Relazione di "Memorie di Adriano" di M. Yourcenar
Marguerite Yourcenar, è nata a Bruxelles nel 1903 ed è
morta a Maine nel 1987.
Viaggiatrice, studiosa e traduttrice di opere della Grecia Classica e
dell'Oriente, ha dato vita a una narrativa piena di riferimenti classici ed
evocante un mondo di alto valore umanistico, dove la meditazione dei
protagonisti è spesso rievocazione di un tempo storico.
Lo stile di rara eleganza e la pienezza del pensiero l'hanno fatta accogliere
come prima presenza femminile all'Académie Francaise (1980).
In Memorie di Adriano la Yourcenar descrive la Roma del secondo secolo a.C
catapultandosi nel personaggio dell'imperatore Adriano, del quale in questa
sorta di diario è esaltata la coscienza lucida e forte che avverte la prossima
fine dell'impero.
All'età di sessantadue anni, sentendo l'avvicinarsi della sua morte, scrive una
lunga lettera al giovane Marco Aurelio per raccontargli la propria
vita.Inizialmente evoca la giovinezza, i viaggi e le conquiste dimostrando di
essere sempre riuscito a mantenere la consapevolezza che Roma finirà un giorno
per tramontare. Tuttavia il suo senso dell'umano, ereditato dai Greci, gli fa
capire l'importanza di pensare e di servire la patria fino alla fine.
Per quanto questa sua consapevolezza sia continuamente confermata da lui stesso,
Adriano tenta con ogni mezzo d'evitarla, o per lo meno di allontanarla.
Infatti non é un caso che la Yourcenar dedichi più di cinquanta pagine alle
opere pubbliche fatte dall'imperatore.
Esso ha una precisa immagine dell'estetica dal proprio punto di vista, sempre
fortemente influenzato da quello greco.
A conferma del suo amore per la Grecia ci sono alcuni tratti in particolare, nei
quali Adriano ammette di essersi ispirato all'immagine di Atene per quella di
Roma.
« L'Olimpyon
di Atene non poteva non rappresentare il
contrappeso esatto del Partenone, adagiato nella pianura come
l'altro si erge sulla collina, immenso dove l'altro é perfetto:
l'ardore ai piedi della calma, lo splendore ai piedi della bellezza.»
Non apprezza la schiavitù sotto nessuna forma, dai gladiatori costretti a
sollecitare l'iralità del popolo con il loro sangue ai popoli condannati a
lavorare nelle miniere, ma preferisce queste schiavitù a quelle dello spirito o
dell'immaginazione umana.
Il fulcro dell'esistenza di Adriano si ha dopo l'incontro, avvenuto durante un
viaggio in Asia Minore, con Antinoo, il giovane greco che illuminerà la sua
vita di una singolare passione.
« Non fui padrone assoluto che una sola volta
e di un solo essere.».
Con quest'incontro hanno inizio per Adriano alcuni anni favolosi Antinoo
era un giovane greco di famigliua povera originario di Claudiopoli. Ne abbimo la
prima descrizione durante la prima conversazione che tiene con Adriano, che
rimane subito affascinato da i suoi silenzi e dal suo modo di fare molto
riservato.
Nonostante che i genitori si fossero preoccupati di dargli una buona cultura,
Antinoo era poco istruito, ignaro quasi di tutto,ma riflessivo, ingenuo.Il suo
corpo era quello di un giovane scattante in continua trasformazione: Adriano
sottolinea questa ovvia caratteristica della gioventù per giustificare
l'assenza di un ritratto fisico da associare a quello psicologico molto
dettagliato; ammette così i suoi tentativi di renderne immortale l'immagine nel
proprio ricordo tramite la costruzione di statue che lo somigliano nei
minimi particolari, riassumendo infine questi pensieri in una delle tante
"perle di saggezza" presenti nella biografia.
«I volti che noi cerchiamo disperatamente ci
sfuggono:è sempre solo un istante...».
Molto interessante è anche notare il crescendo d'estasi nelle parole dedicate
da Adriano al compagno , ormai defunto, e che sono scritte dalla Yourcenar
proprio nell'intento di trasmettere al lettore la passione dell'imperatore.
Con il passare degli anni Antinoo inizia inevitabilmente a mostrare le orme del
tempo sia sul suo aspetto fisico che su quello interiore: oramai non è più il
fanciullo devoto e zelante di un tempo e le sue trasformazioni, delle quali è
pienamente consapevole, lo portano al suicidio.
Il ventenne, recatosi al tempio di Zeus, aveva servito un ultimo pasto di
colombe dalle ali mozzate ad un serpente, emblema strisciante dello spirito
della terra; in seguito l'aveva ucciso ed aveva pregato, per poi lasciarsi
annegare in un fiume vicino.
Questo avvenimento, che segna la fine del saeculum aureum ,segna drasticamente
la vita di Adriano, che si rifugia in un silenzio turbolento durante il quale la
figura dell'imperatore prende il sopravvento su quella dell'uomo.
Inizia così a dedicarsi al suo "mestiere" con un discernimento
maggiore rispetto al fervore d'altri tempi:fa costruire un'infinità di statue
che rappresentano Antinoo e addirittura inaugura templi dedicati al culto
dell'amato, il tutto per timore di dimenticare.
Certo non in funzione di questi "onori" Adriano continua ad amare
Antinoo fino alla morte, che arriva poco a poco con la malattia.
E questo imperatore, le cui saggezza e umanità sono riuscite a commuovermi,
conclude così la sua lettera a Marco Aurelio:
« Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti...».
Questa relazione è stata inviata da Bianca - GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!