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LEGGE
210/92 E
LEGGE 238/97 : Indennizzo a favore
dei soggetti danneggiati ....
a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati. Tre
sentenze riaprono i termini,….o meglio……! Tutti ricorderete l’impegno profuso dal nostro giornale per sanare l’ingiustizia delle ingiustizie: avere riconosciuto il danno irreversibile, avere riconosciuto il nesso causale ( vale a dire:” ti abbiamo dato l’Epatite o l’ Aids, ma ci hai chiesto l’indennizzo fuori tempo massimo e quindi è come se avessimo scherzato”). Tutto
ciò equivaleva a prescrivere il “reato” di procurata epidemia in appena tre
anni. Io non sono un giurista, ma non mi risulta che ci siano reati
prescrivibili in un tempo così esiguo: mi ricordo solo della bancarotta
fraudolenta, per via della quale non si ammala nessuno e nessuno perde la vita,
semmai ne può soffrire il bilancio, ebbene questo reato incruento viene
prescritto in ben 15 anni. Ma
come si suole dire” non è sempre che ride la moglie del ladro” : la
giustizia giusta alla fine deve trionfare. Il
nodo è stato sciolto da ben tre sentenze, 2 di primo grado ed 1 in appello. I ricorsi in effetti sono solo 2 e riguardano la tardiva presentazione della domanda. La prima sentenza è stata pronunciata il 4/12/1998 dal Pretore del lavoro di Livorno. La seconda in sede di appello per ricorso presentato contro la prima dal Ministero della Sanità ed emessa dal Tribunale di Firenze il 1/3/2000. In questa sentenza di appello il ricorso del Ministero viene rigettato, dando ragione al giudizio di primo grado del Pretore di Livorno. Qui di seguito trascrivo il disposto di questa sentenza di appello: Del
pari priva di pregio è la censura al secondo motivo del gravame. Ed invero,
anteriormente all’entrata in vigore della legge 25/7/1997 n.238,il cui art.1
comma 9 ha sostituito il comma 1 dell’Art. 3 della legge 25/2/1992 n. 210 non
era fissato, con riferimento alle epatiti post-trasfusionali, alcun termine
perentorio per la presentazione della domanda diretta ad ottenere l’indennizzo
con la conseguenza, nella specie, che alla data di presentazione della domanda (
dicembre 1995 ) nessuna decadenza avrebbe potuto dirsi verificata ai sensi dei
commi 1 e 7 del sopraddetto art.3. Ne
consegue che l’appello deve essere respinto. La terza sentenza è stata emessa dal tribunale di Livorno in data 17.11.2000 e depositata in cancelleria il 30.01.2001 con il n. 1395/2000. Il caso riguarda sempre un ricorso presentato da una persona contagiata da epatite post-trasfusionale, alla quale era stata rigettata la domanda per decorrenza del termine di 3 anni. Anche in questa terza sentenza il Ministero è soccombente secondo il disposto che di seguito vi riporto: Parimenti
infondata deve reputarsi l’eccezione di tardività della domanda
amministrativa per essere la stessa stata presentata oltre il termine triennale
previsto dall’art. 3,comma 1,della L. 210/92. Il predetto termine , infatti, non è applicabile alla domanda del ricorrente, presentata in data 23.3.1995, essendo stato introdotto per le epatiti post-trasfusionali solo con l’entrata in vigore della legge 25.7.1997 n. 238, il cui art. 1 comma 9, ha modificato la precedente formulazione dell’art. 3,comma 1, della legge n.210/92, che non prevede alcun termine perentorio per la patologia lamentata dal ricorrente. Certo
non è sempre facile per i non addetti ai lavori una lettura chiara della
terminologia giuridica, però, in buona sostanza, possiamo oggi affermare che la
legge 238 del 25.7.97, all’art. 1 comma 9 annulla il termine dei famosi tre
anni entro i quali doveva essere presentata la domanda. Infatti, se vi
prendete la briga di leggere il testo della legge 238, troverete la nota che
dice che il comma 9 sostituisce il comma 1 dell'art.3 della legge 210/92 e nel
testo del comma 9 non c'è scritto un bel niente, annullando di fatto e di
diritto quanto disposto precedentemente dalla legge 210/92.
Sembra
proprio un miracolo, dal 25.7.97, da ben 4 anni il termine di tre anni non
esiste più e tutte le domande respinte, per incanto, sono diventate
improvvisamente legittime e tutte quelle che il Ministero ha respinto vanno
accolte con effetto immediato. A
questo punto però una riflessione si impone: intanto non sono le tre sentenze
che hanno annullato i termini, ma una legge, la 238 del 97, che di fatto li ha
cancellati; semmai le sentenze hanno evidenziato una realtà giuridica già
esistente e che nessuno aveva ancora notato. Né noi che non siamo giuristi, né
fior fiore di avvocati che da anni si occupano di queste cose. Qualcuno in
Toscana se ne è accorto, e grazie a questo Avvocato o a E
adesso che si fa? A mio modesto parere, tutti coloro ai quali è stata respinta
la domanda per decorrenza dei termini, e per i quali non sono ancora trascorsi i
30 giorni per il ricorso, lo facciano subito, citando le sentenze e soprattutto
l’art. 1, comma 9 della legge 238 del 25.7.1997, che ha cancellato il termine
di 3 anni, non fissando, nei fatti, alcun termine. Per
tutti quelli invece, per i quali sono trascorsi i 30 giorni per il ricorso,
consiglierei, sic et sempliciter, di ripresentare la domanda, secondo quanto
previsto oggi dalle procedure. Recandosi cioè presso gli uffici della ASL
competente per territorio e chiedendo di ottenere la documentazione per la
presentazione della domanda di cui alla legge 210/92 e 238/97. A
questo punto, allegando tutta la documentazione in fotocopia della vecchia pratica, chiederei un nuovo riesame della
domanda. Infine
desidero puntualizzare un aspetto che non riguarda i termini, ma la valutazione
del danno, con riferimento alla possibilità di ricorso. A parere di valenti
giuristi è fattibile il ricorso fondato sulla “ qualificata conoscenza del
danno epatico”, che secondo la prevalente dottrina medico-legale e le attuali
conoscenze immunotrasfusionali, non si poteva avere prendendo visione unicamente
di test anti HCV di prima generazione (1990/1991) e seconda generazione ( fino
ad aprile 1992 e in certe realtà anche oltre). I test infatti di prima
generazione avevano una sensibilità dell’80%, evidenziando un 20% di falsi
negativi, persone cioè contagiate,
ma non indennizzabili perché il test li reputava, erroneamente, sane. I
test di seconda generazione avevano una sensibilità del 90%, lasciando fuori un
10% di falsi negativi. I test odierni raggiungono il 100% di sensibilità. Alla
luce di tutto ciò, sarebbe possibile ricorrere in tutti quei casi in cui il
danno non è stato riconosciuto, e chiedendo nel ricorso di rivalutare il caso
alla utilizzando i test di terza generazione. Per
concludere, sento il dovere di ringraziare pubblicamente l’Ufficio del
Difensore Civico della Regione Toscana, che mi ha fornito gli elementi
giurisprudenziali per la stesura del presente articolo. E’ non infatti che il
Difensore Civico della Regione Toscana oltre ad essere stato il primo
costituito in Italia,
sia quello che per vitalità , operosità ed efficacia si distingue in
maniera particolare.
Giacomo SIRO BRIGIANO
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