Riassunto 5° Capitolo de "I Promessi Sposi"
Padre Cristoforo giunge a casa di Lucia e trovatala con la madre si fa dar
notizia del problema in questione. Saputo delle vicissitudini di Renzo e Lucia,
esprimendo tutto il suo conforto nei confronti degli sventurati e biasimando i
responsabili della storia in questione, padre Cristoforo si sforza di trovare un
rimedio, giungendo poi alla conclusione che a parlare con don Rodrigo sarebbe
stato proprio egli stesso. Accortosi poi dell'arrivo di Renzo si fa promettere
che quest'ultimo non avrebbe tentato diverse soluzioni che la fede in Dio.
Si dirige in seguito verso la residenza di don Rodrigo, scoprendo che si tratta
di un palazzotto dall'aspetto elegante e in un certo senso violento, ma ciò che
del paesaggio viene messo maggiormente in risalto sono le casupole - e i
contadini che le abitano - che giacciono sulla strada che porta a don Rodrigo.
Esse, già dal loro aspetto, comunicano un senso generale di oppressione e
stento; per la strada sono visibili a padre Cristoforo numerosi bravi,
personaggi di chiara tempra violenta.
Giunto al palazzo il frate coglie don Rodrigo mentre pranza con il cugino conte
Attilio, con il podestà e con il dottor Azzecca-Garbugli. È in corso un
dibattito tra il conte e il politico a proposito di una vicenda riguardante un
messaggero malmenato dal cavaliere al quale aveva consegnato un messaggio di
sfida. Attilio sostiene come le bastonate siano legittime per un cavaliere nei
confronti di un "mascalzone", vocabolo che identifica con gli umili in
genere; il podestà è invece del parere opposto, sostenendo l'illegittimità
dell'accaduto. In questa controversia emerge come la dimensione sociale dei due
dibattenti sia fonte delle due tesi, radicalmente opposte: il conte sostiene la
forza, che contraddistingue il suo ruolo sociale, e lo stesso fa il podestà con
la legittimità. È notevole anche l'atteggiamento del dottor Azzecca-Garbugli,
al quale la professione dovrebbe consegnare la capacità di giudicare, lascia a
padre Cristoforo, fino a quel punto limitatosi a non contraddire don
Rodrigo che l'aveva celatamente provocato in più occasioni, la facoltà
della sentenza.
Lo screzio si risolve con la frase: "il mio debole parere sarebbe che non
vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate" che delude i
contendenti ma che appunto pone fine al dibattito.
Don Rodrigo introduce quindi un nuovo discorso a proposito della successione al
ducato di Mantova, che pone ancora di fronte il conte Attilio e il podestà ma
che si risolve con un brindisi e con il comune accordo dei tre commensali sul
primato della violenza. In seguito lo stesso don Rodrigo, mantenutosi fino ad
allora nel solo ruolo di aizzatore e provocatore, intendendo sbrigare al più
presto la seccatura arrecatagli dall'arrivo di padre Cristoforo lo invita ad
esporgli le sue questioni, scena con cui si conclude il capitolo.
Questa ricerca è stata inviate da Paolo (Paolo) - GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!