Des Geneys Andrea Giorgio

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Ammiraglio piemontese

Ammiraglio piemontese (Chiomonte 1761, Genova 1839). Valoroso Comandante nella lotta contro i pirati barbareschi che infestavano il mediterraneo, partecipò all'assedio di Tolone e cadde prigioniero dei francesi nella battaglia delle isole Hyéres (1794). Dopo Marengo,annesso il Piemomte alla Francia, seguì in Sardegna Vittorio Emanuele I che gli affidò la difesa marittima dell'isola. Con la restaurazione ebbe incarichi diplomatici per le trattative di Vienna (1815) e fu governatore di Genova (1820), poi comandante della marina militare sarda che riorganizzò su solide basi.

LA SUA STORIA A LA MADDALENA

Lo spirito marinaro dei maddalenini mise le ali proprio negli anni in cui più nere si addensavano le nubi sul regno sardo-piemontese e le vicende internazionali, dominate nelle convulsioni che la Francia rivoluzionaria imprimeva all'Europa, minacciando di spazzarlo via dalla scena del mondo.

Gia all'indomani delle belle vittorie di Cagliari e de La Maddalena, la coscienza di se e del proprio valore portò nei Sardi oscuri moti di inquietudine che sfociarono in una vera e propria insurrezione nella capitale dell'isola: si chiedeva il ripristino di antichi privilegi e soprattutto si pretendeva che gli impieghi governativi e pubblici fossero coperti da Sardi , e ne fossero esclusi elementi "importati" dal continente. Sul finire del 1793, l'imbelle Vicerè Balbiano fu caricato a viva forza dai Sardi su una nave veneziana e spedito a Livorno; nel viaggo fece tappa a La Maddalena, dove la presenza nella Marina di tanti isolani arruolati sulle navi, garantiva un punto di forza per il governo. Il Vicerè comunque proseguì l'itinerario previsto, liberando la Sardegna dal suo debole e inconcludente governo: i poteri furono assunti Dalla Reale Udienza, cioè dall'ordine giudiziario locale, e quindi per un certo tempo l'isola si autogovernò, sia pure in nome di S.M. il re.

Negli anni immediatamente successivi, la scena europea incominciò ad essere solcata dall'astro napoleonico. Nel 1796, Bonaparte appena nominato Generale Comandante dell'esercito francese in Italia, invase il Piemonte e Re Vittorio Amedeo fu costretto a firmare l'armistizio di Cherasco il 28 aprile e il trattato di pace di Parigi il 15 maggio. La Cessazione delle ostilità e le disastrose condizioni economiche dello Stato gli imposero la smobilitazione di gran parte delle truppe e in particolare della Marina, di cui rimasero in servizio soltanto una trentina di uomini.

Morto il Re Vittorio Amedeo, in quello stesso anno, gli succedette Carlo Emanuele IV che si trovò a regnare con i francesi in casa e con i confinanti stati di Lombardia e Liguria in aperta e continua ostilità. Anzi, nel 1798, la Repubblica Ligure gli dichiarava guerra e alla fine dell'anno la Francia si annetteva il Piemonte e i suoi territori liguri di sbocco sul mare.

Il Re fu costretto a riparare esule in Sardegna.

Era evidente che l'unica difesa dall'esterno poteva essere affidata alla flotta, ma questa era in condizioni, come si era accennato, più che precarie. I nemici di cui si aveva ragione di temere erano la Francia e i Barbareschi, eternamente presenti lungo tutte le coste . Il 3 settembre 1798 un orda di oltre mille tunisini si scatenò contro l'isola di San Pietro, nell'arcipelago del Sulcis, devastando Carloforte e facendo schiava quasi tutta la popolazione; nella vicina Cagliari non v'era nemmeno una nave sarda da mandare in soccorso. Il valoroso Vittorio Porcile, che pure era carlofortino, stazionava con i pochi legni di Sua Maestà a La Maddalena e nulla potè fare per salvare i propri isolani. Ancora nel '99 una squadra tunisina assaltò La Maddalena mentre le navi sarde erano in Missione: l'isola fu salva per l'eroismo dei suoi abitanti, comandati da Agostino Millelire, capitano del porto, che misero in fuga gli aggressori. l'altro incombente pericolo era connesso alle mire francesi sulla Sardegna per il dominio del Mediterraneo, mire che nonostante la clamorosa sconfitta subita nelle acque di Abukir nell'agosto 1798 ad opera della flotta inglese guidata da Nelson, andavano di pari passo con l'accrescersi della potenza napoleonica in Italia: conquistata tutta la penisola, la Sardegna sabauda era un anacronismo e una spina nel fianco del del Grande Corso, specie per la simpatia mai celata dei Savoia per gli inglesi.

Intorno alla meta del '99, Re Carlo Emanuele scrisse al Grande Nelson presso la corte borbonica di Napoli, dove l'ammiraglio si rifaceva delle sue ferite e fatiche tra le braccia di Lady Emma Hammilton, chiedendogli di far stazionare qualche nave della sua flotta nelle acque della Sardegna. Nelson rispose affabilmente, senza tuttavia promettere, se non un generica assicurazione verbale al latore della missiva del Re che "se mai la flotta francese minacciasse la Sardegna egli correrebbe ad affrontarla, e a combatterla....".

Non restava che accontentarsi della minuscola flotta sarda, la "squadretta", come ripetutamente con affetto la chiama l'insigne storico della marina Emilio Prasca nella sua opera "L'ammiraglio Des Geneys e i suoi tempi", guida preziosa su molti particolari di quest'epoca.

Essa era affidata fino al 1799 a Vittorio Porcile ed era composta dalla mezzagalera "Santa Barbara", dal brigantino "San Vittorio", dalla goletta "San Filippo", dalle gondole "Sardinia, Bilancello, ardita e S. Maurizio" e dallo sciabecco "Vittorio Emanuele". A questa si aggiunse in quell'anno la galera "Santa Teresa", comprata dal duca d'Aosta a Livorno e inviata a Cagliari so tto il comando di Giorgio Andreas Des Geneys, al quale il re affidò anche il comando in capo della Marina Sarda per anzianità di servizio rispetto al capitano di Fregata Porcile. Quella di Des Geneys è una delle più nobili figure nella storia del tempo; a lui va indubbiamente riconosciuto di aver fondato la Marina Militare Sarda, e in definitiva, italiana.

Nacque a Chiamonte presso Cuneo nel 1761 dal Barone Giovanni Agnes Des Geneys, al quale la moglie Cristina dei conti di Pinasca diede ben dodici figli e di cui sei maschi, tutti avviati alla carriera militare.

Il nostro, entrò in marina a 12 anni come guardiamarine di 2° classe a bordo della fregata "San Carlo" e a 19 era già lungotenente. Ebbe il suo primo comando a 21 anni sulla mezza galera "Beata Margherita", dopo essersi distinto in alcune difficili azioni contro i barbareschi a bordo della fregata "San Vittorio". Nel 1785 venne nominato comandante superiore della flotta e e nell'89 aiutante di campo del Vicerè Thaon di Revel marchese di Sant'Andrea a Cagliari.; l'anno dopo assunse anche l'incarico di comandante di quel porto.

Tornato in mare, partecipò alle complesse vicende della guerra contro la francia, distinguendosi sempre per eroismo e per intelligenza strategica e diplomatica; per un certo periodo la flotta sarda si unì a quella inglese della quale faceva parte Nelson con l' "Agamemnon".

Dopo la conquista francese di Tolone, Des Geneys, cadde prigioniero a bordo della fregata "Alceste" catturata dai francesi; la prigionia durò più di due anni, fino alla fine della guerra.

Le carriere militari di Des Geneys e Nelson, più anziano del primo di soli tre anni, corrono parallele per tutta la fase della giovinezza: anche Nelson entrò in marina a 12 anni ed ebbe il primo comando a 21, percorrendo più o meno le stesse tappe del suo collega piemontese, con la non trascurabile differenza che egli prestava servizio nella flotta più potente del mondo, mentre Des Geneys fu allevato fra le ristrettezze della più povera. Entrambi furono dei geni, ma mentre in Nelson si sviluppò un'eccezionale facoltà di visione strategica, accompagnata da un coraggio illimitato, nell'italiano invece maturò la straordinaria capacità organizzativa, insieme con la dimensione dell'ottimo amministratore, come si conviene a chi sempre si trovò a fare i conti col centesimo. Entrambi erano di un innata facilità di rapporto con i sottoposti, di una comunicativa immediata che li faceva istintivamente amare e rispettare. Entrambi erano profondamente umani, ma nell'intrasigente esercito della disciplina e della giustizia; non si conosce di loro un solo favoritismo.

Nell'età matura, Nelson costruì la vittoria per la sua patria, Des Geneys costruì la Marina, cioè la difesa per una patria non ancora definita nei suoi confini territoriali, ma che si sentiva prepararsi negli eventi del mondo.

Per entrambi Napoleone era il nemico da battere, mentre il servizio al propio Re era l'unico assoluto ideale al quale dedicarono la vita.

Eppure, nonostante queste affinità di destino, e pur apprezzando le reciproche qualità, i due grandi uomini non si capirono mai e, quando si trovarono insieme a La Maddalena, evitarono accuratamente ogni rapporto.

Nel 1799 era stato nominato Vicerè di Sardegna Carlo Felice, fratello di Re Carlo Emanuele, di cui erano noti il profondo attaccamento all'isola e la tempra energica; Il Re frattanto, di ben più modesto temperamento, errava esule tra le corti di Napoli, toscana e Pontificia, cercando appoggi per una futura restaurazione nei sui domini.

Quando Des Geneys assunse il pesante incarico di Comandante della Marina Sarda, ebbe almeno nel Vicerè un interlocutore attento e appassionato, anche del tutto privo di mezzi, col quale intraprendere la sua opera di gestione.

La Storia di quegli anni, così bene tratteggiata dal Prasca nella sua opera, è tutto un intreccio di calcoli per tenere in servizio il minimo di difese sufficenti alla difesa dell'isola, facendo ruotare l'armamento delle poche navi e tenendone alcune in disarmo, costruendo piccole torri litoranee di difesa, la dove non si poteva giungere con i navigli, controllando al centesimo la manutenzione dei legni, le munizioni, il vitto dei marinai, scovando fonti di possibile finanziamento. L'autore citato riporta un'elenco di tali fonti da una relazione di Des Geneys di qualche anno più tardi, che mi sembra molto interessante: Sussidio ecclesiastico, Peschiere, Tonnare, Diritti di ancoraggio, Diritti di tonnellaggio, Prodotto bolle, Diritto di spedizione, Coralline, Fondi provenienti dalla vendita di corallo e altre tasse.

Ma come mantenere una difesa valida con le entrate di uno Stato ormai ridotto alla sola Sardegna con non più di 300.000 sudditi, per lo più poverissimi? Eppure ciò che non risultava possibile con la logica della matematica, Des Geneys lo realizzò con la conoscenza degli uomini e l'intuizione strategica e organizzativa, e Carlo Felice con la diplomazia.

Des Geneys intuì che il cuore della difesa marittima del regno era La Maddalena e il suo arcipelago, e ciò non soltanto per la felicissima posizione strategica, ma per la vocazione marinara dei suoi abitanti. Conosceva tutto di la Maddalena e delle bocche di Bonifacio, per avervi prestato servizio a bordo della "Beata Margherita" e conosceva l'indole eroica, disciplinata e autonoma degli uomini dell'isola imbarcati sulle navi di Sua Maestà. Di Questi uomini l'Ammiraglio scriverà al Re, dieci anni più tardi, di poter sempre contare su di loro a un solo suo cenno, "Come ho già avuto più volte prova di sperimentare essendo tutta la popolazione accorsa in massa quando sono stati da me richiesti.".

E il Prasca commenta che, "per iniziativa e impulso di Des Geneys , la piccola isoletta delle bocche di Bonifacio andava trasformandosi in quell'incomparabile vivaio di eccellenti marinai da guerra che sino ai giorni nostri rimane". Nello stabilire a La Maddalena la base della Marina all'inizio del secolo, Des Geneys sapeva anche di poter fare pieno affidamento sul comandante di quella piazza, Agostino Millelire, che tante prove di valore e di fedeltà aveva già dato. Nel 1802 Re Carlo Emanuele abdico in favore del fratello Vittorio Emanuele I, di lui ben più vigoroso e fiero e subito dopo il Vicere Carlo Felice e il suo ammiraglio misero in moto una penetrante opera di convincimento per il potenziamento della flotta. Così nell'anno successivo, quest'ultimo potè andare a Napoli a ritirare due nuove mezze-galere, "Aquila" e "Falco", cedute a prezzo moderato da quella corte alla Sardegna, e nuovi cannoni per la "Santa Teresa".

Per la lotta contro i barbareschi e i contrabbandieri, Des Geneys si adoperò anche alla fortificazione del porto di Porto Torres e della costa settentrionale oltre a far effettuare un minuzioso e continuo pattugliamento delle bocche di Bonifacio dalla squadretta di La Maddalena.

Dal canto loro, sia il nuovo sovrano sia il fratello Vicere di Sardegna non avevano mai cessato di intrattenere ottimi rapporti con l'Inghilterra, anche quando negli ultimi due anni, la sua flotta era stata estromessa dal Mediterraneo dall'avanzata di Napoleone.

Tale Attività diplomatica sortì i suoi effetti quando il Paese amico decise di riprendere il dominio su questo mare, affidando a Horatio Nelson il comando supremo della flotta Mediterranea.

trefrecceDX.gif (3829 byte)                     Domenico Millelire    Tommaso Zonza    Hortahio Nelson