Codice deontologico
Forense
PREAMBOLO
L’avvocato
esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per
tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza
delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i
fini della giustizia.
Nell’esercizio
della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai
principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla
libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità
del giudizio e del contraddittorio.
Le
norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi
valori.
TITOLO
I
PRINCIPI
GENERALI
ART.
1. Ambito di applicazione - Le norme
deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività,
nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
ART.
2. Potestà disciplinare - Spetta
agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e
proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le
sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto
della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze,
soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
ART.
3. Volontarietà dell’azione - La
responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri ed alla
volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto
di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando
siamo mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la sanzione
deve essere unica.
ART.
4. Attività all’estero e attività in
Italia dello straniero - Nell’esercizio di attività professionali
all’estero, che siano consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato
italiano è tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui viene
svolta l’attività.
Del
pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in
Italia, quando questa sia consentita, è tenuto al rispetto delle norme
deontologiche italiane.
ART.
5. Doveri di probità, dignità e decoro
- L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di
probità, dignità e decoro.
I°
- Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia
imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, salva
ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.
II°
- L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non
riguardanti l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione
professionale o compromettano l’immagine della classe forense.
III°
- L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale non può
assumere o mantenere la difesa di altra parte nello stesso procedimento.
ART.
6. Doveri di lealtà e correttezza -
L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e
correttezza.
I°
- L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con
mala fede o colpa grave.
ART.
7. Dovere di fedeltà - È dovere
dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I°
- Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che
compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
ART.
8. Dovere di diligenza - L’avvocato
deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza.
I°
- In particolare, il difensore può svolgere indagine difensive quando ciò
appaia necessario ai fini della difesa del proprio assistito, indipendentemente
dalla formale assunzione della qualità di persona sottoposta alle indagini,
nonché dopo il formarsi del giudicato.
ART.
9. Dovere di segretezza e riservatezza
- È dovere, oltreché diritto, primario e fondamentale dell’avvocato
mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che
siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in
dipendenza del mandato.
I°
- L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei
confronti degli ex-clienti, sia per l’attività giudiziale che per l’attività
stragiudiziale.
II°
- La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si
rivolga all’avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia
accettato.
III°
- L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale
anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano
nello svolgimento dell’attività professionale.
IV°
- Il difensore può fomire ai sostituti, collaboratori di studio, consulenti ed
investigatori privati gli atti processuali necessari per l’espletamento
dell’incarico, nonché le informazioni in suo possesso, anche nell’ipotesi
di intervenuta segretazione dell’atto.
V°
- Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di
alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a)
per lo svolgimento delle attività di difesa;
b)
al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato
di particolare gravità;
c)
al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e
assistito;
d)
in un procedimento concemente le modalità della difesa degli interessi
dell’assistito.
In
ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente
necessario per il fine tutelato.
ART.
10. Dovere di indipendenza -
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di
conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni
o condizionamenti esterni.
I°
- L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera
personale.
II°
- L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione.
III°
- Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che
stabilisca con soggetti che esercitano il recupero crediti per conto terzi patti
attinenti a detta attività.
ART.
11. Dovere di difesa - L’avvocato
deve prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli
organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I°
- L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò sia
possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore
di fiducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il
difensore d’ufficio deve essere retribuito a nomma di legge.
II°
- Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare
attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso
per la prestazione di tale attività.
ART.
12. Dovere di competenza -
L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con
adeguata competenza.
I°
- L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanti impeditive alla
prestazione dell’attività richiesta, valutando, per il caso di controversie
di particolare impegno e complessità, l’opportunità della integrazione della
difesa con altro collega.
II°
- L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la
competenza a svolgere quell’incarico.
ART.
13. Dovere di aggiornamento professionale
- È dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione
professionale, conservando ed accrescendo le conoscenze con particolare
riferimento ai settori nei quali è svolta l’attività.
ART.
14. Dovere di verità - Le
dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di fatti
obiettivi, che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato,
e di cui l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere.
I°
- L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false. In
particolare, il difensore non può assumere a verbale né introdurre
dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia essere false.
II°
- L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto
dei provvedimenti richiesti, nella presentazione di istanze o richieste sul
presupposto della medesima situazione di fatto.
ART.
15. Dovere di adempimento previdenziale e
fiscale. - L’avvocato deve provvedere agli adempimenti previdenziali e
fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.
I°
- In particolare l’avvocato è tenuto a corrispondere regolarmente e
tempestivamente i contributi dovuti agli organi forensi e all’ente
previdenziale.
ART.
16 . Dovere di evitare incompatibilità.
- È dovere dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative alla
permanenza nell’albo, e comunque, nel dubbio, richiedere il parere del proprio
Consiglio dell’ordine.
I°
- Costituisce infrazione disciplinare l’aver richiesto l’iscrizione
all’albo in pendenza di cause di incompatibilità non dichiarate, ancorché
queste siano venute meno.
ART.
17. Informazioni sull’esercizio
professionale - È consentito all’avvocato dare informazioni sulla propria
attività professionale, secondo correttezza e verità, nel rispetto della
dignità e del decoro della professione e degli obblighi di segretezza e di
riservatezza.
I°
- L’informazione può essere data attraverso opuscoli, carta da lettera,
rubriche professionali e telefoniche, repertori, reti telematiche, anche
diffusione internazionale.
II°
- È consentita l’indicazione nei rapporti con i terzi di propri particolari
rami di attività.
III°
- È consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto
parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente
previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia consenso
unanime dei suoi eredi.
IV°
- In ogni caso l’attività di informazione consentita deve essere attuata in
modo veritiero e nel rispetto dei doveri di dignità e decoro.
ART.
18. Rapporti con la stampa - Nei
rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve
ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare dichiarazioni e
interviste, sia per il rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza
verso la parte assistita, sia per evitare atteggiamenti concorrenziali verso i
colleghi.
I°
- Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’interesse dello
stesso, può fornire notizie agli organi di informazione e di stampa, che non
siano coperte dal segreto di indagine.
II°
- Costituisce violazione della regola deontologica, in ogni caso, perseguire
fini pubblicitari anche mediante contributi indiretti ad articoli di stampa;
enfatizzare le proprie prestazioni o i propri successi; spendere il nome dei
clienti; offrire servizi professionali; intrattenere rapporti con gli organi di
informazione e di stampa al solo fine di pubblicità personale.
ART.
19. Divieto di accaparramento di
clientela - È vietata l’offerta di prestazioni professionali a terzi e in
genere ogni attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a
mezzo di agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti.
I°
- L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un
onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la
prestazione di un cliente.
II°
- Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di prestazioni a
terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o
incarichi.
ART.
20. Divieto di uso di espressioni
sconvenienti ed offensive - Indipendentemente dalle disposizioni civili e
penali, l’avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti ed offensive
negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei
confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei
terzi.
I°
- La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono
l’infrazione della regola deontologica.
ART.
21. Divieto di attività professionale
senza titolo o di uso di titoli inesistenti - L’iscrizione all’albo è
requisito necessario ed essenziale per l’esercizio dell’attività giudiziale
e stragiudiziale di assistenza e consulenza in materia legale e per l’utilizzo
del relativo titolo.
I°
- Sono sanzionabili disciplinarmente l’uso di un titolo professionale in
mancanza dello stesso ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o
in periodo di sospensione:dell’infrazione risponde anche il collega che abbia
reso possibile direttamente o indirettamente l’attività irregolare.
TITOLO
II
RAPPORTI
CON I COLLEGHI
ART.
22. Rapporto di colleganza in genere
- L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento
ispirato a correttezza e lealtà.
I°
- L’avvocato è tenuto a rispondere con sollecitudine alle richieste di
informativa del collega.
II°
- L’avvocato, salvo particolari ragioni, non può rifiutare il mandato ad
agire nei confronti di un collega, quando ritenga fondata la richiesta della
parte o infondata la pretesa del collega; tuttavia è obbligo dell’avvocato
informare appena possibile il Consiglio dell’ordine delle iniziative
giudiziarie penali e civili da promuovere nei confronti del collega per
consentire un tentativo di conciliazione, salvo che sussistano esigenze di
urgenza o di riservatezza; in tal caso la comunicazione può essere anche
successiva.
III°
- L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega.
La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il
consenso di tutti i presenti.
ART.
23. Rapporto di colleganza e dovere di
difesa nel processo - In particolare, nell’attività giudiziale,
l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di
difesa, salvaguardando in quanto possibile il rapporto di colleganza.
I°
- L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e in ogni
altra occasione di incontro con i colleghi.
II°
- L’avvocato deve opporsi alle richieste processuali avversari di rinvio delle
udienze, di deposito documenti o quant’altro, quando siano irrituali o
ingiustificate e comportino pregiudizio per la parte assistita.
III°
- L’avvocato deve adoperarsi per far corrispondere dal proprio assistito le
spese e gli onorari liquidati in sentenza a favore del collega avversario.
IV°
- Il difensore che riceva incarico di fiducia dall’imputato è tenuto a
comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato
d’ufficio, il mandato ricevuto.
V°
- Nell’esercizio del proprio mandato l’avvocato può collaborare con i
difensori degli altri imputati, anche scambiando informazioni, atti e documenti,
nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge.
VI°
- Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il proprio
co-difensore in ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto
dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della
strategia processuale.
ART.
24. Rapporti con il Consiglio
dell’ordine - L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio
dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per
l’attuazione delle finalità istituzionali, osservando scrupolosamente il
dovere di verità. A tal fine ogni iscritto è tenuto a riferire al Consiglio
fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della
giustizia, che richiedano iniziative o interventi collegiali.
I°
- Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta
dell’iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di
osservazioni e difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur
potendo tali comportamenti essere valutati dall’organo giudicante nella
formazione del proprio libero convincimento.
II°
- Tuttavia, qualora il Consiglio dell’ordine richieda all’iscritto
chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato da una
parte o da un collega tendente ad ottenere notizie o adempimenti
nell’interesse dello stesso reclamante, la mancata sollecita risposta
dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III°
- L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’ordine deve adempiere
l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse della collettività
professionale.
ART.
25. Rapporti con i collaboratori dello
studio - L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare
la preparazione professionale, compensandone la collaborazione in proporzione
all’apporto ricevuto.
ART.
26. Rapporti con i praticanti -
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività ed a
favorire la proficuità della pratica forense al fine di consentire
un’adeguata formazione.
I°
- L’avvocato deve fornire al praticante un’adeguato ambiente di lavoro,
riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato
all’apporto professionale ricevuto.
II°
- L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel
libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indugere a
motivi di favore o di amicizia.
III°
- È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai praticanti
di svolgere attività difensiva non consentita.
ART.
27. Obbligo di corrispondere con il
collega - L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la
controparte che sia assistita da altro legale.
I°
- Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o
intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può
essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro inviandone
copia per conoscenza al legale avversario.
II°
- Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti
di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza
informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
ART.
28. Divieto di produrre la corrispondenza
scambiata con il collega - Non possono essere prodotte o riferite in
giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza
contenente proposte transattive scambiate con i colleghi.
I°
- È producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia stato
perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione.
II°
- È producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento
delle prestazioni richieste.
III°
- L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata
tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla
al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi
criteri di riservatezza.
IV°
- L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare
inizio ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
ART.
29. Notizie riguardanti il collega -
L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla posizione personale del
collega avversario, e così l’utilizzazione di notizie relative alla sua
persona, è tassativamente vietata, salvo che abbia essenziale attinenza con i
fatti di causa.
I°
- L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti negativi
sull’attività professionale di un collega e in particolare sulla sua condotta
e su suoi presunti errori o incapacità.
II°
- L’avvocato non può formulare giudizi sullo stato di una causa, salvo che il
collega incaricato della stessa vi consenta.
ART.
30. Obbligo di soddisfare le prestazioni
affidate ad altro collega - Salvo diversa pattuizione, l’avvocato che
scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di
rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non adempia la
parte assistita.
ART.
31. Obbligo di dare istruzioni al collega
e obbligo di informativa - L’avvocato è tenuto a dare tempestive
istruzioni al collega corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare
tempestivamente al collega informazioni dettagliate sull’attività svolta e da
svolgere.
I°
- L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere preventivamente
comunicata e consentita.
II°
- È fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire direttamente una
controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato
l’incarico.
III°
- L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel
modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando non
appena possibile il collega che gli ha affidato l’incarico.
ART.
32. Divieto di impugnazione della
transazione raggiunta con il collega - L’avvocato che abbia raggiunto con
il patrono avversario un accordo transattivo accettato dalle parti deve
astenersi dal proporre impugnativa giudiziale della transazione intervenuta,
salvo che l’impugnazione sia giustificata da fatti particolari non conosciuti
o sopravvenuti.
ART.
33. Sostituzione del collega
nell’attività di difesa - Nel caso di sostituzione di un collega nel
corso di un giudizio, per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale
dovrà rendere nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza
pregiudizio per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte le legittime
richieste per le prestazioni svolte.
I°
- L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione nel mandato
avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al nuovo difensore tutti gli
elementi per facilitargli la prosecuzione della difesa.
ART.
34. Responsabilità dei collaboratori,
sostituti e associati - Salvo che il fatto integri un’autonoma
responsabilità, i collaboratori, sostituti e ausiliari non sono
disciplinarmente responsabili per il compimento di atti per incarichi specifici
ricevuti.
I°
- Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile
soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifici
commessi.
TITOLO
III
RAPPORTI
CON LA PARTE ASSISTITA
ART.
35. Rapporto di fiducia - Il rapporto
con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
I°
- L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro avvocato
che la difenda. Qualora sia conferito da un terzo, che intenda tutelare
l’interesse della parte assistita ovvero anche un proprio interesse,
l’incarico può essere accettato soltanto con il consenso della parte
assistita.
II°
- L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire
con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che
in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale.
ART.
36. Autonomia del rapporto -
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel
miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e
dei principi deontologici.
I°
- L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose,
né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da
nullità.
ART.
37. Conflitto di interessi -
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale
quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito.
I°
- Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di un
nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da
altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte
avvantaggi ingiustamente un nuovo assistito, ovvero quando lo svolgimento di un
precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di
un nuovo incarico.
II°
- L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie
familiari deve astenersi dal prestare la propria assistenza in controversie
successive tra i medesimi in favore di uno di essi.
ART.
38. Inadempimento al mandato -
Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato, ritardato o
negligente compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non scusabile
e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.
I°
- Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con diligenza e
sollecitudine; ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali
deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero
incaricare della difesa un collega, il quale, ove accetti, è responsabile
dell’adempimento dell’incarico.
ART.
39. Astensione dalle udienze -
L’avvocato ha diritto di partecipare alla astensione dalle udienze proclamata
dagli organi forensi in conformità con le disposizioni del codice di
autoregolamentazione e delle norme in vigore.
I°
- L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione
deve informare preventivamente gli altri difensori costituiti.
II°
- Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a seconda
delle proprie contingenti convenienze. L’avvocato che aderisca
all’estensione non può dissociarsene con riferimento a singole giornate o a
proprie specifiche attività, così come l’avvocato che se ne dissoci non può
aderirvi parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività
professionali.
ART.
40. Obbligo di informazione -
L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto
dell’incarico delle caratteristiche e della importanza della controversia o
delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione
possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito
sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni
qualvolta l’assistito ne faccia richiesta.
I°
- Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle
previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo.
II°
- È obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità del
compimento di determinati atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o
altri effetti pregiudizievoli.
III°
- Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto di
quanto appreso nell’esercizio del mandato.
ART.
41. Gestione di denaro altrui -
L’avvocato deve comportarsi con puntualità e diligenza nella gestione del
denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari ovvero
ricevuto per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di rendeme
sollecitamente conto.
I°
- Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo strettamente
necessario le somme ricevute per conto della parte assistita.
II°
- In caso di deposito fiduciario l’avvocato è obbligato a richiedere
istruzioni scritte e ad attenervisi.
ART.
42. Restituzione di documenti -
L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza ritardo alla parte
assistita la documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento del
mandato quando questa ne faccia richiesta.
I°
- L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso
della parte assistita, solo quando ciò sia necessario ai fini della
liquidazione del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento.
ART.
43. Richiesta di pagamento - Di norma
l’avvocato richiede alla parte assistita l’anticipazione delle spese e il
versamento di adeguati acconti sull’onorario nel corso del rapporto e il
giusto compenso al compimento dell’incarico.
I°
- L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati
all’attività svolta e comunque eccessivi.
II°
- L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato,
in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto formale
riserva.
III°
- L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o
all’adempimento di particolari prestazioni il versamento alla parte assistita
delle somme riscosse per conto di questa.
IV°
- È consentito all’avvocato concordare onorari forfettari in caso di
prestazioni continuative di consulenza ed assistenza, purché siano
proporzionali al prevedibile impegno e non violino i minimi inderogabili di
legge.
ART.
44. Compensazione - L’avvocato ha
diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute dalla parte assistita o
da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso al cliente; può anche
trattenere le somme ricevute, a titolo di pagamento dei propri onorari, quando
vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando si tratti di somme
liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari
ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita, ovvero quando abbia
già formulato una richiesta di pagamento espressamente accettata dalla parte
assistita.
I°
- Al di fuori dei casi indicati ovvero in caso di contestazione l’avvocato è
tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme
riscosse per conto di questa.
ART.
45. Divieto di patto di quota lite -
È vietata la pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di corrispettivo della
prestazione professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una
percentuale rapportata al valore della lite.
I°
- È consentita la pattuizione scritta di un supplemento di compenso, in
aggiunta a quello previsto, in caso di esito favorevole della lite, purché sia
contenuto in limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito.
ART.
46. Azioni contro la parte assistita per
il pagamento del compenso - L’avvocato può agire giudizialmente nei
confronti della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni
professionali, previa rinuncia al mandato.
ART.
47. Rinuncia al mandato -
L’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato.
I°
- In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un
preavviso adeguato alle circostanze, e deve informarla di quanto è necessario
fare per non pregiudicare la difesa.
II°
- Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli alla nomina di un
altro difensore, nel rispetto degli obblighi di legge l’avvocato non è
responsabile per la mancata successiva assistenza, pur essendo tenuto ad
informare la parte delle comunicazioni che dovessero pervenirgli.
III°
- In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la rinuncia al
mandato con lettera raccomandata alla parte assistita all’indirizzo anagrafico
e all’ultimo domicilio conosciuto. Con l’adempimento di tale formalità,
fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra
attività, indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia effettivamente
ricevuto tale comunicazione.
titolo
IV
RAPPORTO
CON LA CONTROPARTE,
I
MAGISTRATI E I TERZI
ART.
48. Minaccia di azioni alla controparte
- L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere
particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari,
denunce o altre sanzioni, è consentita, quanto tenda a rendere avvertita la
controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere;
è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate
azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I°
- Quando si ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio
studio, prima di iniziare un giudizio, è opportuno precisare che la controparte
può essere accompagnata da un legale di fiducia.
II°
- È consentito l’addebito a controparte di competenze e spese per l’attività
prestata in sede stragiudiziale, purché a favore del proprio assistito.
ART.
49. Pluralità di azioni nei confronti
della controparte - L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime
iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non
corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.
ART.
50. Richiesta di compenso professionale
alla controparte - È vietato richiedere alla controparte il pagamento del
proprio compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica
pattuizione, con l’accordo del proprio assistito, e in ogni altro caso
previsto dalla legge.
I°
- In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla controparte il
pagamento del proprio compenso professionale nel caso di avvenuta transazione
giudiziale e di inadempimento del proprio cliente.
ART.
51. Assunzione di incarichi contro ex
clienti - L’assunzione di un incarico professionale contro un ex cliente
è ammessa quando sia trascorso un ragionevole periodo di tempo e l’oggetto
del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza e non vi sia
comunque possibilità di utilizzazione di notizie precedentemente acquisite.
I°
- La ragionevolezza del termine deve essere valutata anche in relazione
all’intensità del rapporto clientelare.
ART.
52. Rapporti con i testimoni -
L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze
oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire
deposizioni compiacenti.
I°
- Resta ferma la facoltà di investigazione prevista dal codice di procedura
penale, nei modi e terrnini fissati dagli organi forensi.
II°
- In particolare il difensore che intenda convocare la persona informata sui
fatti deve procedere per mezzo di invito scritto, salvi i casi di urgenza, e
deve informare la persona che depone dell’importanza civile e morale delle
dichiarazioni che intende rendere. Il difensore deve raccogliere tutte le
dichiarazioni rese, utilizzando anche la registrazione fonografica o
audiovisiva, con il consenso espresso dell’interessato.
ART.
53. Rapporti con i magistrati - I
rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto
quali si convengono alle reciproche funzioni.
I°
- Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del giudizio civile in
corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale
avversario.
II°
- L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve
rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla
incompatibilità.
III°
- L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di
familiarità o di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze.
In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti
nell’esercizio del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze
persone.
ART.
54. Rapporti con arbitri e consulenti
tecnici - L’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con arbitri e
consulenti tecnici a correttezza e lealtà, nel rispetto delle reciproche
funzioni.
ART.
55. Arbitrato - L’avvocato che
abbia assunto la funzione di arbitro deve rispettare i doveri di indipendenza e
imparzialità.
I°
- Per assicurare il rispetto dei doveri di indipendenza e imparzialità,
l’avvocato non può assumere la funzione di arbitro rituale o irrituale, né
come arbitro nominato dalle parti né come presidente, quando abbia in corso
rapporti professionali con una delle parti in causa o abbia avuto rapporti che
possono pregiudicarne l’autonomia. In particolare dell’esistenza di rapporti
professionali con una delle parti l’arbitro nominato presidente deve rendere
edotte le parti stesse, rinunciando all’incarico ove ne venga richiesto.
II°
- In ogni caso, l’avvocato deve comunicare alle parti ogni circostanza di
fatto ed ogni rapporto particolare di collaborazione con i difensori, che
possano incidere sulla sua autonomia, al fine di ottenere il consenso delle
parti stesse all’espletamento dell’incarico.
ART.
56. Rapporto con i terzi -
L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con rispetto nei
confronti del personale ausiliario di giustizia, del proprio personale
dipendente e di tutte le persone in genere con cui venga in contatto
nell’esercizio della professione.
I°
- Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha il dovere
di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere
la fiducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri
professionali e nella dignità della professione.
ART.
57. Elezioni forensi - L’avvocato
che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad
organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza,
evitando forme di pubblicità ed iniziative non consone alla dignità delle
funzioni.
ART.
58. La testimonianza dell’avvocato
- Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone
su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e
inerenti al mandato ricevuto.
I°
- L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola
sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II°
- Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare al
mandato e non potrà riassumerlo.
ART.
59. Obbligo di provvedere
all’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi -
L’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
I°
- L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione
assume carattere di illecito disciplinare, quando, per modalità o gravità, sia
tale da compromettere la fiducia dei terzi nella capacità dell’avvocato di
rispettare i propri doveri professionali.
TITOLO
V
DISPOSIZIONE
FINALE
ART.
60. Norma di chiusura - Le
disposizioni specifiche di questo codice costituiscono esemplificazioni dei
comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione dei
principi generali espressi.