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Sembrerebbe anacronistico oggi parlare di Thalassemie dimenticate; eppure ci sono migliaia di thalassemici per i quali si fa poco o niente.

Per quanti anni abbiamo sentito di Thalassemie intermedie, con la sensazione che gli stessi addetti ai lavori avessero qualche imbarazzo a parlarne.

Lungi da noi l’idea di volerci sostituire a chi con scienza e coscienza cura questi nostri ragazzi. L’intento è semmai di volere rompere il silenzio su alcune forme secondarie o,apparentemente, meno gravi di thalassemia. Noi crediamo invece che se nascere Major è una sfortuna, nascere Intermedio lo è per due volte.

Si sa come va la faccenda: sono soggetti che fin dalla nascita hanno una certa produzione di emoglobina adulta ed un residuo di produzione fetale, per cui non sempre si ha una diagnosi di emoglobinopatia precoce e tempestiva. A volte la diagnosi interviene quando i sintomi clinici diventano tanto evidenti che i guasti organici e funzionali si sono già verificati. Purtroppo una delle complicanze più evidenti e dannose è la deficitaria circolazione a livello periferico con l’insorgere di quelle " piaghe " più o meno estese che tanta preoccupazione provocano. La carenze ossigenazione a quel livello è causa di questi fenomeni. Altro problema è rappesentato da una permanente eritropoiesi inefficace, che provoca un notevole aumento del volume della milza, che nei major è molto meno evidente. Tutto ciò porta, quasi sempre TARDIVAMENTE, a prendere la decisione di trasfondere regolarmente, ma siamo spesso avanti negli anni ed appunto i guasti si sono già prodotti.

Non saprei dire se è una calamità maggiore nascere Major o Intermedio; una cosa è certa però, che il Major viene regolarmente trasfuso dalla nascita, che non insorge più la devastante eritropoiesi inefficace, che la chelazione viene fatta precocemente, che tutto il quadro clinico resta costantemente sotto controllo, grazie alla alta qualità terapeutica raggiunta. La stessa cosa non può dirsi per l’Intermedio purtroppo, anche se negli ultimi tempi studi accurati sulla patologia sono stati avviati per la sensibilità di un illustre clinico di Milano, la Pro.ssa CAPPELLINI. Adesso l’Intermedio, specialmente se adulto, ha un punto di riferimento di grande esperienza e professionalità.

L’auspicio sarebbe che in altri centri si avviassero studi organici sulla patologia in modo da fornire consulenze di alta qualità e non si gravasse solo su qualche centro di eccellenza, che fa fatica a soddisfare le innumerevoli richieste che partono dai pazienti.

E perchè non rompere il silenzio anche sulle THALASSODREPANOCITOSI ? Su una patologia che interessa più di un migliai di pazienti, sui quali sembra essere calato un velo di silenzio. Anche qui le terapie non hanno raggiunto quel grado di standardizzazione omogenea in tutto il territorio nazionale. Se il malcapitato drepanocitico ha la sventura di essere colto da una crisi falcemica in una zona dove la Drepanocitosi è una illustre sconosciuta, avrà serie difficolta.

In attesa che il ministero provveda a fornire tutti i cittadini di una tessera sanitaria, sarebbe bene che questi pazienti tenessero sempre addosso una scheda personale, redatta da un centro di eccellenza, per consentire a chi ne sa poco o niente di falcemia, di intervenire opportunamente. Casi dolorosi,nella memoria di tutti si sono verificati per mancanza di uno strumento semplice come quello auspicato, possibilmente redatto in più di una lingua straniera.

L’ultima beffa per questi pazienti viene dal Deferiprone/ L1, già registrato dall’ EMEA, e di imminente registrazione italiana: le prescrizioni non riguarderanno i thalassodrepanocitici, perchè la Industria canadese detentrice dei diritti brevettuali, non ha ancora prodotto documentazione sperimentale che li riguardi. Posso capire, anche se non lo accetto, che non abbiano interesse al mercato italiano, con appena un migliaio di pazienti, ma nel Nord Amertica, zona d’influenza di questa industria, Dio Santo, i drepanocitici sono decina di migliaia, specialmente tra la popolazione afro/americana. Ebbene, in tutti questi anni, cosa si è fatto per loro? Niente o quasi. Insomma, ci sembra che questa Industria canadese, non solo non persegua gli interessi di questi pazienti, ma neanche i propri in buona sostanza.

ROMPIAMO IL SILENZIO SU QUESTE PATOLOGIE, FACCIAMOLO IN TANTI.

 

Giacomo SIRO BRIGIANO