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Galleria Fotografica

Foto d'epoca 
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Indagine su acqua di falda

di Giacinto Cosimo Gentile e Giuseppe Mauro

del Gruppo Speleo Statte 

*parte del materiale è estrapolato da una precendente pubblicazione di "itinerari speleologici" del Gruppo Speleo State e del Gruppo Speleo Martinese

Cartina Galleria fotografica del lavoro Esposizione dati  
(file 480Kb)
Tabella Riassuntiva
 (file 13Kb)
Grafici valori chimico-fisici Piovosità Gen-Giu '95 

INTRODUZIONE

Il presente lavoro comprende una serie di analisi effettuate su un corso d’acqua di falda che non copre un normale tracciato naturale, ma che si sviluppa e trae origine grazie ad una imponente opera di ingegneria idraulica: l’acquedotto romano del Triglio, che si sviluppa per diversi chilometri tra i comuni di Statte e Crispiano (a nord di Taranto) in maniera del tutto sotterranea per poi affiorare nei pressi della città di Taranto.

L’ obiettivo della ricerca è stato la valutazione dal punto di vista chimico e biologico di come la presenza di insediamenti urbani e industriali, sia pure di ridotte dimensioni possa produrre senza controllo, inquinamento ambientale. Sebbene le analisi siano state effettuate su acque attualmente destinate ad uso agricolo, la presenza in esse di sostanze tossiche o nocive o di altre sostanze non patogene per l’ uomo, può alterare gravemente l’ equilibrio dell’ ecosistema producendo inquinamento ambientale.

NOTE GEOMORFOLOGICHE E TOPOGRAFICHE DEL SITO

L’ acquedotto del Triglio si sviluppa su di un territorio compreso tra le coordinate geografiche: long. 17° 13’ 30’’ / 17° 11’ 00’’; lat. 40° 28’ 50’’ / 40° 36’ 50’’ ed insiste nella sua interezza nell’ area della provincia di Taranto.

E’ alimentato dalle sorgenti del Triglio che scaturiscono dal Monte Crispiano in zona Vallenza (territorio di Statte), a m. 120 sul livello del mare. Si sviluppa in un sistema di gallerie sotterranee artificiali scavate in un banco roccioso, costituto da calcari del Cretaceo superiore e calcareniti Plio-Pleistoceniche (calcareniti di Gravina, che dalle nostre parti vengono denominate col termine tufo), ma vi sono anche zone di breccia e conglomerato. In alcuni punti le gallerie sono state rinforzate con blocchi di calcarenite per contrastare smottamenti e frane di materiale incoerente.

Le gallerie sono alimentate da sei sorgenti: Boccaladrona, Lazzarola, Rosamarina, Alezza, Miola e Monte Specchia; drenando le acque attraverso raccordi in un collettore principale.

Dai rilievi effettuati e dalle esplorazioni condotte dal G.S.S. e dal G.S.M. nelle varie parti del complesso, si stima che la lunghezza totale dell’ acquedotto sotterraneo si aggiri sui 18 km, affiorando con archi a tutto sesto solo nei pressi del rione Tamburi di Taranto onde superare i dislivelli e gli impaludamenti.

Quest’ opera ha condotto per molti secoli, fino al 1° Gennaio 1928, l’ acqua nella città di Taranto, alimentando la fontana della Gran Piazza (Piazza Fontana).

Dal punto di vista cartografico, l’ acquedotto è localizzabile in una vasta area compresa tra le gravine di L’ Amastuola, Triglio, Leucaspide, Miola e Alezza, percorrendone ampi tratti dei fondi.

Le sorgenti dell’ acquedotto del Triglio sono costituite da scaturigini carsiche attualmente di modesta portata, che si presentano come piccoli condotti freatici disposti lungo i fianchi delle gallerie. Tali adduttori contribuiscono, per piccola parte, al bilancio idrico del sistema, mentre la maggior parte delle acque deriva da zone di emergenza concentrata, dove, in pochi metri quadri di ambiente, si rinvengono anche decine di apporti idrici.

Le gallerie sotterranee, scavate manualmente in epoche remote, sono condotti larghi mediamente 60/70 cm e presentano un’ altezza variabile tra il metro e quaranta e i due metri, con tratti estremi tra il metro ed i cinque metri.

L’ acquedotto è composto da rami fossili e rami attivi, oggi utilizzati solo per l’ irrigazione dei campi e per altri usi agricoli. I rami sotterranei sono collegati da pozzetti di areazione, che un tempo venivano usati per l’ estrazione dei materiali cavati. Si trovano ancora oggi ubicati a circa 30/40 metri l’ uno dall’ altro.

ANALISI CHIMICO-FISICHE e BATTERIOLOGICHE

Nel 1995 è stato fatto un monitoraggio comprendente una serie di analisi effettuate sul corso d’acqua. Tale lavoro è stato realizzato presso i laboratori del I.T.I.S. “A.Pacinotti” di TARANTO , da Ficocelli Salvatore, Gentile Giacinto Cosimo, Mauro Giuseppe, al tempo studenti in Chimica.

E’ stato fatto un campionamento preliminare direttamente ad una delle sei sorgenti (tratto Baccaladrona). Dalle analisi, si evince che l’acqua all’ inizio del suo percorso è pura sia da inquinanti chimici che batteriologici.

Il monitoraggio successivo ha avuto una durata di sei mesi con un totale di 10 prelievi, realizzati a distanza di due settimane l’uno dall’altro. Questi hanno interessato due siti per il campionamento, uno prima dell’abitato di Statte (nella gravina del Triglio) al punto di confluenza delle sei sorgenti, denominato “Monte, e l’altro sulla strada per Taranto (vasche di raccolta) denominato “Valle “.

Analisi chimiche : la ricerca qualitativa e la determinazione quantitativa delle sostanze chimiche è la base fondamentale per stabilire la qualità di un’ acqua e i relativi standard di rispetto.

Facendo riferimento alla direttiva CEE n° 80/778 abbiamo trattato tali acque come potabili.

Le analisi chimiche fatte sui campioni prelevati hanno dato risultati caratteristici di un’acqua leggermente dura e con valori accettabili per nitrati, cloruri, solfati (vedi grafici). Si sono avuti valori alti per i fosfati, causati certamente da inquinamento da sostanze organiche, detersivi e concimi chimici. Tra le analisi chimiche, sono stati ricercati i metalli quali Piombo, Mercurio, Ferro, Nichel e Rame. Di questi hanno destato particolare interesse i risultati del Piombo e Mercurio. I loro valori aumentano enormemente lungo il percorso sotterraneo da Statte verso Taranto, superando di molto i valori massimi ammissibili riportati sulla Gazzetta Ufficiale del 1988 (allora la più recente disponibile).

Analisi batteriologiche: L‘esame microbiologico delle acque comprende tutti i metodi di laboratorio in grado di mettere in evidenza, generalmente per mezzo della coltivazione in idonei terreni di coltura, i microrganismi presenti nelle acque stesse, i quali sono espressione del grado di inquinamento cui le acque possono essere soggette in varie situazioni.

Il controllo microbiologico delle acque riveste particolare importanza per quelle da destinare all’ approvvigionamento a scopo potabile. E’ pertanto opportuno utilizzare tuttora, nel controllo microbiologico delle acque gli indici batterici di inquinamento ed in primo luogo la ricerca qualitativa e quantitativa dei colonbatteri totali e dei colonbatteri fecali.

Essi non sono patogeni (o quanto meno la loro eventuale patogenicità non ha rilievo in questo tipo di controllo) ma, essendo presenti costantemente ed in numero elevatissimo nel materiale fecale di origine umana e animale, vengono considerati indici di inquinamento e , quindi, di probabile presenza di microrganismi patogeni.

La presenza dei colonbatteri, che è considerata indizio di una contaminazione nelle acque profonde, è praticamente costante nelle acque superficiali. Infatti, entro certi limiti, i colonbatteri possono anche essere presenti nell’ ambiente indipendentemente da qualsiasi contaminazione fecale e i colonbatteri fecali, in particolare, pervengono alle acque di superficie per mezzo del dilavamento del terreno anche in assenza di veri e propri scarichi cloacali.

Per quanto riguarda queste analisi, ne sono state effettuate due complete di tutte le ricerche che comunemente si fanno per stabilire la presenza di inquinamento fecale. Inoltre, in gennaio, abbiamo effettuato la ricerca del vibrione del colera presso il laboratorio provinciale di Taranto (tale analisi ha comunque dato esito negativo) ed abbiamo seguito l’andamento degli streptococchi fecali e delle spore dei solfito riduttori. Informazioni più specifiche sono date dai microrganismi indice di inquinamento fecale e cioè i coliformi totali e fecali rilevati all’inizio e alla fine del monitoraggio. La presenza di questi batteri è indice di inquinamento recente. Inoltre è stato riscontrato, da un monitoragio mensile, un inquinamento più vecchio dato dagli streptococchi e dai clostridi. Tali dati indicano che l’acqua non è batteriologicamente potabilità.

Queste analisi hanno evidenziato nell’acqua inquinamento di tipo fecale derivante, a nostro avviso, dalla vicinanza dello scarico del depuratore di Crispiano che fiancheggia l’acquedotto prima dell’abitato di Statte.

Il monitoraggio ha constatato come l’abitato di Statte attraversato dall’acquedotto e lo scarico fognario del depuratore di Crispiano, portano l’acqua dalla quasi purezza delle sue sorgenti ad uno stato di inquinamento pesante e di diverso tipo.

PER CONCLUDERE

Dai dati ottenuti è evidente che l’acqua, sia a monte che a valle non è potabile, mentre si presenta tale all’inizio del suo tragitto.

L’acqua utilizzata per irrigare i campi, viene classificata secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti o U.S.D.A. tramite la conducibilità (pericolo di salificazione) e l’indice del Sodium-Adsorptio-Ratio o S.A.R. (pericolo di alcalinizzazione).

I valori di S.A.R. sono stati calcolati per l’acqua di monte e di valle tenendo conto dei valori medi di Na, Ca e Mg. Tale acqua ha un pericolo di alcalinizzazione basso e uno di salificazione medio; può, per queste caratteristiche essere utilizzata per irrigazione su quasi tutti i suoli.

Data l’importanza dell’opera si sta pensando ad un suo progetto di recupero. Infatti, oltre alla pessima qualità delle acque vi è anche un avanzato stato di abbandono e fatiscenza della struttura, cosa facilmente riscontrabile anche dai meno attenti osservatori. Pur tralasciando la parte emersa, dai sopralluoghi effettuati nelle condotte sotterranee si riscontrano diversi intasamenti. Questi sono dovuti sia a crolli per la mancata manutenzione sia a strutture fisse che i contadini locali usano per facilitare la raccolta dell’acqua.

Proprio per questo motivo il Gruppo Speleo Statte assieme ad altri gruppi della zona si è sempre adoperato per la valorizzazione e la conoscenza dell’Acquedotto Romano del Triglio anche al di fuori dell’ambito locale.

Siamo convinti che la conoscenza e la divulgazione del materiale da noi elaborato possa contribuire alla salvaguardia dell’opera.