Paolo Gulisano
Il mondialismo contro la vita e la famiglia
 
3 marzo 2000

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un rapido stravolgimento dei valori che da secoli - e prima ancora dello stesso Cristianesimo, basti pensare all'etica della Grecia classica - avevano permeato ed ordinato di sé la civiltà europea. Il crollo dei valori tradizionali implica, proporzionalmente, il crollo dei legami che tengono insieme i gruppi sociali.

I miti progressisti, concepiti in epoca illuminista e pienamente realizzati nel XX° secolo dalle dittature e dalle tecnocrazie, hanno voluto colpire in particolare l'istituto familiare, per arrivare poi alla disgregazione dell'identità umana (vedi manipolazioni genetiche). Nella società moderna la fedeltà dell'individuo deve essere rivolta verso il sistema, verso gli idoli che esso propone, come il successo, il piacere, il denaro.

La famiglia, intesa come legame stabile e fedele, è vista come una pericolosa concorrente. Inoltre nella mentalità dominante, la qualità della vita sta diventando molto più importante della vita stessa. Ma chi decide della qualità della vita? L'affermarsi di un'"etica delle opportunità" apre prospettive inquietanti: la scienza moderna, forte del metodo positivistico e dei suoi dogmi efficientisti, ha conseguito eccellenti risultati sul piano tecnico con innegabili progressi nella diagnosi e nella terapia delle malattie.

Ma mentre molti scienziati si sono impegnati efficacemente nella difesa della vita, da altre parti si è lavorato secondo una logica diversa, che considera indegne di essere vissute le vite di determinate persone, secondo una filosofia "utilitaristica", che tuttavia non può fare a meno di regole e limiti. Il diritto alla vita non è una concessione dello Stato: è un diritto anteriore ad esso.

Occorre arginare tutte le tendenze neo-malthusiane e neo-darwiniste che vanno diffondendosi attualmente nelle legislazioni dei diversi paesi.

Forse sarebbe giusto pensare, dopo cinquant'anni di retorica sui diritti, ad una carta dei doveri dell'uomo. Doveri davanti a se stesso e alla comunità umana. La visione individualista che permea le varie legislazioni fa sì che, in pratica, all'enunciazione teorica dei grandi princìpi non ne segue una applicazione pratica nei casi concreti.

Così dal 1948 ad oggi il diritto fondamentale alla vita è andato progressivamente negato, con l'applicazione su larga scala di normative legalizzanti la pratica dell'aborto, spesso voluta e favorita da organismi stessi dell'ONU che l'hanno imposta ai paesi del terzo mondo come sistema di controllo delle nascite.

La Chiesa, attraverso il magistero coraggioso di Papa Giovanni Paolo II ha fermamente ricordato che è necessario opporsi non solo al crimine, ma anche alle legislazioni criminose. Pertanto se un governo legifera criminalmente, bisogna andare contro questa legislazione, difendendo sempre il comandamento "non uccidere".

La scienza ha ormai ampiamente dimostrato come esista una continuità nel processo di sviluppo dell'essere umano nello stato embrionale. Appare quindi sempre più chiaro che la tesi del preembrione (privo di diritti giuridici) serve unicamente a giustificare, sul piano etico, la diffusione dell'aborto precoce attraverso ritrovati biochimici (non ci sentiamo di definirli farmaci) come la famosa RU-486. L'aborto chimico, non traumatico, invisibile e soft è la nuova strategia della mentalità antinatalista e antivita.

Un aborto "fai-da-te" che passa inosservato, che riduce i costi per i ricoveri, che elimina le complicazioni di tipo psicologico e morale. Attorno al piccolo embrione, inoltre, si giocano altre partite con alte poste in palio: si parla ormai diffusamente di "clonazione terapeutica". Che significa "produrre" embrioni in vitro, risultato di clonazioni di proprie cellule, allo scopo di avere materiale organico (ovvero tessuti o organi) disponibili per eventuali trapianti.

Come spesso accade, dietro motivazioni "umanitarie" si nascondono interessi economici che precludono a scenari degni della peggiore fantascienza: "doppioni" di esseri umani conservati in laboratorio, creature destinate a fornire "pezzi" sostitutivi e così via.

L'aborto legalizzato rientra nella strategia mondialista di distruzione della coscienza cristiana: da oltre un cinquantennio organismi dipendenti dall'ONU o finanziati dalle grandi multinazionali americane si adoperano per diffondere nel mondo le pratiche e le politiche abortiste.

Quello che oggi è in gioco è la concezione stessa dell'uomo, e quindi il suo futuro: occorre un impegno di carattere culturale e politico che respinga in quanto umanamente letale il relativismo etico.

Paolo Gulisano
(Responsabile Ufficio Famiglia di Identità Europea)




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