Se la borsa vale più della vita

Ma cos'è questa "legittima difesa" che stende sull'asfalto un morto al giorno, di solito giovanissimo, riscuotendo, se non l'applauso, certo il tacito consenso, quando non addirittura il sostegno morale della gente "perbene", che quindi si riconosce in questi atti estremi che segnano con la morte la sorte della vittima, e spesso con il rimorso a vita la sorte dell'aggredito?

Nel giro di quattro giorni prima un medico a Napoli fredda un giovane rapinatore che impugnava una pistola giocattolo, poi un poliziotto, in auto con la sua fidanzata, uccide un rapinatore di sedici anni, quindi un negoziante riduce in fin di vita un pregiudicato di sedici anni ora ricoverato con poche speranze al Cardarelli di Napoli, infine un padre che, per difendere i suoi due figli discotecari che l'avevano chiamato in soccorso, non esita ad ammazzare due buttafuori e a spedirne un terzo all'ospedale di Gallarate.

Che significa questo uso disinvolto delle pistole, tutte legittimamente denunciate, che spediscono all'ospedale o all'altro mondo giovani vite, sradicate senz'altro.

Ma perché? E soprattutto che significa quel "pensiero freddo" che spinge un medico, un commerciante, un padre di famiglia a procurarsi il porto d'armi per poi usare l'arma in quel cortocircuito emotivo che si viene a creare quando un giovane aggressore vuol portarti via la macchina o il denaro, se non che per te la tua macchina e il tuo denaro valgono più della vita dell'altro?

In questo giro stretto di botta e risposta, senza un attimo di riflessione, perché nei poligoni di tiro che sempre più numerosi vanno diffondendosi, si è imparato che l'unica riflessione utile è la concentrazione sul bersaglio, chi aggredisce e chi si difende hanno in comune la convinzione che la borsa val più della vita.

E questa è la conclusione a cui può giungere ciascuno di noi se la cultura che si va diffondendo, anche per effetto della globalizzazione, sembra indicare quale unico valore il procacciamento del denaro e la sua difesa.

Ma quando il denaro, legale o illegale che sia, diventa l'unico vincolo di convivenza di quegli agglomerati che, senza più usi, costumi e tradizioni culturali, solo per pigrizia mentale continuiamo a chiamare "città", allora è prevedibile che aumenti in modo spasmodico il terrore per l'azione criminale. In questo sospetto, che si affaccia alla soglia della nostra coscienza si radica il "pensiero freddo" della legittima difesa che poi nel cortocircuito emotivo dell'azione e reazione semina le sue vittime.

Se questa lettura, che vede nel primato del denaro sui valori espressi dal territorio la vera causa che fa temere il diffondersi della criminalità e di conseguenza la contromisura della cosiddetta "legittima difesa", allora è bene sapere e far sapere a quanti invocano l'incrudimento delle misure più elementari, che sono poi quelle a sfondo repressivo, che il territorio non lo si garantisce solo con il controllo delle forze dell'ordine, ma soprattutto rinsaldando quel tessuto sociale, depositario di usi, costumi e tradizioni che rendono fiduciario e non diffidente il rapporto con il prossimo.

Ma per questo bisogna lavorare sui processi di immigrazione da rendere compatibili con i processi di inserimento, sui processi di emarginazione da ridurre con le pratiche di recupero, bisogna lavorare xulla scuola che in termini di educazione soffre molto di più di quanto non si creda quando si riduce il problema alla diatriba tra pubblico e privato, bisogna lavorare sulla vita delle carceri per evitare di coltivare un'umanità che quando sarà libera, lo sarà solo per delinquere, bisogna meglio curare i programmi televisivi che, dicono le statistiche, distribuiscono sui vari canali venti delitti all'ora.

E infine bisogna lavorare sulla formazione della rappresentanza politica affinché l'ira dei cittadini non diventi uuna semplice occasione di propaganda per i politici più demagogici, più interessati a soddisfare l'emotività della gente che a risolvere i problemi. Ma per risolvere i problemi bisogna averne individuato le vere cause, che sono più complesse di quelle elementari che la gente invoca quando chiede di chiudere le carceri con dieci mandate e blindare i confini all'insegna del "fuori l'immigrato". O quando, in assenza di queste misure, saltando tutti i passaggi della società civile su cui finora è cresciuta la nostra sicurezza, entrano in un negozio d'armi, vanno al poligono di tiro per addestrarsi alla pratica del "fai da te" alla prima occasione.

Il problema della criminalità è un problema serio, ma non è possibile trovare vere soluzioni se non se ne individuano le vere cause che non sono certo da cercare nella libertà provvisoria concessa ai microcriminali, nel mancato coordinamento delle forze dell'ordine, o nell'afflusso dei disperati senza pace e senza cibo che, secondo alcuni, dovrebbero accettare tranquillamente di morire nelle loro terre di fame e di guerra per rendere più tranquilla la nostra sicurezza.

Queste non sono le vere cause, ma semmai solo le conseguenze di quella vera causa che è la globalizzazione economica, la quale detta le leggi del mondo a partire da quell'unico valore che è il denaro. Questo, avendo una libertà di circolazione transterritoriale, misconosce territori, confini e frontiere che, insieme alla legge, sono stati fino a oggi le maggiori garanzie di sicurezza.

Già oggi merci e denaro percorrono le vie del mondo più liberi dell'uomo, e rispetto a loro l'uomo trova il proprio riconoscimento solo come funzionario delle merci e funzionario del denaro. Funzionari legali, come quelli che vanno in fabbrica o in ufficio, funzionari illegali come quelli che, ai bordi della città, premono con le loro pratiche di capitalizzazione selvaggia che da sempre sono la prostituzione, l'usura, il commercio della droga e delle armi, la rapina e il crimine.

Capiamo tutti che non basta premere il grilletto della pistola per risolvere questi problemi, anche se più o meno intuiamo tutti che sono proprio questi problemi a innescare il "pensiero freddo" che porta all'acquisto della pistola che poi spara a caldo, lasciando intatti, se non addirittura esasperando, i problemi che sono a monte di simili comportamenti impulsivi.

Ma che la "vita" valga meno della "roba" è ormai opinione diffusa, e la gente che, quando non esplicitamente, tacitamente approva questo pericoloso "fai da te", non fa che confermare questa scala di valori, inerpicandosi sulla quale, non si tarderà ad arrivare a quella violenza che non diminuirà la paura nella città, ma costringerà ciascuno a camminare vicino al prossimo come vicino a un potenziale aggressore, studiando accuratamente i propri gesti e le proprie parole, per non scatenare la sua paura.

di Umberto Galimberti
dalla Repubblica di sabato 9/12/2000

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