BENITO MUSSOLINI


Benito Mussolini nacque a Dovia di Predappio, in provincia di Forlì nel 1883, era figlio di un fabbro ferraio socialista, Alessandro, e di una maestra elementare Rosa Maltoni, Conseguì il diploma di maestro elementare. Iscrittosi al Partito Socialista Italiano sin dal 1900, mostrò subito un acceso interesse per la politica attiva. Emigrato in Svizzera nel 1902 per sottrarsi al servizio militare, entrò in rapporto con importanti personaggi del socialismo europeo e ponendo contemporaneamente le basi della propria cultura politica, in cui si mescolavano contraddittoriamente gli influssi di Marx, Proudhon e Blanqui insieme a quelli di Nietzsche e Pareto. Ripetutamente espulso da un cantone all'altro per il suo esasperato attivismo anticlericale e antimilitarista, rientrò in Italia nel 1904 approfittando di un'amnistia che gli permise di sottrarsi alla pena prevista per la renitenza alla leva. Protagonista del congresso di Reggio nell'Emilia, assunta la direzione dell'Avanti! alla fine del 1912, Mussolini diventò l'ascoltato portavoce di tutte le insoddisfazioni e le frustrazioni di una società caduta in una crisi economica e ideale, trascinando masse sempre più vaste verso esplosioni insurrezionali senza chiare prospettive, che culminarono nella "settimana rossa" del giugno 1914. Lo scoppio del conflitto mondiale trovò il direttore dell'Avanti! allineato sulle posizioni ufficiali del partito, di radicale neutralismo. Nel giro di qualche mese, tuttavia, in Mussolini maturò il convincimento - comune ad altri settori dell'estremismo di sinistra - che l'opposizione alla guerra avrebbe finito per trascinare il P.S.I. a un ruolo sterile e marginale, mentre sarebbe stato opportuno sfruttare l'occasione offerta da questo sconvolgimento internazionale per far percorrere alle masse quella via verso il rinnovamento rivoluzionario dimostratasi altrimenti impossibile. Mussolini pensò così di realizzare un suo quotidiano.

Il 15 novembre pertanto, accettando disinvoltamente l'aiuto di un gruppo di finanziatori facenti capo a Filippo Naldi, pubblicò "Il popolo d'Italia", ultranazionalista, radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa e in grado di conseguire immediatamente un clamoroso successo di vendite. Espulso di conseguenza dal P.S.I. e richiamato alle armi, dopo essere stato seriamente ferito durante un'esercitazione, Mussolini poté ritornare alla direzione del suo giornale, dalle colonne del quale, tra Caporetto e i primi mesi del 1918, ruppe gli ultimi legami ideologici con l'originaria matrice socialista, in nome di un superamento dei tradizionali antagonismi di classe, prospettando l'attuazione di una società produttivistico-capitalistica capace di soddisfare le legittime aspirazioni economiche di tutti i ceti.


Manifesto costitutivo dei fasci di combattimento


 La fondazione dei fasci di combattimento avvenuta a Milano il 23 marzo 1919, benché facesse appello alle simpatie di elementi quanto mai eterogenei e si basasse su un ambiguo programma mescolante in modo spregiudicato istanze radicali di sinistra e fermenti di acceso nazionalismo, non ebbe inizialmente successo. Tuttavia, man mano che la situazione italiana si andava deteriorando e il fascismo si caratterizzava come forza organizzata in funzione antisocialista e antisindacale, Mussolini otteneva crescenti adesioni e favori da agrari e industriali e quindi dai ceti medi. Ottenuto l'incarico di formare un governo dopo la cosiddetta "marcia su Roma" dell'ottobre 1922, costituì un gabinetto di larga coalizione. Consolidato ulteriormente il potere dopo le elezioni del 1924, Mussolini fu messo per un momento in grave difficoltà dall'assassinio, perpetrato dagli squadristi delle camice nere, del deputato socialista Giacomo. Matteotti. Il discorso del 3 gennaio 1925 con cui cui egli rivendicò spavaldamente a sé ogni responsabilità politica e morale dell'accaduto segnò però la sua controffensiva e la pratica liquidazione del vecchio Stato liberale. Mussolini. seppe conservare e accrescere la sua popolarità sfruttando abilmente alcune iniziative genericamente populistiche e successi di rilievo come la composizione dell'annoso capitolo della cosiddetta questione romana e realizzando attraverso i Patti Lateranensi del 1929 la conciliazione fra lo Stato italiano e la Santa Sede.

Un'incessante e soffocante propaganda cominciò così a esaltare in maniera spesso grottesca le doti di "genio" del "duce supremo" (il titolo dux fu attribuito a Mussolini dopo la marcia su Roma), trasfigurandone la personalità in una sorta di semidio "insonne" che aveva "sempre ragione" ed era l'unico in grado di interpretare i destini della patria. Nel 1936 volle l'inasione dell'Etiopia e nel 1940 scelse di entrare in guerra benché impreparato e contro le idee dei suoi più vicini collaboratori (Badoglio, Grandi, Ciano), assumendo il comando supremo delle truppe operanti nell'illusione di un veloce e facile trionfo. In realtà ottenne solo insuccessi che ridiedero spazio a tutte le energie contrarie al fascismo precedentemente represse: fino a che, dopo l'invasione anglo-americana della Sicilia e il suo ultimo colloquio con Hitler (19 luglio 1943), fu sconfessato da un voto del Gran Consiglio (24 luglio) e fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III (25 luglio). Trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre fu liberato dai nazisti.


 


Proclamò quindi la ricostituzione del Partito Fascista Repubblicano e si insediò a Salò, capitale della nuova Repubblica Sociale Italiana (fondata il 23 settembre 1943), inutilmente cercando di far rivivere le parole d'ordine del fascismo della "prima ora". Sempre più isolato e privo di credibilità, quando le ultime resistenze naziste in Italia furono fiaccate Mussolini., trasferitosi a Milano, propose ai capi del C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) un assurdo passaggio di poteri, che fu respinto. Travestito da militare tedesco, tentò allora, insieme alla sua amante Claretta Petacci, la fuga verso la Valtellina. Riconosciuto a Dongo dai partigiani, fu arrestato e il 28 aprile 1945 giustiziato per ordine del C.L.N. presso Giulino di Mezzegra.


I partigiani lasciata la montagna arrivano nelle città insorte!