Italo Bonassi

LA POESIA HAIKU

L’Haiku è un genere poetico nato in Giappone nel ‘600. Particolarmente rappresentativo dello spirito, della sensibilità e della religiosità di quel popolo, si prefigge di rendere la naturalezza e la concretezza della realtà, attraverso l’esaltazione del gusto per il particolare e l’estrema attenzione riservata ai fenomeni del mondo naturale o ai mutamenti stagionali. Per analogia è possibile orientare l’attenzione anche su fatti interiori e situazioni dello spirito. Ma è soprattutto la natura, nei suoi polimorfi aspetti, la tematica chiave della poesia haiku.

La struttura del verso è semplice e concisa, ma non permette variazioni di fantasia: la scansione delle sillabe è rigidamente regolata dall’obbligo di una metrica alla quale non ci si può sottrarre: 5 – 7 – 5 oppure 7 – 11 – 7, ma la forma classica è la prima, la più breve, e tende a catturare l’impressione del momento, a fissare un’illuminazione improvvisa.

Per essere più chiari, e per chi non abbia cognizione di metrica, voglio spiegare che 5 – 7 –5 significa tre versi, rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe, nel secondo caso, 7 – 11 – 7, si tratta rispettivamente di 7, 11 e 7 sillabe.

Ecco un esempio di haiku 5 – 7 – 5:

Mu-te cam-pa-ne (5 sillabe)

il tem-po che mi re-sta (7 sillabe)

è un a-qui-lo-ne (5 sillabe)

Si faccia però attenzione, perché si parla di sillabe poetiche. Infatti nel terzo verso, che a una prima lettura parrebbe formato da 6 sillabe, la sillaba è si unisce foneticamente alla sillaba successiva un ("sinalefe"), formando un’unica sillaba éun, di modo che il verso contiene 5 sillabe e non 6.

Ecco ora un esempio di un haiku 7 – 11 – 7:

Cam-pi bian-chi di ne-ve (7sillabe)

i-nu-ti-le sta-gio-ne sen-za- Di-o (11 sillabe)

il te-dio dell’in-ver-no. (7 sillabe)

Un altro haiku 5 7 5:

Do-ve le la-cri-me, (5 sillabe)

se-re del mer-lo zin-ga ro, (7 sillabe)

do-ve le ri-sa? (5 sillabe)

Pure in quest’ultimo haiku c’è da notare che i primi due versi in effetti hanno rispettivamente 6 e 8 sillabe e non solo 5 e 7, ma siccome in ambo i casi i versi terminano con accento sdrucciolo (làcrime e zìngaro), in effetti è come se avessero una sillaba in meno, cioè 5 e 7 sillabe poetiche.

Nello haiku

Tra ra-mi in fio-re (5 sillabe)

il pas-se-ro vo-lò (7 sillabe)

li-be-ro al ven-to (5 sillabe)

c’è un caso opposto al precedente: il secondo verso ha apparentemente 6 sillabe, ma poiché termina con un accento tronco (volò) poeticamente è come avesse una sillaba in più, e cioè 7.

Tutte queste regole chi mi legge se le può trovare nell’ottimo inserto sulla metrica nei nostri Quaderni, a cura di Forlese.

In un Premio Nazionale di Poesia, Fiori di luna, di La Spezia, del quale sono il Presidente di Giuria, una volta c’era pure la sezione haiku, ma è stata tolta, poiché la quasi maggioranza dei partecipanti non solo non si atteneva alle regole metriche dello haiku, ma addirittura non conosceva la metrica, e non teneva in nessuna conto sillabe sdrucciole o sillabe tronche. La non conoscenza della metrica è un difetto della stragrande maggioranza di coloro che scrivono poesie. Anche se al giorno d’oggi trionfa il verso libero, non conoscere gli elementi principali della metrica è come, per uno che compone o scrive musica, non conoscere le note musicali.

Riprendendo il discorso sullo haiku, c’è da dire che davanti a tale genere di poesia il lettore non deve fare opera di critica letteraria o estetica, ma abbandonarsi semplicemente alle sensazioni che un’attenta lettura suscita nella sua anima. Ogni rilettura può rivelare nuove profondità, in sintonia con lo stato d’animo del lettore stesso.

La distinzione tra scrittore e lettore, tipica del mondo occidentale, viene così annullata.

La brevità poi non significa banalità. Chilo Io (1701-1775), poetessa di Kaga, scriveva solo dopo una lunga meditazione e spesso impegnava mesi prima di riuscire ad esprimersi nella maniera desiderata.

I giapponesi chiamano yûgen il senso di mistero che avvolge la poesia haiku ( significa vago, confuso, e gen occulto: la parola composta risulta essere quasi un’endiadi, cioè un concetto espresso con una coppia di termini, confuso ed insieme occulto). In altre parole, la poesia haiku ha un fascino consistente appunto nel non poter mai essere completamente vagliata e svelata.