Il leccio è l'albero più importante della foresta sempreverde mediterranea. Questa quercia prospera ovunque gli inverni siano miti e le estati calde e asciutte. In Italia è presente su tutte le coste ad eccezione del litorale adriatico-padano, (da Ravenna sino alle foci del Tagliamento).
Il leccio domina anche la vegetazione dei versanti meridionali delle Alpi marittime e dell'Appennino ligure, e le quote più basse dei rilievi della Toscana, del Lazio, dell'Umbria e della Campania, ed è presente ai piedi delle Alpi dove il clima lo consente, come nella Val d'Adige e intorno ai grandi laghi.
Il leccio deve il suo successo ad alcuni adattamenti che gli consentono di sopportare agevolmente l'aridità estiva. Le foglie sono lanceolate, verde cupo lucente sul dorso, argentee e coperte da una fitta lanugine sulla pagina inferiore ed inoltre sono capaci di trattenere efficacemente l'acqua dei tessuti. Quando la pianta è giovane, e poi solo sui rami più bassi, le foglie sono spinose, per difendersi dal pascolo degli erbivori.
Ma il vero segreto di questi alberi è nelle radici: esse infatti sono capaci di emettere nuovi polloni, o gemme, nel caso in cui il tronco sia stato bruciato da un incendio, tagliato, o attaccato dai parassiti. Questa capacità di rigenerarsi ha avuto due importanti conseguenze:
a) il leccio può assumere forme molto diverse, dalla macchia bassa, fitta e impenetrabile, quando è soggetto a frequenti incendi o tagli, ai fusti colonnari, alti fino a 15-18 metri, dove non viene disturbato e il suolo è fertile e profondo.
b) una volta insediato questo albero può vivere secoli e, forse, millenni. Per questo col tempo si è imposto su molte altre specie mediterranee, divenendo l'albero dominante.