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Va' a pija' l'acqua

Sardegna anni 80, il campeggio più gommonautico del mondo nel posto più baricentrico al mondo per la massima goduria gommonautica.

Granito rosa, acqua smeraldo, tramonti di sogno, costa frastagliatissima ed isole distanti poche miglia, migliaia di calette, un solo nemico: il vento. Quando va bene s'alza impetuosetto dall'una alle sei e mezza e rappresenta un buon cimento, se s'alza invece il Maestrale (3, 6, 9, .... giorni) sono black cabbagesCavoli neri!
Trecento fra tende e roulottes, centocinquanta gommoni.

Rose e fiori? Decisamente, ma qualche problema c'è sempre.

Alle sei, complice la luce e la voglia di mare, sono sulla scogliera a rimirare l'amato gommone e la quiete irreale che c'è a quell'ora. Siamo in pochi a saperlo, ma, fra le 6 e le 7, gli occhi si riempiono di paradiso.
Poi comincio a friggere, appena apre il bar del campeggio mi precipito a prendere latte e cornetti per tutti, cerco in tutti i modi di sollecitare la ciurma insonnolita: se partiamo presto viaggiamo meglio, arriviamo prima, troviamo il mare più calmo, ci scegliamo con comodo la spiaggia più bella (la concorrenza ad agosto è spietata).
Inutile: fra una cosa e l'altra, non si riesce a partire prima delle 10, 10 e mezza. Tutti i giorni, verso le nove, annuncio la mia intenzione di andare avanti a "sgommonare", con un'implicita raccomandazione...
Tutti i giorni, dopo aver sganciato il gommone dal corpo morto, passo un'oretta a tenerlo al guinzaglio vicino alla spiaggia dell'imbarco.

Non sono certo il solo. E' un'occasione di socializzazione per i capitani. Presumo che tutti, come me, friggono, ma l'argomento "partenza mattiniera" non si tocca mai (e poi dicono che la lingua batte dove il dente duole!). Solo, ogni tanto, scappa qualche sospiro d'invidia quando un equipaggio salpa.

La signora, giovane ed elegante, stracarica di borse, scende lentamente verso la spiaggia. Due bimbetti le zampettano intorno e le danno un bel daffare a tirarli su ogni volta che cadono o a riprenderli quando deviano dal ripido sentiero che porta alla spiaggia.
E' ancora ad un centinaio di metri quando si rivolge con voce dolce e rassegnata, inaspettata considerando le difficoltà che sta affrontando, al marito che, come me, sta da tempo immerso fino alla cintola a tenere il gommone per la cima di prua.
L'erre moscia che le conferisce un certo stile. "
Giorgio, hai preso l'acqua?". Risposta del mio vicino, evidentemente contrariato dalla lunga attesa e dal fatto che ormai solo una ventina di gommoni sono ancora alla boa: "E' 'n'ora ch'aspetto, ma quanto c.. ve ce vo' pe' preparavve? E' tardi, porca p..." Un mio concittadino, evinco, ma penso anche che non è il caso di disturbarlo né di fare alcun apprezzamento circa l'educazione di Oxford o Cambridge, visto che il suo viso ha assunto quasi istantaneamente un colore rosso-porpora, molto eloquente sul suo stato d'animo.

La signora, evidentemente più preoccupata di un'eventuale carenza delle scorte idriche che delle coronarie del marito, si ferma e ripete la domanda: "Giorgio, hai preso l'acqua?".
Stavolta, tono e testo della risposta "
Brutta str...., te voi move?" bloccano ogni altra attività nel raggio di duecento metri. Nel silenzio creatosi, tutti si voltano a guardare i due. Imperterrita (ed impavida), la signora: "Si, Giorgio, va bene, però, ... hai preso l'acqua?".

Non so se e come sia continuato quel tenero e familiare colloquio; un po' tutti, a quel punto, ci siamo distratti, dedicandoci ad attività essenziali ed impegnative, come osservare il volo degli uccelli, fare un nodo alla cimetta, immergersi in acqua pettinandoci i capelli all'indietro, controllare il numero delle pale dell'elica, etc..

Da allora, comunque, nel nostro entourage, Va' a pija' l'acqua significa.....

Gabriele Orsini ©