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Controlli in acqua

(Un ricordo del passato, o quasi)

Da sempre seguo sulle riviste le storie che affliggono la nautica da diporto e, come tutti i diportisti, le vivo anche sulla mia pelle. Negli anni sembra che quasi niente sia cambiato, anzi si è aggiunto un nuovo problema: quello dei divieti di navigazione in zone protette (e la protezione in tutte quelle zone dove vale la pena di navigare per diporto).

Problemi perenni:
- Norme pesanti sulle dotazioni di sicurezza ed eccessiva puntigliosità dei controlli a mare.
- Carenza cronica di posti barca e gestione asociale ed autolesionista degli scivoli.
- Fisco in guerra, ora calda ora fredda, con le barche da diporto (tasse, minacce, etc.).
- Protezionismo ambientale che, dovendo digerire compromessi con situazioni pregresse ed attività produttive, sfoga il suo fervore contro il diporto, meno difendibile.

Ammettiamolo: se l'ultimo fenomeno è in crescendo, gli altri, fortunatamente, sono in via di distensione. L'importanza economica diretta ed indiretta della nautica da diporto è stata riconosciuta, è stato compreso quanto atteggiamenti punitivi avessero influito negativamente su un settore che è la classica mucca da mungere. Può dare latte, e pure tanto, ma deve essere messa in condizioni di crescere.

Di qui, tasse più basse, iniziative per porti turistici, semplificazioni della normativa. Non ci lamentiamo troppo.
C'è, in effetti, un modo nuovo di porsi, da parte dei nostri governanti, rispetto alla nautica da diporto e, in questa nuova atmosfera, anche i controlli in mare stanno assumendo un diverso aspetto.

Innanzi tutto, domandiamoci quanti controlli, almeno in passato, nascevano da intenti punitivi sulla categoria.
Lo so, non sarebbe giusto, ma si può comprendere.
Per esempio: bandiere ombra, nullatenenti per il fisco con barche da miliardi. Sappiamo che mantenere anche un gommone non è da poco, figuriamoci un 18 metri che usa un gommone come il nostro come tender. Alle Finanze non sono mica scemi ed i mass media ci hanno inzuppato per anni! Questo non potrebbe spiegare controlli rigidi sulle barche immatricolate, che, magari, trovavano nelle dotazioni di sicurezza l'unica scusa per una "stangatina" e rovinargli la festa? Al limite, anche se non si riesce a cavarne nulla, un paio d'ore d'ore di sofferenza e comunque rubate al poco tempo che il cummenda può dedicare al suo trastullo...
Ancora: comportamento indisciplinato e pericoloso di natanti in vicinanza di spiagge affollate. E' ovvio che, prima o poi, arriva l'ordine di
metterli a posto. La motovedetta si fa vedere, riesce a beccare solo i distratti o i fessi, arriva a contestare i cinque metri su trecento, ma poi l'unico modo per tornare con risultati concreti è fermare chiunque e fargli un controllo pignolo delle dotazioni di bordo.

E' un'applicazione un po' sommaria della giustizia, con peccatori veniali che pagano caro e peccatori mortali se la cavano, ma al mondo (e in Italia in particolare) non c'è niente di perfetto.

Da cittadino italiano, dunque, non sono mai stato sconvolto da questi fatti.
Nella vita terrena (nel senso di terraferma) ci succede quotidianamente di doverci trarre da parte sull'autostrada per l'arrivo perentorio, pubblicizzato da lampeggi furiosi, di un pacco di vetture lanciate ad oltre duecento chilometri orari. Certo, occupare la corsia di sorpasso ad una velocità di tachimetro di centocinquantacinque chilometri orari costituisce grave intralcio! Avremo modo di scoprire lo scarto del nostro tachimetro quando ci viene contestato il "nostro" eccesso di velocità di ben dodici chilometri orari ma, purtroppo, non sapremo mai l'ordine di arrivo dei corridori. Comunque, per un po', staremo ben attenti a non superare i centoquaranta (di contachilometri) perché, a noi, la patente serve... Dunque, siamo vaccinati e, in fondo, sappiamo che, se il limite è 130, non possiamo giustificarci col fatto che c'è chi lo supera più di noi.

In realtà, la maggioranza degli Italiani vuole rispettare le leggi e non è affatto dispiaciuta quando l'autorità effettua i controlli. Sulla strada, la possibilità di un controllo ci fa cambiare al più presto lampadina fulminata dello stop, ci fa ricordare di esporre il tagliando dell'assicurazione, insomma ci aiuta ad essere automobilisti più ligi e responsabili. Ma, sulla strada, un controllo dura pochi minuti: se assicurazione, libretto, vettura, etc. sono a posto, si viene cordialmente congedati, in fretta.

In acqua, le cose cambiano. Il diportista con famiglia su un gommone o su un barchino è, per definizione, in vacanza, in costume da bagno ed in posizione scomoda e d'inferiorità oggettiva rispetto alla motovedetta i cui uomini in divisa lo guardano, fisicamente, dall'alto in basso.

Il professore di lettere, seminudo e intimorito, si ritrova a balbettare davanti ad ordini perentori impartitigli dall'imberbe di leva in divisa. La signora, a disagio, si affretta ad indossare un copricostume. I ragazzi siedono rigidi sul bordo del tubolare, capiscono che non è il momento di azzardare capricci. Lui rovista, con mani tremanti, la borsa delle dotazioni alla ricerca dell'estintore, rimasto in fondo, sotto i giubbetti ma, anche dopo averlo trovato, viene redarguito dal giovane sottufficiale che comanda il poderoso mezzo: "l'estintore deve essere sempre a portata di mano, perché possa essere usato rapidamente in caso di necessità". Nonostante l'esordio, alla fine tutto bene. Sudato e rosso in viso non tanto per il solleone quanto per la tensione, il professore non ringrazia il Cielo per essersela cavata senza sanzioni: per lui, un castigo ben peggiore è stata la brutta figura che ha fatto davanti alla famiglia. Unica consolazione: alla scena non ha assistito nessun suo alunno. Forse, in un colloquio più paritetico, il professore avrebbe potuto spiegare che sul gommone, tre metri e quaranta con due adulti e due ragazzi, non era riuscito a trovare un posto che consentisse un pronto uso per l'estintore. Magari, il giovane sottufficiale gli avrebbe potuto consigliare di fissare allo specchio di poppa, con un paio di viti inox, la gabbietta di plastica che vendono con l'estintore, indicandogli addirittura il posto migliore per evitare graffi a gambe e piedi e ricordandogli di usare un elastico per fissarlo meglio (altrimenti si corre il rischio di vederselo volare via). Due potevano essere i risultati: o si trovava un posto razionale e sicuro per l'estintore, o si verificava, inequivocabilmente, che l'unico posto adatto all'estintore era nella sacca dotazioni. Senza mortificare nessuno.

Ormai, storie del genere (quella del professore è ovviamente di fantasia, ma ispirata a fatti realmente accaduti) dovrebbero appartenere al passato. Non tanto per la tendenza, dichiarata "politicamente" da anni, di ridurre drasticamente i controlli delle dotazioni sulle barche in navigazione (con il ricorso a strumenti preventivi come la verifica, a terra, delle dotazioni ed il rilascio di un contrassegno che certifica la loro completezza), quanto per la nuova normativa che, graduando le dotazioni in base alla navigazione che si effettua, rende questi controlli meno proficui dal punto di vista sanzionatorio.

Cerchiamo di meritarcelo questo "rilascio di briglia".

Gabriele Orsini ©

Paesi di cui si narra un'estrema liberalità sulle norme per la nautica da diporto hanno anche loro cose analoghe o, se ancora non le hanno, il dibattito sulla loro adozione è molto serrato e vicino ad una conclusione in questo senso.Non crediamo di essere gli unici tartassati
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