La favola dei ricchi innocenti

Dicono gli esperti della campagna elettorale che Silvio Berlusconi avrà molti voti perché la gente pensa che "chi è già ricco non ruba". Una panzana accreditata nei millenni da tutti i governi aristocratici, da tutte le plutocrazie al potere. La tesi dei ricchi che non rubano è legata a un'economia della miseria, quando il furto per eccellenza era quello dei polli, evitato dai ricchi che avevano i pollai pieni. Ma è, o dovrebbe essere evidente, che ogni grande fortuna ha avuto inizio da un furto o, come diceva Brecht, che ogni fondazione di una banca equivale a una rapina. Molto demagogico e semplicista, ma anche vero.

Le ricchezze da furto sono le più solide, si perpetuano nei secoli con altri furti: ci sono le famiglie nobili romane padrone di terre e di case che arrivano in linea diretta dai patrizi di Roma antica, e le europee che hanno tenuto duro nell'appropriazione indebita dal tempo dei crociati. Il privilegio dei ladri ricchi è che possono rubare legalmente perché, essendo ricchi, controllano il potere politico, per cui grazie a leggi, da essi stessi volute e promulgate, possono arraffare impunemente. Per decenni da noi c'è stata una legge che, per favorire la ricerca, dava alle imprese sussidi ed esenzioni fiscali. Quasi tutti li usavano per ripianare o rimpinguare i bilanci e la ricerca la lasciavano ad altri paesi da cui comperavano i brevetti. Di recente una legge, la Tremonti, ha esentato dalle tasse gli investimenti produttivi. Ci sono stati ricchi che hanno fatto passare per investimenti i film che avevano in magazzino o i terreni acquistati per costruirci ville.

Ogni anno la criminalità organizzata raggranella dai centocinquantamila ai duecentomila miliardi. Chi li ricicla? Gli impiegati del catasto? Gli operai della Fiat? Probabilmente no, probabilmente ci pensa il sistema creditizio, cioè le banche, cioè i signori del denaro. La storia umana è popolata di illustri personaggi come Cesare, come Alessandro il Macedone, che arrivarono alla gloria salendo su furti giganteschi. Napoleone conquistava l'Europa facendosi finanziare da banchieri di cui mmoltiplicava la fortuna e a sentire Slobo Milosevic anche le guerre dei Balcani erano fondate sui furti. I cristianissimi re di Francia e di Spagna tosavano le monete fino a rubare la metà del loro valore, la Compagnia delle Indie rubava per la classe alta inglese in interi continenti, dopo il furto planetario del colonialismo è venuto quello del globalismo. Chi sono i suoi autori? Quelli che guadagnano sul lavoro minorile dell'Indonesia o del Pakistan o gli impiegati del catasto, i pensionati di Quarto Oggiaro? Un ricco che non ruba direttamente o per interposta società è un ricco inesistente. Ma se volete potete pure votarlo. È la democrazia, bellezza.
(FATTI NOSTRI - Giorgio Bocca)
Il Venerd́ di Repubblica - 13/04/2001
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