J.V.STALIN


Stalin è lo pseudonimo (in russo, "uomo d'acciaio") di Iosif Vissarionovic Dzugasvili, nato a Gori, vicino a Tbilisi nel 1879 e morto a Mosca nel 1953. Nato da da una famiglia di umili condizioni sociali (il padre era un umile ciabattino), seguì gli studi - grazie a una borsa di studio - nel seminario teologico ortodosso di Tbilisi. Il contatto, però, con le idee e con l'ambiente dei deportati politici, così numerosi nella regione, gli fece conoscere il grado di ingiustizia e di degradazione in cui erano costrette a vivere le masse popolari sotto il regime zarista. Questo fatto impressionò subito il suo spirito insofferente e ribelle e lo spinse a impegnarsi in un'azione concreta per contribuire a modificare la situazione esistente. Entrò, così, nel movimento marxista clandestino di Tbilisi nel 1898 e cominciò, da allora, un'intensa attività politica di propaganda e di preparazione insurrezionale, che lo portò ben presto a conoscere il rigore della polizia del regime. Arrestato nel 1900 e successivamente deportato in Siberia, riuscì a fuggire e ritornò a Tbilisi, dove si impegnò nell'attività politica.

Nel 1912 venne chiamato da Lenin a far parte del Comitato centrale del partito. A Pietrogrado subito dopo l'abbattimento dell'assolutismo zarista, Stalin, insieme a Kamenev e a Murianov, assunse la direzione della "Pravda", appoggiando il governo provvisorio per la sua azione rivoluzionaria contro i residui reazionari. Nelle decisive settimane di conquista del potere da parte dei bolscevichi, Stalin, membro del comitato militare, non apparve in primo piano e solo il 9 novembre 1917 entrò a far parte del nuovo governo provvisorio (il Consiglio dei commissari del popolo) con l'incarico di occuparsi degli affari delle minoranze etniche (Commissario alle nazionalità). Nel suo incarico, Stalin si segnalò per il grande coraggio e tenacia ed intelligenza, venne per questo elogiato da Lenin (quel magnifico georgiano), questo suscitò le invidie del suo diretto avversario politico Trotzkj, che in seguito, dopo la morte di Lenin, vennero manifestate apertamente ponendosi a capo del cosìdetto gruppo antipartito. Il famoso testamento politico, in cui Lenin accusava Stalin di privilegiare le ambizioni personali rispetto all'interesse generale del movimento, è stato diffuso dopo la morte di Stalin da Khruscëv (fondatore del moderno revisionismo) ed ancor oggi è dubbia la sua autenticità, in quanto lo stesso è stato usato per usi propagandistici nella campagna di destalinizzazione.

Nominato nel 1922 segretario generale del Comitato centrale del Partito Comunista (bolscevico), seppe grazie a questa carica, utilizzare il potere come un trampolino di lancio per affermare all'interno del partito la linea rivoluzionaria e contrastare ed infine sconfiggere, dopo la morte di Lenin (1924) la corrente controrivoluzionaria. Nei contrasti che sorsero alla morte di Lenin, all'interno del gruppo dirigente sovietico, Stalin sostenne che la Russia doveva puntare alla mobilitazione di tutte le proprie risorse al fine di salvaguardare la propria rivoluzione (teoria del "socialismo in un Paese solo", contrapposta alla teoria della "rivoluzione permanente" di Trotzkij)). Le tesi di Stalin trionfarono soltanto nel 1927, quando infine il Comitato centrale si schierò sulle posizioni staliniane isolando Trotzkij, Kamenev e Zinovev.

Con il 1928 iniziò l'era di Stalin, il periodo di costruzione del Socialismo in Russia. Da quell'anno infatti la vicenda umana della sua persona si identificò con la storia dell'U.R.S.S., di cui fu il grande artefice e che diresse con raziocinio fino alla morte. Posto, perché esaurita la sua funzione di bilanciamento dell'economica, termine alla N.E.P. venne avviata la collettivizzazione e la meccanizzazione dell'agricoltura, soppresso il commercio privato, ma non quello mercantile (i kulaki, la classe contadina ricca, furono declassati a semplici contadini dei kolchoz), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-32) che dava la precedenza all'industria pesante.

 

 

Manifesti di propaganda - Periodo di industrializzazione e colettivizzazione.

Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero e arretrato come la Russia in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. A quest'opera indubbiamente gigantesca corrispose una rigida, ma razionale disciplina ed una altrettanto implacabile intransigenza: debolezze, lacune ed errori, specialmente dei dirigenti furono sempre puniti; ogni dissenso di natura ideologica fu condannato come "complotto". Fu il periodo delle epurazioni (detto delle "purghe") degli anni Trenta (successive al misterioso assassinio di Kirov) che videro la condanna a morte o a lunghi anni di carcere di buona parte della vecchia guardia bolscevica, da Kamenev a Zinovev a Pjatakov a Rodek a Sokolnikov; da Bucharin e Rychov a Jagoda e a Tuchacevskij; che privò fra l'altro l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti (erano la squadra dei generali zaristi convertitisi all'obbeddienza al nuovo ordinamento sociale dopo la Rivoluzione d'Ottobre).

Nel 1939, di fronte alle debolezze e tergiversazioni occidentali nell'affrontare il pericolo fascista di Mussolini e nazionalsocialista (nazismo) di Hitler, Stalin preferì continuare ad usare il raziocinio che si concretizzo nel patto di non aggressione con la Germania di Hitler (patto Molotov-Ribbentrop [russo-tedesco] del 23 agosto 1939).

La spartizione della Polonia (1939) e la guerra alla Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo la difesa delle frontiere sovietiche "calde". Nel 1941 però, in spregio del patto sottoscritto due anni prima, la Germania aggredì l'Unione Sovietica .

 

Stalin, assunto il comando dell'Armata Rosa, forte della possente macchina da guerra messa in salvo preventivamente nelle retrovie siberiane (trasferimento delle fabbriche in Siberia, grazie alla lungimirante politica che vide Stalin interprete di ciò che Hitler aveva già da tempo stabilito per la Russia), chiamò il popolo russo alla guerra patriottica, in difesa della Patria Socialista, contro gli invasori nazisti, guidandolo fino alla definitiva vittoria, dove sulle macerie fumanti di Berlino nel 1945 venne issata la bandiera rossa del proletariato vincitore.

Il dopoguerra trovò l'U.R.S.S. impegnata nuovamente su un doppio fronte: la ricostruzione all'interno del paese devastato dalla guerra e l'ostilità dell'occidente capitalista all'esterno, concretizzatasi dopo la morte del Presidente USA Roosveelt, e resa questa volta assai più drammatica dalla presenza della bomba atomica, usata come deterrente dal nuovo Presidente degli USA Truman.

 

 

Fu l'inizio dell'età della "guerra fredda", della "cortina di ferro", che vide Stalin, nuovamente rieletto alla direzione del Partito comunista, porsi instancabilmente alla difesa della pace e al consolidamento del potere Sovietico. I nemici dell'URSS, fuori e dentro i confini, non mancavano di certo, per questa ragione evidente venne venne crato il Kominform, giungendo alla "scomunica" della corrente deviazionista del leader Jugoslavo Tito.

Quando morì, la popolarità di Stalin come capo del movimento di emancipazione delle masse oppresse di tutto il mondo era ancora intatta ed inviolata: ma dopo solo tre anni al XX Congresso del P.C.U.S. (1956) il suo successore, N.Khruscëv, esponente della corrente deviazionista-riformatrice e revisionista in seno al PCUS, inscenò, dopo la chiusura del congresso, una scenneggiata, una vera pantomima, parodia di infami accuse, attribbuendo a Stalin e solo a lui una infinità di crimini, attribuendogli errori e deviazioni di ogni tipo, accusandolo di culto della personalità, dando il via al processo di "destalinizzazione" e così facendo avviandosi sulla strada che porterà l'Unione Sovietica, dopo la caduta del muro di Berlino, alla definitiva scomparsa, con il suo ultimo Presidente Gorbaciov, dalla scena internazionale nel 1989.

 

 

L'opera grandiosa di costruzione del Socialismo in Russia, iniziata nel 1917 con la rivoluzione d'Ottobre condotta dal grande Lenin, continuata con Stalin che portà la Russia ad essere una potenza mondiale, grazie al tradimento della cricca revisionista oggi è preda del capitalismo più sfrenato e selvaggio che si conosca, nemmeno la lungimirante descrizione che ne fecero, del capitalismo, Marx ed Engels avrebbe potuto immaginare un simile decadimento.