- La cometa vanitosa
- di Paola Ravelli
Quella
sera il tramonto era strepitoso; il Sole sembrava davvero un globo di
fuoco, tutto l’orizzonte ne era incendiato. Poi, improvvisa, era
caduta la notte. Una notte speciale, perché segnava l’inizio della
Primavera, e perché il cielo era così limpido che si poteva vedere
l’Orsa Maggiore andare a spasso con l’Orsa Minora, l’Aquilone
volteggiare altissimo, la stella polare lucidarsi la corona. A stare
zitti, si sarebbe potuto dire una grande risata risuonare nel
firmamento: la fredda stagione era finita, la Terra avrebbe ripreso a
fiorire. Una cometa
straordinaria, dalla lunga chioma d’argento lucente, comparve nella
conca stellata. Veniva da tanto lontano, aveva viaggiato per tanti di
quegli anni che le si erano tutti aggrovigliati i capelli. Si fermò
sopra un fiume, si specchiò a lungo, poi prese una spazzola e piano
piano, cominciò a pettinarsi. Sotto di lei, il nastro di scuro velluto
dell’acqua rabbrividì per l’emozione. La cometa scosse un poco la
testa, provò due o tre diverse pettinature: coda a sinistra, coda a
destra, coda allungata verso l’alto. provò e riprovò tutta la notte,
volgendosi per rimirarsi da tutte le parti, senza trovare
un’acconciatura che le piacesse davvero. Il chiarore dell’alba la
trovò ancora in piedi, la spazzola si era rotta, ed i capelli erano più
aggrovigliati di prima. La cometa era stanchissima e se ne andò a
dormire dove dormono le comete, nel posto più buio della gran volta del
cielo. La notte seguente, stessa
storia. La cometa tornò a specchiarsi nel fiume, decise di arrotolare
la sua chioma luminosa sopra la testa, ma ad ogni movimento si
scioglieva l’intreccio, i capelli scintillanti si sparpagliavano
nell’aria, si riflettevano nell’acqua, i pesciolini curiosi
rimanevano prigionieri in quella rete argentea. La cometa si spostava da
una parte all’altra
del cielo, trascinandosi dietro il suo splendente strascico
spettinato, e se avesse avuto un paio di forbici, forse ne avrebbe
tagliato un pezzo. Non molto, soltanto qualche migliaio di chilometri,
appena appena la punta dei lunghi capelli… Si levò un grande vento,
cominciò a turbinare vicino alla cometa, le sgrovigliò la chioma, passò
e ripassò le sue dita nella matassa sfavillante, gliela allargò,
gliela pettinò col suo soffio potente, la sistemò a raggera… poi si
allontanò, silenzioso com’era venuto. Questa volta la cometa si
specchiò dentro al mare, il suo riflesso lo coprì di diamanti, lo
riempì di bagliori. Era così bella che tutte le sirene vennero su dal
profondo, si vestirono coi fili d’argento caduti tra le onde, e dopo
secoli che non succedeva, iniziarono a cantare. Il loro canto melodioso
riempì la tiepida notte. Finalmente
soddisfatta. La cometa vanitosa cominciò a passeggiare lentamente per
il cielo. Con un cenno della testa, salutava chiunque incontrasse, e la
sua incredibile chioma lasciava dietro di sé una scia di brillanti.
Dalla Terra osservavano i suoi movimenti con potenti cannocchiali
puntati verso l’alto: era bellissima, così pettinata. Molti se ne
innamorarono, ci persero il sonno; di giorno andavano in giro con gli
occhi pieni di stelle, aspettando che calasse la notte per riammirare
l’irraggiungibile bella, mentre percorreva sontuosa il suo celeste
cammino. Peccato, veramente
peccato che |
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