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Il Cothon in una fotografia aerea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagini del Cothon

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(tratto da Mozia, Una colonia fenicia in Sicilia, di J.I.S. Whitaker)

Parte II

CAPITOLO V

ILCOTHON DI MOZIA

Anche se era un'isola e circondata dalle acque proprie - giacchè pare che nessun'altra città o colonia esisteva a quei tempi sulle rive di quella baia interna che potesse disputarne o anche dividerne il diritto di proprietà - da nessuna fonte risulta che Mozia abbia avuto un porto o uno scalo di alcun genere: né, come abbiamo già notato quando abbiamo parlato dell'assedio e della caduta (1), risulta che la cittadina isolana abbia posseduto una flotta, di navi da guerra o commerciali.

Sebbene forse dipendesse, specialmente durante i suoi ultirni giorni, del tutto o in parte, per la protezione sul mare, da Cartagine, e probabilmente senza navi da combattimento sue proprie, Mozia deve lo stesso aver svolto un intenso commercio marittimo, e pertanto avere avuto presumibilmente una flotta mercantile, della misura e dell'importanza, si suppone, degna della città ricca e prospera che siamo portati a credere essa fosse in quel periodo. Sapendo anche quali marinai audaci ed appassionati fossero i Fenici e la loro notevole intraprendenza nel commercio e negli affari, non ci possiamo immaginare i Moziesi senza navi di alcun genere.

Ammettendo che tutta la baia circostante sia stata considerata come il porto di Mozia, una "tutto-porto" che ben meritava tale nome in condizioni clirnatiche normali, vi è comunque ragione di credere che l'isola abbia avuto anche un ancoraggio meno esposto delle spiagge aperte, qualche insenatura riparata, in cui le imbarcazioni potessero rifugiarsi trovandosi in difficoltà per il tempo e dove si sarebbero potute eseguire opere di riparazione se non di vera costruzione. Anche se le acque dello "Stagnone" sono abbastanza calme e placide col bel tempo, possono essere talvolta mosse e, se il vento fresco soffia verso il mare, si può levare un mare grosso a tal punto da tendere insicuro l'ancoragg'io nella rada aperta.

Non è stata perciò una sorpresa tanto grande, come, si potrebbe pensare, la scoperta di una baia del genere con il suo porticciolo, mentre la sorpresa è derivata dal fatto che la sua identità non era stata precedentemente riconosciuta, pur se il bacino era rimasto sempre aperto per tutti questi secoli.

La domanda, comunque, che ne consegue, è se il porticciolo che è stato ora rinvenuto sarà stato sufficiente alle esigenze di una città come Mozia, o se non è probabile che sia esistito in un'altra parte dell'isola un altro porto, alquanto simile, forse, a quello già trovato.

Può darsi che si sia fatto uso un tempo, così come oggi, del luogo in cui sono situati l'attuale punto di attracco ed il molo di Mozia, cioè il punto lungo la costa orientale che è più vicino alle coste della terraferma: il fatto che qui forse sia preesistito un altro accesso alla città avvalora tale supposizione; ma è difficile che vi sia stato un porto in questa zona aperta e senza riparo. Nelle vicinanze, comunque, e a poca distanza verso sud dall'attuale punto d'attracco, la linea costiera curva un po' all'interno, formando una piccola baia naturale; un abbassamento nel terreno immediatamente sopra e dietro questa sinuosità suggerisce la possibilità che un tempo vi sia stato un altro piccolo porto.

Questa, comunque, si deve francamente confessare, è solo mera congettura e fino ad oggi non vi sono prove certe per concludere che a Mozia vi sia stato un tempo un altro porto oltre quello già scoperto. Ulteriori indagini alla fine chiariranno questo punto in un modo o nell'altro.

Nel frattempo la scoperta già fatta non è di scarsa importanza, perché oltre a fornire una prova press'a poco conclusiva dell'esistenza di navi moziesi, è in se stessa un chiarimento estremamente interessante di un Cothon fenicio o porto interno artificiale (2).

Malgrado le pareti del bacino manchino in gran parte degli strati superiori, le fondamenta sono ancora più o meno intatte, mentre le banchine da entrambe le parti del canale che porta al mare sono ancora abbastanza ben conservate, e, preso nel complesso, questo piccolo porto rivela probabilmente i tratti della sua costruzione originaria più di quanto facciano la maggior parte dei pochi porti fenici scoperti sino ad oggi.

Pare che si sappia un po' di più del Cothon di Cartagine che della maggior parte di questi antichi porti interni, anche se pare che neanche questi siano stati studiati completamente. Altri Cothona che esistevano lungo questa parte della costa nord africana sono quelli di Utica, Hadrumetum, Thapsus, e Mehedia, mentre abbastanza recentemente è stato portato alla luce un altro di questi porti a Lebda, l'antica Leptis Magna (2).

Quest'ultimo Cothon è stato sino ad oggi esplorato solo in parte, quindi si può dire ben poco, ancora, su di esso tranne che è situato alla foce di un piccolo corso d'acqua che sbocca nel mare in questo punto e che pare sia stato un porto di una certa importanza.

Il Cothon originale di Utica, o almeno quello che pare sia stato il più antico dei suoi porti - perché, secondo ricerche recenti ad Utica ne sono stati costruiti altri ed anche più grandi negli anni successivi (4) -, assomiglia al nostro Cothon di Mozia nella forma rettangolare ed oblunga, anche se abbastanza più ampio. Le sue misure erano infatti circa m. 103 di lunghezza per m. 33 di larghezza. Quello che costituiva probabilmente il porto più recente di Utica e costituiva il suo Cothon militare, era una costruzione molto più grande e complessivamente molto più importante, del tipo del Cothon militare di Cartagine perché aveva gli angoli delle banchine arrotondati ed un piccolo isolotto nel mezzo del bacino su cui si trovava una costruzione fortificata, che si suppone sia stata il palazzo o castello dell'ammiraglio (5).

Come il primo Cothon di Utica, anche quello di Mehedia si presenta di forma rettangolare ed oblunga, della misura di circa m. 147 di lunghezza per m. 73 di larghezza, con un'apertura al mare ampia circa 13 metri (6).

Sembrerebbe che il porto a forma rettangolare sia stato una forma di costruzione antica, mentre quello con le banchine curvilince, sarà stato introdotto in un'epoca successiva.

La somiglianza tra il Cothon più antico di Utica ed il nostro porto di Mozia è interessante e, aggiunta ad altri punti simili che pare vi siano stati tra le due colonie, potrebbe portare a pensare che non vi sia stata molta differenza, forse nessuna, tra le date delle rispettive fondazioni. Non si sa se la diffusione della colonizzazione fenicia nel Mediterraneo occidentale avvenne lungo la costa nord africana dall'Egitto, o se venne dal nord, attraverso la Sicilia, sebbene il fatto che non siano state trovate tracce cli colonizzazioni fenicie sulla costa nord africana tra l'Egitto e Leptis Magna fa tendere a favore di questa seconda ipotesi. Mozia, come le colonie nord africane, sarebbe stata fondata dai Tirii.

Il piccolo porto che è stato recentemente scoperto a Mozia si trova non lontano dalla porta a sud del suo bastione occidentale, mentre il canale che collega il porto con il mare aperto passa tra le fortificazioni immediatamente contigue a quest'ultima costruzione.

Il bacino è di forma rettangolare e misura m. 51 di lunghezza per m. 37 di larghezza. La profondità delle acque è oggi insignificante ed è non più di circa un metro o un metro e mezzo; ma penetrando nel fango del fondo lo scandaglio rivela una profondità di oltre tre metri in alcune parti. Non è comunque facile precisarne l'esatta profondità, a causa dell'enorme quantità di fango che vi si è accumulata durante i secoli scorsi. Non appena si è capito che il bacino era un porto. sono state trasportate via con carri diverse tonnellate di fango ed è stato eseguito anche un lavoro di dragaggio, ma ancora rimane da portare via molto più fango (7).

Anche se non si può considerare grande rispetto ad un porto odierno, senza dubbio questo bacino era abbastanza ampio da accogliere un consistente numero di navi mercantili che erano in uso ai tempi dello splendore di Mozia, e costituiva probabilmente un rifugio per le piccole imbarcazioni col tempo cattivo, oltre che servire nel caso occorressero opere di riparazione.

Per molti anni il bacino di acqua aperta, visto che era stato ostruito dai depositi fangosi confluitivi per secoli, e reso cosi relativamente basso, è stato usato come salina, e, come è stato già accennato in un capitolo precedente, era noto comunemente con il nome di "La Salinella". In un particolare momento sarà servito come una piscina, o vasca per l'allevamento del pesce, soprattutto durante il possesso dell'isola da parte dei Gesuiti.

Il canale, o corso d'acqua navigabile, che collega il porto al mare, aperto solo recentemente, si presentava come un semplice taglio tra la melma e tra le alghe che si erano ivi accumulate e non mostrava traccia alcuna del molo, o banchina ben costruita che era rimasta nascosta da entrambe le parti, costruzione che risale senza dubbio allo stesso periodo delle mura di fortificazione che vi si trovano adiacenti (8).

L'ampiezza del canale è stata probabilmente ridotta di proposito in tempi recenti, per adattarlo alle esigenze della salina. La sua larghezza originaria, da quello che si può vedere oggi, non era minore in ogni sua parte di sette metri circa, ma questa misura forse non era uniforme per tutta l'intera lunghezza del canale, e sembrerebbe che verso l'ingresso stesso del bacino sia stata più ampia. La lunghezza totale del canale, dalla costa alla bocca del porto, è di circa trenta metri ed,è pavimentata con grandi lastre di pietra squadrata per un lungo tratto della sua estensione.

Le banchine ai lati del canale sono costruite con grandi blocchi di arenaria ben lavorata; pare che il medesimo materiale sia stato usato per la costruzione delle pareti del porto stesso, sebbene, come è stato già notato, oggi manchino molte parti degli strati superiori di esso il cui materiale senza dubbio sarà stato trasportato altrove per altre costruzioni.

Vicino alla bocca del porto una parte delle banclúne ha ceduto ed è crollata nel canale, ma fortunatamente una buona parte di queste costruzioni è ancora in buono stato di conservazione.

Alla distanza di circa cinque metri dal mare, ed esattamente lungo una linea tra le mura di fortificazione su ogni lato delle banchine, queste ultime rivelano tracce di un cancello o ponte levatoio che le attraversava e chiudeva il varco attraverso il canale quando occorreva. Così una parte delle banchine era all'interno della linea delle mura della città, mentre un'altra parte ne era fuori.

Il fondo del canale immediatamente tra le mura in questo luogo è concavo e arrotondato ai lati.

Anche qui, come nel caso della porta a sud, vi sono chiari segni degli sforzi compiuti dai cittadini Moziesi nel tentativo di difendersi durante il grande assedio, perché si vede come un varco attraverso il suo fondale, allo scopo di evitare quanto più efficacemente a qualche imbarcazione di entrare nel porto. Si fece ricorso a tale espediente probabilmente perché si rivelò come una forma di ostruzione più adatta e affidabile rispetto al ponte levatoio.

Ad ovest dell'ingresso del canale, e nel punto che costituisce la parte estrema sud-occidentale dell'isola, si trovano i resti di una torre avanzata, che mostrano alcuni massicci blocchi non lavorati simili a quelli delle torri dell'ingresso a nord: mentre tra il canale e questa torre avanzata si vedono, sparsi al suolo, altri merli arrotondati, come quelli trovati vicino alla porta sud.

Sembra che le fortificazioni e le altre costruzioni lungo la costa sud dell'isola, con l'eccezione, forse, della torre di cui abbiamo appena parlato, nell'angolo sud-ovest, siano tutte di uno stesso stile architettonico, e risalgono probabilmente allo stesso periodo.

Quando era ancora integro, questo fronte meridionale, con la sua porta e le torri e le mura che si estendevano in una linea retta da est ad ovest per oltre duecento metri, avrà certamente offerto una vista eccezionalmente bella e grandiosa.

Si può ricostruire nel pensiero ed anche immaginare il piccolo porto di Mozia pieno di imbarcazioni, con le navi pittoresche dei tempi fenici intente all'opera di carico e scarico delle merci, e le banchine coperte di balle di mercanzie ed affollate di vita attiva.

Ai giorni nostri il mare immediatamente fuori dal canale che conduce al porto è molto poco profondo così come lo è generalmente per tutto lo Stagnone; ma gli scandagli rivelano che originariamente la profondità sarà stata maggiore di quanto non sia adesso. Uscendo ancora oltre, comunque si incontra dell'acqua più profonda, specialmente lungo tortuosi canali, che oggi vengono usati (senza dubbio lo erano anche nei tempi passati) per la navigazione di imbarcazioni di stazza maggiore.

Con l'eccezione di un'esplorazione condotta parzialmente alle spalle della porta a sud, di cui è stata fatta menzione nel capitolo precedente, non sono stati effettuati ancora scavi in questa zona, allo scopo di accertare quali edifici vi siano stati nei pressi del porto e tra questo e la porta a sud. Considerando comunque che questa zona costituiva probabilmente il centro della vita marinara della città, sembra probabile che sarà stata occupata soprattutto da darsene, magazzini ed edifici simili collegati col traffico marittimo.

Visto che si trovano così intimamente collegate, si potrebbe quasi accoppiare l'accesso al porto con la porta a sud, ed arrivare persino a chiedersi perché siano dovute esistere due comunicazioni con il mare così vicine tra di loro. (n.d.t. v. Schema E allegato) Poteva la porta esere stata riservata ai passeggeri, mentre le banchine del porto servivano solo per il traffico delle merci? La Fig. 23 mostra il Cothon ed il canale di accesso prima di essere stati aperti del tutto.

NOTE

(1) Vide ante, Parte I, Capitolo VI.

(2) "Cothona sunt portus non naturales, sed manu et arte facti" (Servius, I, 1), e cothona sono i nomi greco e latino per porti di questo genere costruiti artificialmente. Non pare che la parola nella sua accezione originaria sia stata incontrata ancora nelle lingue fenicia o ebrea.

(3) S. Aurigemma, Notiziario Archeologico, I (1915), p. 46, Fig. 10.

(4) Appiano, VIII, 75.

(5) Daux, Vue d'Utique restaurée telle qu'elle était en l'an 46 avant notre ère.

(6) R.L. Playfair, Handbook, Tunis (1895), p. 331.

(7) Il dragaggio e la rimozione di materiale fangoso accumulato per secoli, come in questo caso, non è affatto un'operazione facile, per non parlare del fatto che potrebbe rivelarsi pericolosa per le sue esalazioni tossiche. La morte del conte C. Borgia mentre esplorava i Cothona di Cartagine pare che sia da addebitarsi ai miasmi e pare che le indagini di Beulé in quel luogo siano state limitate per lo stesso motivo.

(8) Si trova un'allusione al canale del Cothon nel Mothye - Lilybaeum (p. 61) di Schubring, sebbene pare che l'autore abbia immaginato qui la presenza di una strada, che era tagliata per permettere il passaggio dell'acqua.