Ravelli Paola
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Il primo. L’ultimo.
 
Tra il primo amore
e l’ultimo, dicevano,
si va per tentativi.
In mezzo,
un campo di papaveri,
spighe schiacciate,
lucciole vaganti.
E tanti errori, tanti...
 
Del primo si affermava
che non si può scordare
con ciò sottintendendo
che rimanga, fra tutti,
il più importante.
Nessuno infatti
l’ha dimenticato,
siamo tutti dei sopravvissuti
a quel morbo infantile
terribile
dalla prognosi fausta:
per passare, passa.
Ma è l’ultimo, spaurivano,
il più pericoloso,
quello che colpisce
inaspettato e duro.
Vedrai, avvertivano,
un attimo prima
 ti leccherai annoiata
le tue antiche ferite,
con la guardia
momentaneamente abbassata.
subito dopo
ti troverai contagiata.
Senza anticorpi, sguarnita,
come se le ricadute precedenti
non ti avessero immunizzata
e i tanti errori
nulla
t’avessero insegnato.
E i papaveri
non daranno più l’oblio,
le spighe pungeranno,
di lucciole nemmeno una scia.
 
Questa volta saprai
che la malattia è mortale.
È l’ultimo amore:
se sbagli rimedio,
se non indovini la cura,
fai incidere il suo nome
sulla tua pietra tombale.