DIRIGENTI TUTTOFARE O DIRIGENTI MANAGER ?
Quali dirigenti per quale Comune
I Comuni si stanno misurando in un non facile lavoro di adeguamento degli assetti contabili, regolamentari ed organizzativi al fine di funzionare in una logica di perseguimento degli obiettivi indicati dagli organi politici e il tentativo di ridisegnare la mappa delle funzioni, pur nella differenze delle specifiche situazioni, presenta alcune costanti:
a) definire un ridotto numero di dirigenti orientati principalmente a presidiare gli obiettivi con un approccio di tipo manageriale;
b) coprire le rimanenti funzioni amministrative e gli aspetti gestionali utilizzando i restanti dirigenti e valorizzando i quadri (categoria D del nuovo contratto).
Nel definire le competenze dei vari livelli, criterio guida è il portare le decisioni al livello il più possibile vicino a chi concretamente opera.
Il processo trova oggi un rilevante sostegno nella possibilità offerta dal nuovo contratto degli enti locali che permette di marcare alcune delle posizioni della categoria D con compensi che per la struttura del salario e l’importo sono funzionali alla incentivazioni di attività che comportano autonomia decisionale e capacità organizzativa o rilevante specificità tecnica.
Il processo in corso trova però un ostacolo nella interpretazione di alcune parti delle "Bassanini" e del decreto legislativo 29/93 che, nel separare i compiti degli organi elettivi dalle funzioni della struttura, ha finito per porre in capo ai dirigenti tutte le funzioni amministrative e gestionali.
La possibilità di delegare funzioni
L'attribuzione operata dall'art.51, comma 3, della legge 142, di conferimento di specifiche funzioni ai dirigenti, senza prevedere la possibilità di delega al personale sottoposto, sia dirigente che funzionario, ha fatto affermare l'impossibilità di esercitare l'istituto della delega per il conferimento delle funzioni ai funzionari, stante l'espresso divieto dell'art.97 della Costituzione e prevedendo il d.lgs. 29 la delega solo fra dirigenti. Sulla scorta dell'art.27-bis del citato d.lgs. che prevede poi che gli enti locali, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguino i propri ordinamenti ai principi del d.lgs. tenendo conto delle relative peculiarità, ne risulta che è lo Statuto o il regolamento di organizzazione dell'ente (nel caso di rinvio da parte dello Statuto) che può legittimamente prevedere casi e modalità in cui può essere esercitato il potere di delega. Potere di delega (solo tra dirigenti) che va valutato in relazione alla complessità o meno della organizzazione amministrativa del singolo ente ed in ogni caso, a nostro giudizio, nell'ambito di precisi confini.
Rimane però in tal modo fuori da ogni soluzione la possibilità di affidare, soprattutto ai funzionari, l'adozione di singoli atti e provvedimenti amministrativi, che costituisce l'aspetto fondamentale della questione.
E' da chiedersi a questo punto se tali funzioni siano di esclusiva competenza dirigenziale.
Quali funzioni dirigenziali nell’attuale quadro normativo
Le funzioni dirigenziali e la qualifica di dirigente si caratterizzano nella norma per il compito di direzione amministrativa della gestione, ovvero per l'attività di programmazione, di organizzazione, di decisione e di controllo. Questo è il nocciolo duro delle funzioni dirigenziali, a cui si aggiungono poi altre funzioni più operative quali quella dell’adozione di atti e provvedimenti amministrativi. Infatti se scorriamo gli articoli 16 e 17 del d.lgs. 29/93, vediamo che ai dirigenti spetta formulare, curare, dirigere, promuovere, richiedere, svolgere, decidere, provvedere, tranne che alla lettera d) dell'art.16 dove si affida ai dirigenti anche l'adozione di atti e provvedimenti amministrativi. Data la scarsa applicazione dei principi sopra esposti da parte degli enti locali, la legge 15 maggio 1997, n. 127, ha provveduto ad individuare espressamente le attribuzioni di esclusiva spettanza dei dirigenti con una minuziosa elencazione che riguarda perlopiù l'adozione di atti e provvedimenti amministrativi.
Come si vede il problema sta tutto nel definire cosa si intende per dirigente e quali siano le sue competenze. L'impressione è che dall’ordinamento non sia agevole ricavare la risposta alla domanda iniziale: se si vuole un dirigente che assuma su di sé direttamente tutta la gestione dell'ente (e quindi la competenza esclusiva ad adottare i provvedimenti) si dovrà per forza prevedere una proliferazione dei dirigenti per ogni servizio o unità organizzativa dell'ente, riducendo per converso il ruolo delle attuali ottave qualifiche a sole responsabili della eventuale istruttoria; se invece vorremmo avere una classe di dirigenti che provveda a formulare, curare, dirigere, promuovere, richiedere, svolgere, decidere, provvedere, proporre, sarà da un lato sufficiente disporre di un numero limitato di tali funzionari, i quali, oltre a svolgere i compiti sopra delineati (e sospesi fra attività di gestione ed attività di governo) assumano su di sé anche la responsabilità della gestione (realizzata dal personale sottoposto) intesa in senso globale e del raggiungimento degli obiettivi posti (assieme al personale sottoposto) e dall'altro avremo il vantaggio di averli liberati dalla immanente attività amministrativa a cui provvedono meglio e bene i cosiddetti "quadri".
La seconda soluzione è quella logica e coerente con i processi in atto, ma entrambe sono praticabili, poiché spetta a ciascun ente in relazione alle proprie dimensioni, esigenze, strutture, capacità, risorse, graduare le funzioni dirigenziali tra la prima e la seconda soluzione, non essendovi una sola caratterizzazione della figura dirigenziale.
Distinguere tra funzioni dirigenziali e funzioni amministrative
Per tradurre giuridicamente la visione di una dirigenza orientata in senso "manageriale" già attuata di fatto in molti enti è necessario distinguere fra funzioni dirigenziali e funzioni amministrative.
Infatti l'adozione del singolo atto o provvedimento amministrativo non costituisce sempre l'esercizio di una funzione dirigenziale ma piuttosto l'esplicazione di una mera attività amministrativa più o meno complessa, mentre costituisce funzione dirigenziale la programmazione, la direzione, la decisione, l'organizzazione, il controllo del singolo atto amministrativo (o della serie di tali atti) al fine di attuare gli obiettivi e i programmi definiti dagli enti.
A questo proposito non a caso la legge 7 agosto 1990, n.241 disciplina il modo di essere e di svolgersi dell'azione amministrativa mediante una dettagliata analisi del procedimento amministrativo, individuando la figura del responsabile del procedimento e la potestà del dirigente di assegnare i compiti al personale assegnato fra cui l'adozione del provvedimento finale
Organizzare la responsabilità dei procedimenti
E' quindi la legge 241 che risolve la questione che si è posta all'inizio nel senso che al di là dell’istituto della delega che è possibile prevedere nello Statuto, il dirigente per ripartire le proprie funzioni fra i suoi sottoposti, ha il potere (per espressa previsione di legge) di attribuire ai dipendenti addetti alla sua unità organizzativa la responsabilità dei procedimenti delle diverse attività amministrative facenti capo al suo ufficio, ivi compresa l'adozione del provvedimento finale. In questo quadro al regolamento di organizzazione rimane il compito di individuare le unità organizzative e cioè lo scheletro della organizzazione del personale e soprattutto di individuare le funzioni dirigenziali da attribuire al dirigente, in ispecie quelle che non si ritiene debbano essere oggetto di delega e quei particolari provvedimenti amministrativi che si ritiene debbano rimanere in capo al dirigente e che nell'insieme lo caratterizzano con riferimento all'ente in cui opera.
La questione trova così una sua sistematica soluzione, ma la discussione rimane aperta. La strada da percorrere è comunque questa e dovrà essere precisata ed affinata, oltre che da una migliore definizione della legge, dagli Statuti, dai regolamenti di organizzazione e dalla applicazione del nuovo contratto di lavoro.
Roberto Petrucci, direttore generale, Francesco Fontanazza, segretario generale, Comune di Ancona