Il Convivio
Trimestrale di Poesia Arte e Cultura del circolo culturale “Il Convivio”
Via Pietramarina – Verzella   66
95012  Castiglione di Sicilia(CT)  Italia
Anno I  numero 3
Ottobre - Dicembre 2000
Distribuzione gratuita

 

La religiosità e il sentimento in Giovanna Maria Muzzu (Il passato allo specchio vicende vissute, ed. Pomezia-Notizie 1999, L. 20.000).

 

«Nel mondo non sono che una pedina nelle mani di Dio e con destrezza e con grande sacrificio cerco di farmi conoscere». Con questo pensiero molto ricco di sentimenti si apre la lettura del volume di racconti e poesie “Il passato allo specchio” di Giovanna Maria Muzzu. Il volume può essere definito un piccolo contenitore di vicende vissute, dove sentimenti e sogni si alternano in una realistica catena di tristezza e felicità. Le circa 90 pagine, infatti, fanno riflettere il lettore sulle più comuni vicende umane, intrecciate da un legame forte verso la propria terra, adagiata tra i campi lussureggianti e illuminata dal caldo sole sardo. Il primo racconto infatti, intitolato “Un fiore della Sardegna ai piedi del Limbara”, racconta le vicende della giovane Maria, figlia sognatrice e ribelle. «Amava molto la solitudine e la natura e spesso e volentieri faceva delle lunghe passeggiate sognando il suo radioso avvenire. La bellezza e la pace della campagna libera e selvaggia riempivano il suo cuore di una dolcezza arcana. Ma in lei nacque anche la ribellione a quella vita di stenti e di tristezza». La narrazione prosegue con la rassegnazione per un matrimonio imposto, la nascita dei figli e la morte prematura del marito, che lasciò un gran vuoto nell’animo della donna la quale per sedici lunghi anni aveva diviso con lui gioie e dolori, speranze e delusioni. Da questi eventi scaturisce la tragedia umana e la consapevolezza che nessuno è mai vissuto di solo amore. Intanto rigo dopo rigo l’introspezione personale si trasforma in sentimento universale. «Perché dobbiamo sapere che non sempre si ha la capacità di tradurre in parole ciò che passa nella mente umana e, quando questo è possibile, non si deve fare altro che ringraziare il Signore per averci dato un dono così grande». Tra i sentimenti non manca una profonda sensibilità religiosa che pervade ogni pagina del libro. L’odio viene descritto come un’implacabile forza che distrugge tutto ciò che di bello e di buono alberga nell’uomo. Un sentimento perfido che ghermisce e uccide tutto ciò che tocca, annullando, contaminando e trasfigurando. Il perdono, invece, è un gesto gentile che libera da pene e timori nascosti. «I sentieri  del bene e del male si diramano in varie direzioni ma, alla fine, approdano in un unico porto; in un giardino fiorito dove c’è la magnifica reggia del Re dei re e di tutta la Sua Corte. Egli separa il bene dal male, anche se la cernita sarà penosa». Il passato ha lasciato un segno nei meandri profondi della mente, e all’improvviso emergono paesaggi e luoghi cari alla memoria. I luoghi prima avvolti dal silenzio si animano come per incanto perché «solo il cuore, che non invecchia mai, va col ricordo alla ricerca di ciò che ha perduto ed è con viva pena che si accorge di ritrovare solo l’ombra di quel ch’è stato». Il ricordo, per l’autrice, diventa una forza importante, soprattutto quando all’orizzonte il futuro appare avvolto dalla nebbia: la vita non è altro che un romanzo le cui pagine vengono sfogliate dal tempo. La pace, magari in un giorno particolare come il Natale, diventa conquista e suscita il desiderio di volersi sentire fratelli. Nel volume, oltre all’intreccio della storia dell’uomo con quella divina che è sbocciata dal quel “Fiore” umile e raro nato all’interno di una fredda stalla, il pensiero va anche alla natura, dove il tempo viene scandito dall’alternarsi delle stagioni come quando per miracolo i mandorli si vestono a festa, mentre il vento li ammassa e li sfiocca in un gioco capriccioso e fantastico. Allora pace e guerra, natura e sentimenti si intrecciano in un unico messaggio: «O voi luminari della scienza, non lasciatevi prendere la mano e il cervello da troppe nuove e vagheggiate scoperte. Se si supera il limite della frontiera che il Signore ha creato, saremo tutti severamente puniti e annientati. Noi e il tempo distrutti in un istante della nostra intelligente stoltezza. Lasciate, dunque!, che sia ancora il tempo a dominare noi e non viceversa».

               Enza Conti