|
Nel kolossal di Wolfgang Petersen, uno dei pochi
trionfi
dell'estate
americana, l'attore deve convivere con un
tornado.
Lo stesso che lo ha travolto nella sua
nuova vita da star
dí
CLAUDIO MASENZA
Il
SUO IDOLO è Paul Newman, un attore che ha lentamente dimostrato il
proprio talento e che, se all'inízio doveva tutto al proprio aspetto,
è riuscito a crescere in ruoli di carattere e ad assicurarsi una
lunghissima carriera. E’ proprio quello che George Clooney vorrebbe
ottenere. Perché ama totalmente il suo lavoro e la prospettiva,
ricorrente nei suoi discorsi, di venire messo da parte evidentemente lo
deprime. Con Newman ha in comune una bellezza da «altri tempi» e
quella disponibilità verso il prossimo che tanto lo ha colpito.
Racconta che recentemente su un campo da golf gli ha potuto parlare per
qualche minuto e Newman che aveva reagito con simpatia, ha finito col
chiedergli di
co
cosa
si occupasse nella vita. Per George questa è stata una rivelazione: la
gentilezza della quale era stato oggetto non si doveva alla sua fama.
Quindi, signor Clooney, la celebrità può essere una trappola? «Non
puoi rimpiangere l'anonimato dopo
che per tanti anni hai inseguito la fama», risponde con la sua
tipica ironia. «Ma mi mancano piccole cose, come l'andare in pace allo stadio per una
partita di baseball: ora sembra che sia io la partita. Oppure i giochi
di seduzione: entrare in una stanza affollata
e incrociare lo sguardo di una donna, cercare di capire se potrei
piacerle. Tutto è snaturato dall'attenzíone che l'intera sala rivolge
a me. Ma finirà. E quando sarò
ritornato nell'ombra mi mancherà la popolarità. Ma per ora l'ombra
è lontana. La tempesta perfetta del
tedesco Wolfgang Petersen, con 180 milioni di dollari incassati negli
Stati Uniti, è l'affermazione di un successo cinematografico che
sembrava sfuggirgli.
Il
film racconta la vicenda vera di sei uomini che, a bordo di
un'imbarcazione da pesca, l'Andrea Gail, nell'autunno del'91 si
trovarono al centro di un cataclisma senza precedenti al largo delle
coste del New England. Tre anni fa la loro storia è diventata un best
seller tradotto in tutto il mondo. «Leggendo
il libro di Sebastian Junger ho capito che sarebbe stato un grande fìlm»,
spiega George Clooney. «Ma
Barry Levinson ne aveva i diritti e voleva Mel Gibson per il ruolo del
capitano Tyne. Ho detto che avrei interpretato un altro personaggi o,
Bobby. Avrei fatto pure il ruolo di Diane Lane, qualunque cosa».
Gibson
ha preferito Il patriota e la parte, nel corso di un solo week‑end, è passata
a Clooney. Ed è stato lui a suggerire Mark Wahlberg, suo partner in Three
Kíngs, per Bobby. Anche
se la spaventosa visualizzazione della tempesta deve molto ai computer
di Industrial Light & Magic, gran parte della lavorazione si è
svolta in un'immensa vasca negli studi Warner di Los Angeles dove, per
intere settimane, il cast è stato investito da valanghe
d'acqua.
«La
cosa più difficile era affrontare l'impatto senza reagire in anticipo,
senza chiudere gli occhi. Sentivamo il rombo di questa cascata
avvicinarsi e dovevamo continuare a recitare come se niente fosse,
sapendo che un se
condo
dopo saremmo stati scaraventati all'altra estremità del set. Trovandoci
su una piccola imbarcazione, eravamo quasi sempre ripresi piuttosto da
vicino. Era praticamente ímpossibile usare controfigure, il pubblico se
ne sarebbe accorto. Ma eravamo in buona forma fisica
Wahlberg e John C. Reílly in particolare ‑ e non ci sono stati
problemi, solo qualche ammaccatura. E’
stato forse peggio in esterni,
quando abbiamo girato sfruttando un vero tifone e nessuno si è salvato
dal mal di mare».
Ma
una buona cosa c'era: per il sollievo
di Clooney che non ama a
nessun livello il pesce, quelli usati per le riprese erano di gomma.
Questo, a suo dire, ha terribilmente deluso gli animalisti che a
sorpresa si sono presentati a controllare il set.
Il ricordo più toccante resta il periodo
trascorso
a Gloucester, la cittadina del
Massachussetts da dove l'Andrea Gail
salpò
per l'ultima volta. «Credo che il
miglior complimento al film sia venuto dalle famiglie delle persone scomparse in mare: ci sono
stati riconoscenti per come abbiamo protetto i loro maríti, i loro padri. Per loro vedere
una copia esatta dell'Andrea Gail in quel porto deve essere stato come trovarsi faccia a
faccia con un fantasma». Ma gli abitanti di Gloucester
hanno accettato con simpatia l'i
nvasione
di «quelli del cinema». Reduce
da Air Force One, Petersen
riviveva l'em
ozione di raccontare un dramma marino
diciannove anni dopo U-Boot
96,
mentre
Karen Allen e Mary Elizabeth
Mastrantonio
simpatizzavano con le due
donne
che stavano interpretando.
WahIberg
dormiva nella stessa stanza dove aveva dormito Bobby al Crow's
Nest, il bar della madre
di Bobby dove si riuniscono i pescatori della zona. E Clooney, che per
diversi giorni si era fatto insegnare ad attraccare in porto senza sbattere
contro le banchine, la sera si teneva a bere con quegli uomini, anche se
adesso confessa che con la loro capacità di reggere l'alcol non si può
competere. Ascoltava volentieri le loro storie di pesca, le tante
smargíassate che forse servono solo a esorcizzare la paura del mare. A
proposito, cosa viene in aiuto di Clooney quando deve superare i suoi
timori? «I miei amici, al primo
posto, e subito
dopo il lavoro. Sono le cose che contano più per me e sulle quali mi
concentro. E poi
la
mia casa». A
casa Clooney, una villa di otto camere da letto su una collina di Los
Angeles, appartenuta alla cantante Stevie Nicks, George
ha fatto installare una sala di proiezione, una sauna e un campo da
basket, lo sport preferito.
E'
lì che i suoi inseparabili otto amici, detti «The Boys», tutti
impegnati nel mondo dello spettacolo, possono trovare totale ospitalità
per smaltire una lite familiare o una giornata nera. Clooney non ha
dimentícato di aver dormito sui loro divani e vuotato i loro
frigoriferi nei periodi difficili come i mesi che seguirono il suo
divorzio dall'attrice Talia Balsam nel '92. Gli amici sono la barriera
contro l'ipocrisia del suo ambiente. E' a loro che allude quando dice: «Tutti
hanno tirato un sospiro di sollievo: finalmente sono in un film
che
incassa molto. Come produttore ora
posso
scritturare me stesso». Dopo il
successo di Fail Safe,
il remake televisivo di A
prova di errore che Clooney ha prodotto e fatto dirigere «in
diretta» nell'aprile scorso da Stephen Frears, è intenzionato a
ripetere quella che sembrava una scommessa folle: «Mi
è costato cinque mesi di lavoro e tutte le mie energie. Però mi sono
così appassionato che, malgrado il poco tempo a disposizione, ho in
progetto una serie di cinque remake dal vivo di "classici"
della televisione americana. Il cinema non può darti la scarica di
adrenalina che dà uno spettacolo in diretta».
Intanto prepara un remake anche per il grande schermo, Colpo grosso,
dove avrà il ruolo che fu di Frank Sinatra. La regia è del suo
amico e socio Steven Soderber
gh.
«Con Steven ho fatto Out of Sight, il mio film migliore e quello che ha incassato meno. Ma voglio continuare a
fare le cose che amo. Se necessario senza paga, in cambio di una
percentuale. Se il film incassa, incassiamo tutti. Altrimenti avrò
aiutato un buon progetto. So che il mio lavoro non servirà a curare il
cancro ma è una bella professione. Anche se a causa dell'eccessiva
attenzione dei media c'è il pericolo di prendersi troppo sul serio. Mi
piace pensare che i film ci sopravviveranno. Oggi puoi vedere Grace Kelly e innamorarti di lei. Non importa se non c'è più da tanti anni. C'è
qualcosa di unico in questo, un senso di immortalità. Esisterà al
massi mo per altri cento anni,
poi verrà rimpiazzato da qualcos'altro. In realtà noi attori rubiamo
solo qualche anno in più alla vita. Ma per il tempo che dura è
meraviglioso».
source:
italian magazine Ciak - October 2000 issue
|