Dati tecnici:
Lunghezza: 12 Km circa
Difficoltà: media
Durata: 5 ore circa
Dislivello: 250 s.l.m.
L'itinerario “Punta Tresino” è senza dubbio da
annoverare tra i non plus ultra dei percorsi cilentani e si rivolge a coloro che
vogliono assaporare il Parco in tutte le sue sfaccettature: la natura amena e
incontaminata, un paesaggio costiero mozzafiato, la tipica architettura
contadina che si accompagna a straordinarie emergenze archeologiche, il tutto
accompagnato dall'aura immortale che il mito e la storia hanno lasciato su
queste floride terre.
Partiremo dalla famigerata spiaggia di “Trentova” (uno
dei caposaldi marini intorno a cui è stato costruito il Parco) e già verrebbe
voglia di fermarsi, per godere di uno scenario davvero da sogno.
Ci decidiamo a partire con la convinzione che molti altri
angoli di paradiso si apriranno davanti ai nostri occhi.
A proposito di paradiso vale la pena fare una prima
divagazione: poco più in là della baia dalla quale muoviamo è possibile
scorgere lo “scoglio di S. Francesco”, meta di insegnamento del Patrono
d'Italia secondo taluni.
Si racconta che nemmeno le mareggiate più impetuose
riescano a nasconderlo alla vista dei fedeli, nonostante le sue modeste
dimensioni...
Legato il nostro immaginario filo di Arianna al solitario
“scoglio di Trentova”, ci inoltriamo nella vegetazione.
Questa si presenta dapprima rada, quasi pirenaica, per poi
andare addensandosi, a ridosso della costa sempre più frastagliata.
Tra un mare di Lecci, Ontani, Ginestre, Mirti, Lentischi e
le più varie essenze della macchia mediterranea, il cammino è un continuo
alternarsi tra la ricerca di scorci panoramici sul mare e tentativi di
ossigenare al massimo i polmoni, nel turbinìo di profumi che la natura ci
regala.
Di tanto in tanto compare un casale di campagna
abbandonato, segnale di un'antica tradizione feudale e latifondista.
Queste costruzioni, talvolta diroccate talatra in ottimo
stato, costituiscono un tratto caratterizzante del percorso.
Numerose sono le discese al mare che ci tentano.
prospettandoci uno splendido bagno nelle acque limpidissime che, dall'alto dei
50-60 metri s.l.m. del tracciato, possiamo ben scorgere.
Accanto ad una di queste si erge un casale settecentesco,
che subito ci appare più imponente degli altri.
Immerso in un ampio pianoro a strapiombo sul mare risulta
in sé di notevole attrazione.
Adiacente ad esso però v'è un'attrattiva di maggiore
spessore: i resti di una grande villa romana (III-II sec. a.c.), visibili ma
carichi di mistero e tutti da esplorare.
Il cammino, invero lineare, subisce una brusca variazione
allorchè ci troviamo di fronte il “Vallone”,
ampia insenatura scavata dallo scorrere di un torrente che guadiamo agevolmente.
Il “Vallone”, antico ed agevole approdo, è noto per
la fonte d'acqua sorgiva alla quale anche noi ci rifocilliamo.
Al ritorno sul margine della collina arriviamo al primo
nodo cruciale del percorso: Punta Tresino.
Tresino è il nome anche del colle sul quale ci troviamo
e, come spesso capita nella toponomastica di questi luoghi, indica una
connotazione geografica: Tres Sinus ovvero tre piccoli golfi, formati da quattro
promontori, altrettanti porti frequentati da millenni (Pastina a nord, Staino ad
ovest, Lago a sud).
E' possibile un'ulteriore derivazione del nome,
riconducibile ai Trezeni, Greci che circa 2500 anni addietro popolarono queste
terre così simili alla loro patria.
Sulla punta del monte ecco i ruderi di una torre
d'avvistamento, la cui presenza un po' ci meraviglia.
Non dovrebbe essere così, trovandosene decine sulla costa
cilentana, ma essendo normalmente presìdi contro le incursioni saracene ed
essendo stata la vicina Agropoli un Ribat saraceno (ovvero una testa di ponte),
la sua ragion d'essere primaria ci viene meno...
Da qui (abbiamo percorso un quarto dell'itinerario)
l'ampio sentiero lascia il passo ad una viuzza di appena mezzo metro.
Spesso siamo costretti a scostare la vegetazione per poter
passare.
Un lungo tratto percorso in una natura davvero amena e
incontaminata ci porta al giro di boa, dove il promontorio di “Punta del
diavolo” e la torre “del Pagliarolo ci dicono che è ora di salire in quota
(circa 200 metri s.l.m.) e tornare indietro.
Lo scorcio che possiamo ammirare è un'altra perla della
giornata, tale è la vastità dello specchio di mare che porta da Punta Licosa
ad Agropoli per chiudersi in lontananza con Punta Campanella e Capri, passando
per la costiera amalfitano-sorrentina.
La salita è graduale e ci porta, accompagnati dalla
occasionale vista di numerosi altri casali, al villaggio di S. Giovanni, antico
borgo (risalente al X sec. d.c.) ormai abbandonato da circa cinquant'anni.
Il centro del paese, con l'immensa chiesa, le stalle e
l'ampia piazza lastricata in pietra ci immergono in un mondo puro e bucolico,
così apparentemente lontano eppure così vicino ai nostri cuori.
Da qui si intraprende l'ultimo quarto del viaggio, il più
dolce per il nostro procedere: una lunga ma moderata discesa, immersa nella
vegetazione che ad arco si chiude sulle nostre teste e, di tanto in tanto, svela
uno scenario inusuale: l'azzurro del mare visto da un'ambientazione tipicamente
e stranamente montana.
L'arrivo alla baia di Trentova costituisce l'apice della
giornata, condito com'è da un bagno ristoratore in queste acque che si fregiano
di un “mare” di riconoscimenti ( Bandiera blu, Vele di Legambiente,
Patrimonio Mondiale dell'umanità-Unesco, Sito di interesse comunitario, Riserva
di Biosfera-MAB).
Alla fine ci risulta difficile capire quale dei nostri
sensi risulti più soddisfatto per le emozioni vissute.