Viveva a Giglio Castello una donna molto energica, schietta e battagliera, che chiameremo Anita. Questa aveva molti figli, ma uno di questi (che chiameremo Otello) la faceva dannare più di tutti gli altri messi insieme. Scapestrato oltre ogni umana immaginazione, da bambino e da ragazzo non passava giorno che non ne combinasse una.
    Anita sperava che crescendo sarebbe cambiato. Effettivamente Otello cresceva bene e dopo l'adolescenza i suoi interessi in campo femminile sembravano averlo calmato. La sua passione era farsi ammirare dalle ragazze l'estate, quando si tuffava dal Ripone, uno scoglio molto alto vicino alla torre del Campese.
    Aveva un fisico da bronzo di Riace, un sorriso splendente a 180 gradi, uno sguardo perennemente a presa in giro.
    Durante un'estate degli anni Sessanta si cominciò a vociferare che Otello amoreggiasse con una giovane sposa in vacanza senza il marito, ma con i figli, alla spiaggia delle Cannelle. I due effettivamente erano stati presi da una folle passione che li coinvolse sempre più fino al punto di non stare attenti neppure a salvare le apparenze.
    Per questo la vicenda assunse dimensioni tali che Anita decise di dover intervenire per porre fine allo scandalo. Partì a piedi da Giglio Castello e si recò fino alle Cannelle dove redarguì severamente la giovane sposa richiamandola ai suoi doveri di madre e di moglie e diffidandola a continuare la tresca col proprio figlio. Quindi ritornò a casa.
    L'unico risultato che ottenne fu che l'indomani la giovane sposa fuggì con Otello, abbandonando pure i figli.
    La vicenda, anche perché accaduta in tempi meno permissivi, ebbe una risonanza enorme. Dopo un po' di tempo i due tornarono; la giovane sposa, perdonata dal marito, si ricongiunse alla famiglia.
    Una volta mi capitò di chiedere a Otello che cos'è che l'aveva fatto decidere ad interrompere la fuga d'amore e lui mi rispose divertito: "Avevamo finito i soldi!".
    Continuò a combinarne di tutti i colori, con grande disperazione della madre, finché un giorno si innamorò seriamente di una giovane e bella maestra dai capelli neri (che chiameremo Fiammetta) venuta ad insegnare nelle scuole dell'isola.
    Un giorno di maggio, nello splendore della fioritura della macchia mediterranea, davanti all'azzurro intenso del mare, Otello chiese a Fiammetta se lo voleva sposare: e questa acconsentì.
    Dopo qualche tempo Fiammetta disse che sarebbe stato opportuno avvisare Anita di questa loro decisione. Otello rispose che sarebbe stato meglio che a parlare con sua madre ci fosse andata lei. Così la ragazza si recò da Anita che, sentiti addirittura progetti matrimoniali, le si rivolse dicendo:
"Tu fai la maestra, vero?"
"Sì, signora Anita".
"Ebbene, cosa li impari ai tuoi alunni, quanti sono i vizi capitali?".
"Sono sette" rispose timidamente Fiammetta.
"Allora stammi bene a sentire e non dirmi poi che non ti avevo avvisata: il mi' figliolo ce n'ha otto!".
    Anita è deceduta da molti anni, ma ogni volta che passo sotto la sua casa, oggi abitata da turisti, mi torna in mente con tutta la sua simpatica immediatezza e la sua vivacità. Otello e Fiammetta invece si sposarono e si trasferirono a lavorare in un paesetto della Maremma dove vissero (anzi vivono tuttora, contrariamente alle catastrofiche previsioni di Anita) felici e contenti. 

Armando Schiaffino

(da: I vizi capitali dei Maremmani - L'avarizia, Editrice effequ, Orbetello 2001)

una recensione di Larus

Ritorna all'indice della letteratura