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Sicurezza ed educazione

Manteniamo la calma e godiamocela

Nonostante la cafoneria, se si è in vacanza, meglio evitare polemiche (?)

I venti predominanti fanno sì che anche nei posti più affollati vi siano coste poco frequentate. Si tratta di posti di solito poco attraenti, dove il vento regolarmente alza onda e spinge ogni tipo di rifiuto sulle spiagge. Ma, quando il vento cambia o nei rari giorni di calma piatta e ci si vuole allontanare dall'affollamento agostano, sono un'opzione. La spiaggetta era ingombra di tronchi, tavole catrmate, pezzi di rete, contenitori di plastica, ma la baietta era tutta per noi. C'eravamo ancorati e ci godevamo sole e solitudine.

Parecchi altri avevano scoperto che quel giorno si poteva fare e ben presto tutte le calette su quel tratto avevano almeno un occupante. La nostra, la più piccola, era decisamente unifamiliare. Per questo rimanemmo sorpresi quando un ventidue metri a motore si avvicinò e cominciò a manovrare. Calata l'ancora di prua, iniziò a procedere a retromarcia: aveva intenzione di mettere una o due cime a terra. Decisamente, si stava avvicinando troppo e Flora manifestava segni di preoccupazione, pienamente giustificata da quello che accadde: un'elica aveva preso la nostra cima dell'ancora e l'aveva tagliata. Il giovanotto al comando della barca non se ne sarebbe probabilmente neppure accorto se la cima, avvolgendosi, non avesse bloccato l'elica. Forse per le dimensioni, forse per il colore grigio mimetizzante (le bordature rosse si notavano poco), ma sembrava proprio che per l'abile pilota sul flying bridge fossimo proprio invisibili. L'incidente gli fece tornare la vista, alzò un braccio chiedendo scusa in inglese. Risposi al segnale alzando a mia volta pigramente un braccio mentre Flora cominciò a brontolare nei miei riguardi frasi del tipo "Ecco, te l'avevo detto che ci veniva addosso". Il vento era scarso, non c'era fretta. Me ne rimasi steso sul prendisole a contemplare le operazioni mentre Flora continuava a bofonchiare.

Fermamente deciso a non farmi innervosire dall'incidente (avevamo perso sette-otto metri di cima che pendevano dall'anello di prua del gommone), cercai di calmare Flora e mi concentrai sull'affannarsi del giovane capitano che, con voce perentoria ma stridula, in greco ed in inglese, urlava ordini, bestemmie ed improperi alla sua corte di Filippini che, evidentemente, avevano problemi di comprensione della lingua. Ottenuta finalmente una maschera, si immerse e per un quarto d'ora lo vedemmo immergersi e tornare su regolarmente. Quando si accorse che la barca si stava accostando pericolosamente verso uno scoglio affiorante, ebbe quasi una crisi isterica. Un marinaio, nuotando a rana, portò una cima a terra e finalmente si calmò. Un'altro quarto d'ora di furiose immersioni e finalmente (dopo aver tagliato col coltello un paio di metri della nostra cima) liberò l'elica. Non ci poteva ridare la cima: era proprio sotto la sua barca. Andò allora a ripescare la nostra ancora e mi chiese dove volevo che la lasciasse. Gli indicai il posto, ci portò il capo della cima (maldestramente, aveva cercato di nascondere il pezzo tagliato sulla plancetta della barca). Lo ringraziai caldamente quando mi porse la cima, scusandomi per aver lasciato che la cima della mia ancora si fosse andata ad avvolgere nella sua elica di destra (pardon, di dritta, però ho evitato la brutta figura dato che parlavo in Inglese) e chiedendogli se, cortesemente, ci poteva anche dare l'altro pezzo di cima.

Cinque minuti dopo, salpammo l'ancora e ci dirigemmo alla ricerca di un'altra baietta solitaria.

E' strano, ma sono convinto che il dinamico capitano abbia perfettamente compreso di avere fatto la figura dello .... Se l'ha capito lui, certo l'hanno capito anche i suoi "marinai". Inutile dire che Flora mi ha fatto notare che, comunque, la baietta solitaria se l'è cuccata lui.

Ma insomma, che avrei dovuto fare? Sputargli in faccia?

Gabriele Orsini ©