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STORIA DELL'ARCIPELAGO

DI LA MADDALENA

L'articolo sotto riportato è di Antonio Ciotta e tratto dal libro "La Maddalena - Museo Garibaldino" 

Fotoedizioni Italo Innocenti - La Maddalena- Tel.0789737220 - 738402

LE ORIGINI ED I PRIMI INSEDIAMENTI UMANI

Nato dallo sgretolamento della massa granitica della vicina gallura e dal successivo innalzamento del livello marino dopo l'ultima glaceazione, l'Arcipelago di La Maddalena è posto fra mare e vento a cavallo fra Sardegna e Corsica, sulle bocche di Bonifacio. Oltre alla maggiore delle isole, da cui prende il nome, è costituito da sette isole minori contornate da numerosi isolotti disabitati. Geologicamente ne fanno parte anche le isole corse di Lavezzi e Cavallo appartenenti alla Francia; sulle Bocche di Bonifacio, infatti, corre la linea di confine fra Sardegna e Corsica e fra Francia e Italia.

Nel corso dei secoli queste isole hanno avuto una storia ricca di eventi alternata a lunghi periodi di silenzio. Le prime tracce della presenza umana nell'arcipelago risalgono al neolitico; abitazioni in "ripari sotto roccia" e sepolture in "tafoni" sono le uniche testimonianze di quegli antichi abitatori di qui la presenza giunse a notizia di Omero che nel vicino Capo d'Orso volle ubicare la terra dei Lestrigoni. I numerosi strumenti di ossidiana ritrovati durante una campagna di scavi circa venti anni fa, dimostrano che l'arcipelago fu una stazione intermedia nel flusso di quell'antico traffico che irradiò in tutta l'Europa il prezioso materiale proveniente dalle Eolie e dal Monte Arci.

Bisognerà tuttavia arrivare al periodo romano per ritrovare nelle "cuniculariae" la più antica denominazione dell'arcipelago. Il ritrovamento del relitto di Spargi, ancore di piombo e blocchi di marmo apuano, dimostrano che le isole furono costantemente frequentate dai navigatori romani che, attraverso le Bocche, raggiungevano il nord della Sardegna e successivamente le coste galliche ed iberiche.

IL GRANDE SILENZIO ED I MONASTERI BENEDETTINI

Dopo la caduta dell'impero romano l'arcipelago segue le sorti di buona parte della Sardegna: un lungo assoluto silenzio lo taglia fuori dagli avvenimenti storici del continente. Le isole, pur disabitate, sono tuttavia luogo di sosta e di incontro dei corsari saraceni e dei loro antagonisti pisani e genovesi.

Intorno al 1200, cessato l'incubo delle scorrerie piratesche, giunsero nell'isola alcuni eremiti seguiti subito dopo da pescatori e da fuoriusciti politici. Il primo documento scritto che prova la presenza umana nell'arcipelago è costituito da una bolla di Papa Innocenzo IV, indirizzata al priore di Santa Maria di Budelli, con la quale, il 12 ottobre 1243, gli eremiti venivano inquadrati nella regola di San Benedetto.

I conventi sorsero nell'isola di Santa Maria e a La Maddalena presso Cala Chiesa (Sant'Angelo in Porcaria); essi assursero a notorietà storica quando il pontefice concesse al priore di Santa Maria il privilegio di assolvere dalla scomunica la giudicessa Adelasia di Torres ed i pentiti partigiani di re Enzo.

Sicure fonti storiche danno per certo che le chiese annesse ai conventi furono officiate fino al 1584; in quell'anno, i turchi imperversando con le loro scorrerie lungo le coste del Mediterraneo, saccheggiarono le isole e rasero al suolo i conventi.

Sull'arcipelago cade di nuovo il silenzio e le isole diventano ancora un volta il luogo di rifugio e convegno di pirati.

LE PRIME COMUNITA' DI PASTORI E PESCATORI

Dopo l'avvento della Repubblica di Genova nella vicina Corsica, con il fiorire dell'agricoltura nelle zone costiere e pianeggianti, vennero meno nell'isola i pascoli invernali nei quali i pastori corsi erano soliti transumare i loro armenti. I pastori bonifacini, pur con notevoli sacrifici, trovarono dunque nelle isole deserte dell'arcipelago uno sfogo che li sottraeva alle pesanti sanzioni loro imposte per l'utilizzazione dei pochi pascoli costieri e per i danni che inevitabilmente le greggi arrecavano all'agricoltura.

I pastori corsi furono dunque i primi abitatori stabili dell'arcipelago e dopo di loro, scoperti i banchi di corallo,cominciarono ad arrivare i primi pescatori liguri, toscani, ponzesi e napoletani di Torre del Greco. Nei primi anni del 1600 si hanno notizie di concessioni di pesca nelle acque delle Bocche e del battesimo in Bonifacio di bambini nati nelle isole di La Maddalena e Caprera.

LE ISOLE CONTESE E L'AVVENTO SABAUDO

Annessa la Sardegna al Piemonte con il trattato di Londra del 1720, le isole dell'arcipelago, delle quali non si fece cenno nella cessione, divennero praticamente terra di nessuno. Di questa situazione approfittarono tanto i pastori che i pescatori; l'arcipelago, infatti, divenne in breve base indisturbata di un flusso di contrabbando e di illeciti traffici diretti tanto in Corsica che in Sardegna.

Nel 1728, preoccupato del crescente fenomeno che tanti danni arrecava all'erario, il vicerè di Sardegna propose al sovrano l'occupazione delle isole, ma il re, per evitare incidenti con la Repubblica di Genova, suggerì di contattare i pastori corsi imponendo loro il pagamento di un canone e sollecitò nel contempo la ricerca di eventuali titoli di sovranità sull'arcipelago. In quell'occasione furono rovistati tutti gli archivi della Sardegna, ma nulla fu trovato per dare prova esauriente alla sovranità sulle "isole intermedie". Ne ebbero successivamente maggior fortuna i francesi, eredi della Repubblica di Genova, quando vollero anch'essi vantare il predominio sulle isole; l'arcipelago, dimenticato da tutti, doveva diventare oggetto di una lunga contesa.

Ma gli avvenimenti bellici di quegli anni posero la cosa nel dimenticatoio. Il governo piemontese, però, tornò alla carica nel 1767 inviando sulle Bocche un "pinco" da 14 cannoni al comando di Allione di Brondel ed il "felucone" San Gavino al comando di Giovanni Maria De Nobili. Loro compito era quello di sorvegliare i traffici sulle bocche e contattare i pastori corsi proponendo la sottomissione alla sovranità di Carlo Emanuele III ed offrendo come contropartita la cessione dei pascoli ed il miglioramento delle condizioni economiche degli abitanti delle isole.

Gli isolani, capeggiati da Pietro Millelire, capostipite della più gloriosa famiglia maddalenina, accondiscesero alle proposte di sottomissione a condizione che l'occupazione avvenisse in forma militare in modo da poter salvare la faccia nei riguardi dei loro padroni corsi ed evitare il pericolo di ritorsioni. L'occupazione dell'arcipelago sia pure senza colpo ferire, avvenne in forma militare con un corpo di spedizione composto di 140 uomini. Alle 17.30 del 14 ottobre 1767, salutata da una salva di fuciliera, la bandiera sarda fu innalzata sul punto più alto dell'isola di La Maddalena, a Guardia Vecchia.

Pietro Millelire, salutando i nuovi padroni con la storica frase "viva chi vince", si limitò a consegnare a nome di Bonifacio una nota di protesta subito seguita da una lunga serie di richieste che costituivano la contropartita al raggiunto compromesso.

LA NASCITA DELLA COMUNITA' MADDALENINA

Dopo l'occupazione piemontese continuarono a sopravvivere nell'isola di La Maddalena due distinte comunità: qualla dei pastori corsi sulle alture di "Collo Piano" e quella dei marinai e pescatori alla marina di "Cala Gavetta". Una terza comunità era quella degli occupanti. Non mancarono le diatribe per la scelta definitiva del sito in cui doveva sorgere il nuovo abitato. Giovanni Maria De Nobili, che possiamo considerare il fondatore di La Maddalena, lo voleva a Cala Gavetta, mentre il capitano ingegnere Cochis, inviato dal sovrano sabaudo per dare un aspetto definitivo all'abitato e alle fortificazioni, voleva mantenerlo a Collo piano.

La vinse il De Nobili e l'abitato cominciò a svilupparsi a Cala Gavetta. Per dare nuova forza alla comunità e per interrompere i contatti con Bonifacio, venne eretta dopo qualche anno l'attuale chiesetta della Trinita, originariamente consacrata a Santa Maria Maddalena. Prima di allora, mancando nelle isole, un terreno consacrato, i morti venivano seppelliti nella vicina Gallura nei pressi della chiesetta rurale di San Michele di Liscia.

Ben presto le tre comunità cominciarono a fondersi; i pastori cui non mancavano le qualità marinare acquisite in tanti anni di perigliose traversate tra un isola e l'altra e fra l'arcipelago e Bonifacio, allettati dal servizio nella marina regia, cominciarono a scendere a Cala Gavetta.

In breve l'abitato prese consistenza: la comunità isolana era nata.

IL DESTINO ANTINAPOLEONICO DI LA MADDALENA

Gli isolani ebbero presto l'occasione di manifestare la coesione raggiunta e la loro fedeltà al sovrano piemontese. Erano gli anni in cui gli eserciti rivoluzionari della Convezione tentavano di estendere il predominio sul Mediterraneo per assicurarsi la supremazia sull'Inghilterra. La conquista della Sardegna avrebbe consentito ai francesi gia padroni della Corsica di occupare un posizione strategica predominante. Per i bonifacini, poi era l'occasione buona per rivendicare le isole contese.

L'attacco venne tentato a sud su Cagliari e al nord su La Maddalena. Una squadra composta da 23 unità salpò il 20 febbraio 1793 da Bonifacio alla volta delle nostre isolette; al comando delle artiglierie il generale Colonna Cesari, che guidava la spedizione, aveva posto il giovane lungo tenente corso Napoleone Bonaparte. Ma i maddalenini avvistati gli invasori, dopo aver posto al sicuro al centro dell'isola i vecchi, le donne e i bambini, si preparano a resistere nelle batterie di Punta Tegge, Guardia Vecchia e Forte Sant'Andrea. Il 22 febbraio la flotta nemica raggiunse l'arcipelago ma dovette rifugiare a Cala Villa Marina, sull'isola di Santo Stefano da dove, sbarcati i cannoni, cominciò a bombardare l'abitato. Il primo giorno furono esplose 500 bombe e sparate oltre 5000 palle; pare che Napoleone abbia sparato personalmente 60 cannonate.

Di fronte a forze nemiche tanto preponderanti i maddalenini erano certamente costretti a soccombere, ma durante la notte, il nocchiero Domenico Millelire ed il timoniere Cesare Zonza, eluso il blocco francese, riuscirono a piazzare due cannoni allo Stintino di Capo d'Orso ed il mattino successivo aprirono il fuoco sul ridosso di Santo Stefano dove avevano trovato rifugio sicuro i legni gallocorsi. L'impresa fu ripetuta la notte successiva ed in breve la squadra navale assediante si trovò nell'imprevista situazione di assediata. Ai francesi di Napoleone non restava che la via della fuga.

Il fallito tentativo di sbarco fu l'occasione in cui la giovane collettività maddalenina ebbe modo di dimostrare con lealtà e fermezza il proprio attaccamento all'isola e alla dinastia sabauda. E questi sentimenti si concretarono nell'improvvisata bandiera fatta sventolare sul Forte Santo Stefano per incitare gli isolani alla lotta. Il drappo raffigura Santa Maria Maddalena ai piedi della croce, con un manto che rappresenta il contorno dell'isola ed il motto "Per Dio e per il Re vincere o morire".

Napoleone ebbe dunque a La Maddalena la sua prima sconfitta e a Domenico Millelire fu conferita la prima Medaglia d'Oro d'Italia. Ma il destino antinapoleonico di La Maddalena doveva concentrarsi con la presenza in queste acque dell'Ammiraglio Nelson. Nel 1803, infatti, Nelson scelse La Maddalena come sede e base della flotta inglese per poter sorvegliare la flotta napoleonica e tenerla bloccata nel porto di Tolone. Da La Maddalena, Nelson, che definì l'arcipelago "il più bel porto del mondo", Partirà all'inseguimento dei francesi l'11 gennaio del 1805 per concludere otto mesi dopo la sua esistenza nella gloriosa battaglia di Trafalgar.

cartina Nelson.jpg (12384 byte)   (carta origlinale dell'epoca)

NASCE A LA MADDALENA LA MARINA ITALIANA

Nel 1799; durante l'esilio dei reali piemontesi in Sardegna, giunse a La Maddalena Giorgio Andrea Des Geneys, il più illustre ed ardimentoso marinaio della flotta sabauda, oggi giustamente riconosciuto il vero fondatore della Marina Sarda, dalla quale, per fusione con le Marine regionali doveva nascere nel 1861 la Marina Militare Italiana.

A La Maddalena Des Geneys iniziò la sua opera di riorganizzazione della flotta ponendo in mare una agguerrita squadretta con la quale svolse intense campagne contro i pirati barbareschi. Ancora una volta i maddalenini si coprono di gloria: Cesare Zonza fu decorato di Medaglia d'Oro nel 1809 e Tommaso Zonza nel 1811 per il suo comportamento nella battaglia di Capo Malfatano.

A Des Geneys, considerato uno dei più grandi Benefattori dell'isola, si deve la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena. Per rinsaldare i vincoli di affetto a questa terra degli antichi pastori corsi, egli volle che l'altare maggiore fosse identico a quello di Bonifacio. Nella chiesa parrocchiale è conservato un altro prezioso ricordo: due candelabri ed un crocifisso d'argento che Nelson, prima di partire volle donare ai maddalenini quale segno di riconoscimento per l'ospitalità ricevuta.

I NUOVI DESTINI DELL'ARCIPELAGO

Restaurato il regno sardo-piemontese, nel 1815 la sede della Marina si trasferì da La Maddalena a Genova con al seguito molte famiglie. L'isola cadde nella più assoluta miseriae per molti anni la consistenza demografica fu scarsissima. Ben presto,però, richiamati dalla pesca e dal fiorire delle cave di granito, giunsero numerosi i liguri, i toscani, i ponzesi ed i napoletani. All'originario ceppo corso andarono ad unirsi tante piccole comunità differenti per cultura, tradizione dialetto che tuttavia costruirono in breve una collettività solida e compatta in cui l'apporto di tutti costituisce un caso unico non solo in Sardegna ma anche in Italia.

Accomunati dalle molteplici attività tutte protese sul mare, gli isolani costituirono per lunghi anni fonte di valorosi marinai sulle flotte militari e mercantili di tutto il mondo. La tradizione dei Millelire e degli Zonza sarà raccolta da centinaia di isolani, da Giovan Battista Albini a Primo Longobardo che iscriveranno il loro nome nell'albo doro della massima decorazione italiana.

Un ruolo importantissimo, quale maggior piattaforma marittima del tirreno, sarà sostenuto dall'arcipelago a cavallo fra le due guerre ed ancora oggi, malgrado siano maturati i mezzi e le tecniche, l'isola è considerata come la definì Nelson "il più bel porto del mondo".

anche se purtroppo l'ammiragliato verrà trasferito a Cagliari, e l'arsenale Militare non è più quello di un volta.

IL FUTURO TURISTICO DELL'ARCIPELAGO

Passati i tristi anni del dopoguerra i turisti hanno scoperto l'arcipelago. I motivi di richiamo non mancano: un natura generosa e selvaggia; un mare incontaminato ricco di pesci e di molluschi; migliaia di spiaggette dalla sabbia ora bionda, ora dorata, ora rosa; decine di isole completamente deserte coperte da una impenetrabile vegetazione spontanea. Qui e possibile ritrovare se stessi, con centinaia di cose semplici che altrove sono state definitivamente perdute e talvolta dimenticate.

home.gif (2043 byte)     Domenico Millelire    next_viola.gif (821 byte) Approfondimenti   sulla storia dell'arcipelago

  Museo Navale "Nino Lambroglia"      La Prigionia di Mussolini a La Maddalena

La prigionia del Duce (2)   nella cronaca di un testimone oculare  Napoleone nell'arcipelago