Fra il peccato e il reato

Chissà se nell'infinito travaglio della sinistra italiana alla ricerca di un'identità, qualcuno proverà a riflettere sul valore della laicità. Non sarà di moda, in tempi di Giubileo, quando il Papa mette la tiara perfino sul Primo Maggio, la festa dei lavoratori. Ma perché mai? In cambio di che cosa? C'è la possibilità di un'alternanza, per esempio Sergio Cofferati che parla della flessibilità dalla finestra di San Pietro, la domenica mattina?

Lo spettacolo di una sinistra che pur di raccattare qualche voto nelle parrocchie svende qualsiasi principio comincia a diventare deprimente. Uno dei punti più bassi è stato raggiunto col dibattito sulla scuola privata, dove la sinistra storica è stata scavalcata perfino da Oscar Luigi Scalfaro, uno che ha visto la Madonna in persona.

E dire che il prezzo pagato dai cittadini alla confusione dei ruoli fra Stato e Chiesa rimane salato, soprattutto in Italia, ma non soltanto. Basta pensare agli effetti devastanti che ha prodotto il proibizionismo, ovvero la pretesa di trasferire il concetto religioso di "peccato" nelle leggi di una democrazia. Una società giusta e libera dovrebbe preoccuparsi di proibire poche cose, in sostanza la violenza e il furto, in ogni forma. Ma le nostre leggi, gravate da pregiudizi religiosi , sono piene di divieti. Per secoli è stato un reato l'omosessualità, fino a pochi anni fa lo sono stati il divorzio e l'aborto, con danni enormi per la società. Per le stesse ragioni oggi le leggi continuano a proibire la droga, la prostituzione, il gioco, che saranno pure vizi (non più gravi del tabagismo o dell'alcolismo) ma non sono reati. Con il risultato di alimentare i mercati clandestini e dunque la mafia. Anzi le mafie. Non a caso, i mafiosi sono in generale molto devoti. In questo modo, trasformando un peccato o un vizio in un reato, si alimenta la vera delinquenza, aumentano gli omicidi, le violenze e i furti. Questi sono i pedaggi che la società civile paga alle ingerenze religiose, altro che l'otto per mille.

Un discorso simile si potrebbe fare per l'immigrazione. che oltre a non essere un reato non è neppure un "vizio" o un "peccato", ma una semplice necessità. Qui non è servito neppure lo sforzo di un Papa particolarmente intelligente e per giunta figlio d'una terra di emigranti. Sta avanzando l'idea malata e oscurantista di poter "proibire" l'immigrazione e la politica cosiddetta progressista fa poco per combatterla. È un'idea d'origine religiosa e destinata a portare rovina e ad arricchire le mafie. La questione riguardo agli immigrati non è quanti respingerne ma come strutturare la società italiana in modo da accoglierne il maggior numero possibile, visto che alternative non esistono e nessuno può illudersi, se non qualche matto con la camicia verde, di poter fermare migrazioni epocali a colpi di mitra. Semmai, occorrono gli arsenali nucleari. Ma forse perfino Haider e la cattolica Carinzia avrebbero qualche scrupolo.

Il perbenismo della nuova sinistra e il populismo della nuova destra hanno reso ormai impossibile ragionare su questi temi, oltre la superficie scivolosa di uno slogan. Ci sarebbe spazio per una vera forza libertaria, se i signori Pannella e Bonino non fossero troppo impegnati, come tutti, a tessere le lodi del mercato.

(CONTROMANO - Curzio Maltese)
Il Venerdì di Repubblica - 19/05/2000
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