Hernando Cortes


MESSICO 1998
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Ottimo capitano, buon soldato, uomo dal carattere rude e battagliero, crudele e coraggioso, Hernán Cortés impersona come nessun altro la figura del "conquistador". Fedele al Re di Spagna e religioso quanto basta, Cortés cerca la ricchezza per sé e per la sua patria ed è invaso dallo spirito di avventura che lo spingerà a non fermarsi mai, neanche dopo la sanguinosissima  vittoria sui Mexica a Tenochtitlán.

La nascita di Cortés è controversa: c’è chi lo vuole di discendenza nobile e chi lo descrive come uomo di umili orgini, piuttosto istruito e adatto alla vita militare. 
Nel 1504 viene inviato a Santo Domingo e poi a Cuba dove inizia il suo rapporto burrascoso con il governatore Diego Velásquez, che prima lo mette agli arresti e poi gli affida la terza spedizione in Messico, dopo i falliti tentativi dei capitani Francisco de Córdoba e Juan de Grijalva. Nel 1519 Cortés approda a Cozumel dove recupera il naufrago spagnolo Jerónimo de Aguilar. Sulla costa del Golfo il capitano viene accolto amichevolmente dai Totonachi che diventano suoi alleati nella guerra contro l’Impero azteco-mexica. Nel frattempo il governatore di Cuba si pente di questa spedizione e cerca di richiamare Cortés che per tutta risposta fa incendiare le proprie navi e fonda simbolicamente la città di Veracruz, dichiarandosi sotto la diretta autorità del Re di Spagna e proseguendo la marcia verso Tenochtitlán: la conquista della capitale dei Mexica avviene a due anni dalla partenza, nell’agosto del 1521. cortes2.jpg (80845 byte)Tenochtitlán-Città del Messico diventa la capitale della "Nuova Spagna" e Cortés è nominato governatore. Lasciando dietro di sé una popolazione stremata dalla guerra e dimezzata dalle stragi e dalle malattie portate dagli Europei, Cortés parte con le sue truppe alla conquista di tutte le terre dominate un tempo dall’Impero azteco, spingendosi fino in Honduras. 

Nel 1528 Cortés, ormai ricco ma poco stimato per il suo carattere indisciplinato e per alcune presunte irregolarità amministrative, è richiamato in Spagna dove gli viene tolta la carica di governatore. Dopo pochi mesi riparte per il Messico con il titolo di Marchese della Valle di Oaxaca. Il nuovo Vicerè ha poca simpatia per Cortés, il quale preferisce imbarcarsi con le sue truppe alla ricerca di nuove terre e nel 1535 scopre la California.
Ma il Re lo rivuole in Spagna per combattere in Algeria, una sfortunata spedizione che vede l’esercito spagnolo sconfitto. Cortés decide di ritirarsi a vita privata nella sua proprietà a Castileja di Cuesta dove muore del 1547. La sua salma, come Cortés aveva chiesto prima di morire, verrà inviata a Città del Messico e tumulata nella chiesa di Gesù Nazareno. 

Di lui rimangono le cinque lunghe lettere inviate a Carlo V che compongono la Relazione della conquista del Messico, redatte tra il 1519 e il 1526.
Nelle immagini: Ritratto di Cortés e pagina di Codice Mendoza. Occorre ricordare che gli antichi Codici furono dati alle fiamme dagli spagnoli; soltanto cinque si salvarono dalla distruzione.

Per quanto riguarda il Codice Mendoza sopra citato ed illustrato, si tratta della pagina di apertura del Codice, in cui si racconta la fondazione di Tenochtitlán da parte degli Aztechi-Mexica nel 1325. I Méxica terminarono la loro migrazione quando giunsero su un'isoletta della laguna di Texcoco e videro un'aquila (simbolo del Sole) appollaiata su una pianta di cactus, il cui frutto è una rappresentazione del cuore umano. Gli Aztechi-Méxica, dediti a sacrifici umani durante i quali alle vittime veniva strappato il cuore, videro nella scena il simbolismo riguardante proprio le loro pratiche sociali e religiose. Nella parte bassa della pagine del Codice Mendoza, Scene di guerrieri (Codice Mendoza, The Bodleian Library, Oxford).