto del mercato: basti pensare a cosa hanno rappresentato gli anni ‘70 e ‘80 per lo sviluppo dei porti turistici della Costa Azzurra, Corsica e della Grecia anche in conseguenza della “fuga” di imbarcazioni italiane dai porti nazionali, per le note ragioni fiscali.
La legislazione degli ultimi anni, se da una parte ha creato teoricamente nuove opportunità’, dall’altra ha determinato una incertezza che si e’ riversata pesantemente sul mercato, ottenendo in alcuni casi un effetto contrario a quello auspicato dello sviluppo e della regolamentazione (solo negli ultimi 12 mesi si sono susseguiti numerosi decreti legge sulla regolamentazione di parti essenziali, quali : sicurezza in mare, abilitazioni, normative RINA, ecc., senza ottenere norme definitive ed orientative) allontanando il nostro Paese dalle norme Comunitarie ed adottate in altri Paesi concorrenti.
Il nostro paese e’ poi del tutto carente di una normativa complessiva
che regolamenti i porti turistici e ciò’ crea ulteriori difficoltà’ e
differenze con gli altri competitori.
Come si diceva in premessa, e’ necessario passare da un atteggiamento residuale verso la nautica da diporto ad una nuova cultura di sviluppo della nautica e delle infrastrutture, cogliendo le opportunità’ occupazionali e progettandone la realizzazione.
Per quanto concerne l’occupazione, in particolare, e’ necessario analizzare alcune stime (ILRES) secondo le quali in Italia la carenza complessiva di posti barca rispetto al fabbisogno, sarebbe di quasi 20.000 posti, che equivalgono alla potenzialità’ di oltre 25-30 tra porti ed approdi, pari - come vedremo di seguito - ad un incremento occupazionale di 6-7.000 nuovi posti di lavoro a livello nazionale: l’equivalente di uno stabilimento industriale di grandi dimensioni o - nel settore turistico - delle grandi catene a alberghiere.
Uno sviluppo di questa dimensione potrebbe creare un fatturato aggiuntivo tra i 500 ed i 1.000 miliardi di lire annue,
Nella vicina Francia negli ultimi vent’anni sono nati - solo in Costa Azzurra - 15 nuovi porti turistici, nella zona compre tra Mentone e St.Tropez (dipartimento 06- Alpi Marittime) con una potenzialità’ totale di 18.000 posti barca, dislocati su 250 chilometri di costa.
Molti di questi insediamenti
sono stati determinati dalla politica di sviluppo economico realizzata dalle
Camere di Commercio francesi che, a differenza di quelle italiane, sono in
grado di generare vere e proprie attività’ economiche pubbliche o miste,
garantendo concrete possibilità di crescita diretta ed indotta del
settore.
Dalle stime effettuate questa sarebbe la situazione occupazionale di un porto turistico standard , tra i 500 e gli 800 posti barca:
addetti
alle attrezzature 15
riparazioni 18
rifornimenti 02
servizi in porto 18
servizi vari e associazioni 23
autorita’
marittima 13
occupazione diretta 89
indotto
riparazioni 59
distribuzione food 04
distribuzione non-food 03,5
servizi persone e mezzi 06
attivita’ esterne 06,5
servizi specialistici nautici 27
servizi
ricettivi 22
occupazione indotta
128
occupazione totale 217
L’occupazione media sarebbe quindi quella di un
occupato ogni 3 o 4 imbarcazioni.
Ci pare fuor di dubbio l’importanza di una vera svolta nelle politiche settoriali, per conseguire concreti risultati occupazionali, che potrebbero vedere importanti momenti di crescita anche in quelle regioni dove invece e’ più’ difficile insediare stabilimenti manifatturieri o altre attività’ produttive.
Se noi pensiamo infatti al Sud, ci accorgiamo che proprio in quelle regioni dove sarebbe necessario un maggior sviluppo delle attività’ nautiche, le infrastrutture portuali da diporto sono proprio le più’ carenti o addirittura sono inesistenti.
Nelle altre regioni i porti esistenti devono “fare i conti” con una crescente competitività’ sia della cantieristica che delle strutture portuali da diporto degli altri Paesi del Mediterraneo (es.: Liguria-Toscana-Sardegna/Costa Azzurra-Corsica e Calabria-Sicilia/Grecia).
Un discorso a parte meriterebbe l’Adriatico, dove sono necessari urgenti investimenti e competitività’, in previsione di una situazione meno favorevole che potrebbe venirsi a creare nei prossimi anni in conseguenza di una ripresa economica delle Coste dell’Istria, Coste Dalmate e dell’Albania, che possono vantare zone di indubbio interesse crocieristico e diportistico e già’ in parte attrezzate per il diporto.
La prospettiva futura potrebbe vedere due scenari non incompatibili tra di loro:
- La costruzione di nuovi Porti Turistici, che hanno l’indubbio vantaggio di poter essere creati secondo i più’ moderni canoni strutturali e di servizio, pur necessitando di forti investimenti.
-La riconversione delle strutture portuali commerciali esistenti, rappresenterebbe una grande possibilità’ di riutilizzo di quei Porti commerciali- generalmente situati in prossimità’ di Centri Storici - che progressivamente sono andati “fuori mercato”, con l’evoluzione - in negativo per i porti italiani - del trasporto e degli snodi intermodali a livello europeo. Questa scelta richiederebbe minori investimenti e non avrebbe certo i noti problemi di impatto ambientale.
A fianco delle strutture portuali turistiche potrebbero essere integrati dei terminals per traghetti, aliscafi e piccole navi da crociera.
Anche in questo caso troviamo interessanti le esperienze fatte in Francia, ad esempio con la riconversione del Porto Vecchio di Marsiglia (2.000 posti barca) e del Porto di Nizza (600 posti barca).
In Italia esperienze di questo
tipo sono meno diffuse anche per la permanenza di vincoli di destinazione
urbanistica, commerciale o addirittura militare di molti Porti.
Contrattazione, professionalita’ e
formazione.
In questi anni il Sindacato ha cercato di contribuire a “dare dignità” al settore, con un lavoro puntuale di informazione e di coinvolgimento delle proprie strutture e dei dipendenti dei Porti ed Approdi.
L’impegno portato avanti si e’ concretizzato con la stipula di alcuni Contratti Aziendali e di uno specifico Accordo, inserito lo scorso anno nel Contratto Nazionale di Lavoro del Turismo, che inquadra il lavoro dipendente del settore in un comparto appropriato, individuando i trattamenti economici e normativi, le figure professionali principali di questa importante attività’ e la relativa classificazione.
A fianco della contrattazione (ad esempio, attraverso gli Enti Bilaterali del Turismo) sarà necessario rapidamente sviluppare una politica di formazione continua nel settore: le alte professionalità che contraddistinguono gli addetti agli scali portuali turistici ed alle attività’ indotte, richiedono la progettazione di azioni specifiche . Ciò’ potrà accrescere la professionalità del servizio e rendere più’ competitive le strutture oltre a preparare i giovani all’inserimento in questo specifico segmento del mercato del lavoro.
Riteniamo infine che dovranno essere moltiplicate le occasioni di
confronto, sia tra le parti che a livello istituzionale, per far emergere le
nuove possibilità’ occupazionali che sarà’ necessario cogliere nei prossimi
anni.