CIRCOLO
TEMATICO |
i DEMOCRATICI – Circolo tematico "AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI" Cagliari, vico dei Mille n°5 - telefax: 070.673858 – Email: demosar@tiscalinet.it Proposte per una riforma della politica regionale per l’AMBIENTE Sintesi di quanto emerso nelle riunioni del gruppo di lavoro che si è costituito in seguito all’invito trasmesso dal coordinatore lo scorso settembre. Il documento riassume molto lavoro e quindi ambisce ad essere piuttosto stabile sono sempre graditi contributi migliorativi. Indirizzando a : demosar@tiscalinet.it
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PREMESSA Nonostante l'incertezza normativa che ha caratterizzato i quasi sei anni trascorsi dalla prima approvazione della riforma dei lavori pubblici (legge 109 del gennaio 1994), la Sardegna ha visto in questo periodo la realizzazione di numerose opere di ammodernamento della rete stradale, adeguamento dell'edilizia ospedaliera, riordino delle condotte idriche adduttrici, dorsali elettriche ed elettrificazione rurale, costruzioni ed edilizia portuale ed aeroportuale, bonifiche, smaltimento dei rifiuti ed impianti di depurazione. Il totale degli investimenti in questione, nel periodo detto, ammonta a migliaia di miliardi. Di contro a tale quantità di investimenti, peraltro non sufficiente a colmare lo storico deficit di infrastrutture della nostra Regione, il sistema delle imprese di costruzione della Sardegna appare oggi debole e sofferente come non mai, incerto sul futuro ed impreparato alla serie di verifiche richiesta dal sistema di certificazione della qualità previsto dalla riforma nazionale per partecipare a gare anche di modestissima entità. Analoga situazione di sofferenza si riscontra tra le strutture di produzione componenti e di servizio, ed in particolare negli studi di progettazione. Inoltre la mancanza di una seria attività di programmazione a monte delle decisioni di investimento fa crescere sino a livelli patologici la quantità di opere pubbliche incompiute ed anche compiute ma mai entrate in esercizio. Per di più la mancanza di un quadro di riferimento che coordini previsioni di sviluppo territoriale con piani di investimento settoriali, produce numerosi episodi nei quali si realizzano opere di scarsa utilità e d'altra parte si frenano iniziative produttive per mancanza di infrastrutture (ad es. Cagliari, con i suoi oltre 30Km di banchine portuali, non è in grado di offrire un lotto industriale/artigianale a bocca di porto perché privo di strumenti urbanistici attuativi). In questo quadro la revisione della legge regionale sui lavori pubblici, che risale al 1987, si impone ormai con urgenza sia per armonizzarsi con gli aspetti positivi contenuti nella riforma nazionale, sia per integrare e correggere le non poche lacune e rigidità procedurali della riforma nazionale che rischiano di lasciare senza pratica attuazione importanti e potenzialmente molto utili innovazioni, quali quelle rivolte a convogliare nella realizzazione e gestione di opere di pubblica utilità rilevanti quote di capitale privato. Oltre ad una legge regionale, che si avvalga in pieno della potestà attribuita alla Regione Autonoma della Sardegna dall'art. 3 del vigente Statuto, la situazione di crisi richiede provvedimenti correttivi di diverso tipo, e precisamente: * interventi amministrativi e congiunturali da attivare in tempi rapidi * definizione di normative tecniche e procedurali che aumentino le possibilità per le strutture produttive locali di lavorare da titolari e non in subappalto * iniziative di diverso livello ed ambito rivolte a produrre le modificazioni di struttura necessarie perché aumenti l'interdipendenza tra investimenti in opere pubbliche e struttura economica regionale
INTERVENTI AMMINISTRATIVI E CONGIUNTURALI Tra le iniziative di livello amministrativo, che potrebbero essere attuate in tempi brevissimi ed apportare benefici sensibili, il primo posto spetta certamente al taglio dimensionale degli interventi, che spesso vede svolgersi gare di appalto di importo troppo alto per il sistema delle imprese locali. Spesso queste dimensioni non sono giustificate da ragioni tecniche (la normativa Europea proibisce "artificiosi scorpori") ed in più di un caso si è assistito addirittura ad "artificiosi accorpamenti" di opere che potevano più utilmente essere realizzate con più interventi di minori dimensioni. Emblematico in proposito rimane l'episodio della gara di progettazione degli svincoli della SS.130 da Cagliari a Decimomannu, per un importo complessivo di 30 miliardi. Siffatta procedura, mai giustificata nonostante ripetuti solleciti, ha sinora puntualmente prodotto l'affidamento del progetto ad uno studio del continente, e domani puntualmente produrrà l'aggiudicazione dell'appalto ad un'impresa del continente. Ad ogni buon conto manovali e ruspisti saranno quasi sicuramente sardi. La correzione di questa distorsione non richiede nessun provvedimento normativo, ma soltanto che l'amministrazione regionale affidi compiti di dirigenza a persone consapevoli dell'importanza che il loro ruolo riveste, ed indirizzino la loro attività non al risparmio di fatica od al tornaconto personale (collaudi) ma allo sviluppo economico della regione che ha riposto fiducia nel loro operare. Altro utile provvedimento amministrativo che può essere subito attuato è il maggior ricorso alla nuova forma di aggiudicazione dei lavori pubblici prevista dalla legge 415 del 1998, che ha introdotto lo strumento della "concessione di lavori pubblici". Con questa nuovo sistema (nulla a che vedere con le precedenti concessioni di infelice memoria, piuttosto una revisione ed estensione degli "appalti integrati" ora aboliti) la gara viene svolta sulla base del solo progetto preliminare, e quindi la procedura per l'affidamento e lo svolgimento della progettazione viene di molto semplificata e accelerata. Quel che più conta è che alle imprese viene chiesto uno sforzo non di poco conto per partecipare alla gara, in quanto dovranno presentare elaborati progettuali ed economici piuttosto impegnativi, e quindi verrà meno la prassi attuale che vede, di fronte ad un costo di partecipazione alle gare assolutamente irrisorio, imprese di ogni parte d'Italia presentare offerta anche per lavori di modesta entità e con ribassi spropositati, rendendo la procedura di aggiudicazione spesso più simile ad una lotteria che non ad un momento di ponderata valutazione tecnica ed economica. DEFINIZIONE DI NORMATIVE TECNICHE E PROCEDURALI Il recente ammodernamento della principale arteria della Sardegna ha visto le imprese sarde escluse da gran parte delle aggiudicazioni anche per via delle "linee guida alla progettazione" che imponevano l'utilizzazione di attrezzature molto costose e quindi ammortizzabili soltanto con un fatturato di gran lunga superiore a quello delle nostre maggiori imprese. Questo episodio dovrebbe aiutare a comprendere l'importanza delle normative tecniche che da sempre e in tutte le parti del mondo (con l'eccezione della Sardegna) sono state adottate in modo da assicurare la produzione di opere aderenti alle esigenze delle comunità locali. La definizione di una normativa tecnica regionale per i lavori pubblici, e delle connesse linee guida per la progettazione, non è certo opera di modesto impegno, da realizzarsi in tempi brevissimi. Certamente però, coinvolgendo nella sua definizione le organizzazioni rappresentative delle imprese, degli industriali del settore e dei progettisti, si potrebbe pervenire in meno di un anno alla stesura di un regolamento che, nel rispetto dei vincoli di legge sulla libera concorrenza, una volta approvato dal Consiglio regionale produrrebbe il duplice beneficio di opere di migliore qualità e di un maggiore indotto degli investimenti in infrastrutture sull'economia regionale. Le stesse procedure per l'aggiudicazione dei lavori, in virtù delle competenze che lo Statuto attribuisce alla Regione Sardegna, potrebbero differenziarsi da quelle nazionali, purché senza entrare in contrasto con le norme Europee e con "i princìpi desumibili dalle disposizioni" della L. 109/94. Anche la definizione di modifiche da introdurre ai sistemi di realizzazione di lavori pubblici potrebbe utilmente avvalersi dello stesso metodo sopra proposto per la normativa tecnica, coinvolgendo gli operatori locali nella loro definizione. AVVIO DI MODIFICAZIONI STRUTTURALI Il settore delle costruzioni riveste grande importanza in tutte le nazioni, siano esse molto sviluppate oppure arretrate, e ciò tanto per l'entità dei flussi di denaro che mobilita, quanto per l'importanza di un moderno sistema di infrastrutture ai fini dell'efficienza complessiva del paese, ed anche per la diffusione di addetti, imprese, fornitori di componenti e di servizi su tutto il territorio nazionale. L'ammodernamento strutturale di un tale settore non è quindi operazione che può essere attuata in tempi brevi, tanto meno con l'approccio ondivago e soggetto a continue correzioni ed annullamenti che ha caratterizzato sinora la riforma che prende il nome dall'allora ministro Merloni. Eppure elementi di modernizzazione devono essere introdotti anche in questo settore, partendo dagli elementi positivi introdotti nella riforma nazionale in seguito ai diversi interventi correttivi succedutisi con notevole frequenza dal gennaio 1994 ad oggi. Tra questi il più interessante e promettente sembra essere il complesso di disposizioni rivolte a far convergere importanti quote di capitale privato nella realizzazione di opere di pubblica utilità, generalmente indicate con il termine "project financing". Per la diffusione di questo nuovo metodo d'intervento sono necessari interventi coordinati in diversi settori, rivolti a creare negli addetti al settore le indispensabili nuove competenze, a creare nelle strutture creditizie ed assicurative gli opportuni strumenti finanziari, a diffondere nella pubblica amministrazione la cultura capace di conciliare i criteri di convenienza degli investitori privati con quelli della garanzia della pubblica utilità degli interventi e delle gestioni proposti. L'impegno necessario per portare a regime il project financing è esaltante per via della grande complessità e della vastità dell'innovazione, che comporta modificazioni culturali profonde in tutte le categorie di operatori. Esso deve quindi essere affrontato con la corretta percezione della dimensione del problema, accompagnata dalla consapevolezza che senza coinvolgimento dei privati nel finanziamento e nella gestione di molti servizi di pubblica utilità, il deficit di infrastrutture di servizio che caratterizza la nostra Regione è destinato ad aumentare. Deve essere quindi abbandonata l'illusione che basti un articolo di legge (pur sempre necessario ma non sufficiente) a produrre i risultati attesi. Anche la Regione Sardegna dovrà dotarsi, come già avvenuto a livello nazionale, di una unità tecnica per la finanza di progetto che possa recepire le indicazioni e fornire documentazione ad un apposito comitato, da costituirsi presso la Presidenza della giunta regionale o presso l'Assessorato alla programmazione, nel quale siano rappresentati i diversi Assessorati regionali e le organizzazioni degli operatori del settore insieme ai rappresentanti degli istituti finanziari, creditizi ed assicurativi che vantano una più lunga e capillare presenza nel territorio regionale. PROGRAMMAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE Parallelamente alle iniziative per favorire la finanza di progetto, dovrà essere posto maggiore impegno che nel passato per impostare correttamente la programmazione degli interventi. In proposito non occorre introdurre nessuna nuova norma regionale o nazionale, ma semplicemente attuare ciò che le leggi da tempo più o meno lungo prescrivono. La programmazione della grande rete di infrastrutture regionali, in stretto coordinamento con le diverse vocazioni territoriali e con le previsioni di sviluppo nei vari settori produttivi e di servizio, è prevista sin dal 1975 dalla legge regionale n° 33 tramite lo "Schema di assetto del territorio", indicazione ripresa 21 anni dopo, con finalità sostanzialmente uguali, dalla L.R. 14 del 1996 che, all'art. 2, prescriveva la predisposizione del "Programma integrato di rilevanza regionale". Non aver predisposto questi necessari strumenti, e sostanzialmente aver sottovalutato e quindi trascurato la costruzione di quadri di coordinamento e indirizzo a livello regionale e provinciale, ha lasciato i livelli istituzionali sottostanti e gli operatori economici privi delle necessarie certezze e riferimenti ai quali ancorare le proprie autonome scelte di sviluppo e di investimento. A livello di singolo Ente locale, la programmazione delle opere pubbliche come disciplinata dalla legge 109/94 (nella versione modificata nel dicembre 1998 dalla L. 415), con la prescrizione del programma triennale e dell'elenco annuale (L.109/94, art. 14) appare sostanzialmente bene impostata. Ciò che manca è il finanziamento di tale attività di programmazione, che si fonda sulla predisposizione di studi di fattibilità e di progetti preliminari, prerequisito tassativamente prescritto per poter accedere a qualsiasi forma di finanziamento, ed anche per poter accogliere proposte di iniziativa privata. Seppure quest'ultimo aspetto sembra eccessivamente rigido e capace di depotenziare o fortemente ritardare la formulazione di proposte da parte di privati, i necessari studi di fattibilità e progetti preliminari devono essere adeguatamente finanziati, senza le rigidità procedurali osservate negli ultimi anni. Infatti la pretesa di non legittimare le spese di progettazione se non in presenza della certezza di finanziamento dell'opera ha generato un circolo vizioso per via del quale la stragrande maggioranza degli Enti locali sono rimasti privi di finanziamenti perché sprovvisti dei progetti, richiesti sia dall'Unione Europea che dal CIPE nazionale come prerequisito per l'erogazione dei fondi necessari alla costruzione dell'opera. La previsione nel bilancio regionale di prossima redazione di un fondo per finanziare la programmazione di opere pubbliche da parte degli Enti locali, secondo le procedure della L.109/94, appare intervento quanto mai necessario ed urgente. Anche i gravi ritardi nella pianificazione urbanistica dei singoli Comuni incidono negativamente sulle possibilità di sviluppo del settore delle costruzioni. Mentre negli ultimi anni si è dedicata molta attenzione ai problemi delle zone turistiche, con la giusta preoccupazione di non compromettere il patrimonio ambientale della nostra Regione, ed in particolare la zona costiera, poca attenzione è stata rivolta alla predisposizione di infrastrutture per la mobilità, specie attorno alle maggiori concentrazioni urbane, ed anche per le zone industriali/artigianali. Queste ultime sono state in gran parte oggetto di accaparramenti speculativi, per cui non è raro il caso di imprenditori che non trovano aree disponibili di contro ad aree acquistate da privati a prezzo promozionale e rimaste inutilizzate per decenni, in attesa di poterle rivendere ad investitori privi di valide alternative. Questa situazione deve cessare sia attraverso iniziative positive, rivolte ad accelerare la predisposizione e l'approvazione dei piani per gli insediamenti produttivi, sia attraverso azioni rivolte a rientrare in possesso di aree artigianali cedute a privati ma rimaste a lungo inutilizzate. |
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