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Il giacimento fossilifero di Fiume Santo

Prof. Sergio Ginesu, Facoltà di scienze M.F.N. - Università di Sassari

 

Dopo circa due anni dalla scoperta del giacimento ad Orepitheco di Fiume Santo le novità emerse e le conoscenze acquisite sull'evoluzione di questo territorio hanno fatto un deciso passo in avanti. I lavori che sono stati intrapresi all'interno dell'area industriale ENEL, dove il giacimento è localizzato, ed i rilevamenti nella sua immediata periferia hanno permesso di individuare aspetti particolari sui processi morfoclimatici a piccola e grande scala correlabili agli eventi che hanno caratterizzato il clima ed il paesaggio dell'intera Nurra di Alghero-Porto Torres. Permangono naturalmente numerose ombre nella ricostruzione dei vari momenti di evoluzione proprio per la particolare condizione di questo territorio che è rimasto in condizioni di terra emersa per tutto il Terziario; tuttavia il rilevamento di superficie lungo tutta la fascia costiera fino all'abitato di Stintino può fornire ulteriori elementi di lettura nell'immediato.

Il primo obiettivo della nostra ricerca è stato finalizzato subito alla individuazione del giacimento fossilifero ed alla sua delimitazione nell'ambito di questo territorio. Grazie alla disponibilità dell'ENEL di Fiume Santo ed alla collaborazione di tutte le maestranze presenti nell'area di lavoro è stato possibile individuare con preciso dettaglio i molti affioramenti presenti, mapparli e correlarli tra loro nell'ambito della ricostruzione del giacimento.

Il lavoro è proceduto con enormi difficoltà tra le quali l'urgenza di procedere di pari passo con i lavori della termocentrale; si è quindi partiti da una nomenclatura dei siti che nasceva da una esigenza quotidiana sulla base della carta progettuale della centrale ENEL. L'area individuata è stata definita come "piazzale Bulldozer" dal nome dell'edificio di ricovero dei mezzi pesanti adibiti al carbonodotto che ha fatto emergere il giacimento. E’ stato infatti grazie allo scavo per queste strutture che è emerso il livello fossilifero posto a circa 7 metri di profondità rispetto al piano di campagna originario.

I successivi scavi operati per la realizzazione di un cavidotto elettrico hanno permesso di stabilire i reali rapporti stratigrafici con i livelli di base del giacimento mentre sono ancora in fase di studio quelli con i terreni di copertura; alcuni sondaggi eseguiti al di sopra del "muro" di contenimento a sud del giacimento nell'area dell'infermeria e nell'area esterna che ancora si trova sulla superficie originaria possono offrire una soluzione a questo problema ed a spingere ancora più a sud, verso Scala Erre, i limiti possibili dell'intero giacimento.

Prima di descrivere l'evoluzione generale della Nurra è utile fornire un quadro della situazione del giacimento e delle aree prossimali che costituiscono un aspetto del tutto particolare nella ricostruzione dell'antico paesaggio della Nurra.

E’ stato possibile seguire il limite settentrionale dei livelli fossiliferi grazie ai lavori di scavo effettuati nel corso dei due anni. Proprio nel punto A, noto come "stradina" è stato eseguito il primo scavo paleontologico campione onde poter meglio individuare le metodologie di scavo.Scavo "cavidotto" (55,1 Kb)

I risultati di questo scavo sono stati finalizzati sia alle metodologie di scavo che di estrazione del materiale il cui problema ha per lungo tempo tolto la tranquillità a tutto il gruppo di ricerca.

Il giacimento di Fiume Santo risulta costituito da tre livelli fossiliferi ben definiti (fig. 1); esso poggia su un substrato carbonatico travertinoso di origine continentale che sta a rappresentare una vasta area di ristagno di acque superficiali, presenta numerose morfologie di dissoluzione che producono talvolta forme carsiche di piccole dimensioni. Sopra questo livello, potente circa 1/1.5 m, giacciono delle argille brune molto compatte sulle quali si trova un orizzonte discontinuo di sabbie molto fini di evidente origine marina. Il passaggio tra i due livelli non è netto ma risulta ricco di fessurazioni e tasche riempite dalle sabbie che si arricchiscono gradualmente di argilla all'approssimarsi del contatto.

Nel recente scavo "retrobulldozer" l'asportazione delle sabbie superiori anche dalle tasche di riempimento ha messo in luce una superficie sulle argille, ricca di enigmatiche forme ad imbuto la cui genesi non è ancora del tutto chiara.

Le Ipotesi che si possono finora formulare sono legate alla dissoluzione di antichi apparati radicali arborei sostituiti dal riempimento delle sabbie che giungevano abbondanti dal moto delle maree (l'area del Mediterraneo occidentale risulta allora molto più aperta verso l'Oceano Atlantico) e dal movimento del cordone litoraneo.

Un'altra Ipotesi di possibile formulazione è di carattere sedimentologica sulla base del risucchio che l'attività carsica nel sottostante travertino produceva nei livelli superiori. La presenza di argilla di origine carsica favorisce quest'ultima ipotesi; permane comunque il dubbio che rappresenta uno degli enigmi ancora aperti nel giacimento di Fiume Santo.

Altrettanto complessa da spiegare è il tipo di fossilizzazione dei resti sia animali che vegetali presenti nelle varie località dell'area di Fiume Santo - Scala Erre. Una enorme quantità di materiale fossilifero è già stata prelevata da giacimento a dimostrazione della sua eccezionale ricchezza e del suo eccellente stato di conservazione.

I resti sono diffusi in tutti e tre i livelli citati: nelle sabbie, nelle argille e nelle cavità di riempimento dei travertini. Le caratteristiche del fossili ritrovati inducono a ritenere che i resti scheletrici, inizialmente presenti nel livello delle sabbie superiori, per un processo di richiamo verso il basso con effetto ad "imbuto" verso le forme carsiche presente nel travertino, abbia prodotto una diffusione dei tre livelli. La caoticità delle ossa, senza alcuna disposizione orizzontale, confermerebbe il loro movimento dall'alto; alcune ossa sono state rinvenute in posizione perfettamente verticale.

Il loro accumulo maggiore all'interno delle sacche nel travertino darebbe più spessore a questa ipotesi, confermando il loro trasporto dentro le cavità pseudocarsiche e la maggiore decalcificazione delle ossa rimaste nel livello sabbioso superiore.

Fossili di foglie rinvenuti a Fiume Santo (42,5 Kb)È già stato possibile identificare ben 15 specie di animali presenti in più esemplari in questi livelli; i resti dello stesso Oreopitheco appartengono a ben 6 individui diversi a conferma della ricca frequentazione in quest'area da parte di questi animali. Se si prende in considerazione il fatto che non si è finora proceduto a causa degli scarsi finanziamenti ad uno studio ed ad un'analisi costante del giacimento, ma si è lavorato a tappe forzate onde consentire il procedere del lavori all'interno dell'area industriale, si può facilmente intuire quanto possano essere ottimistiche le prospettive di ricerca in questo sito.

Tuttavia i resti fossili non si trovano solamente nell'area all'interno della termocentrale ma riguardano anche altre zone prossime al giacimento ad Oreopitheco. Sono stati rinvenuti resti di organismi vegetali e apparati radicali appartenuti a piante di tipo acquatico, quali le mangrovie e apparati fogliari in eccellente stato di conservazione (fig. 2); la presenza di altri giacimenti oltre a fornire un quadro ancora più completo del tardo terziario anche dal punto di vista botanico aiuta a comprendere la ricchezza di quest'area e conferma il grande interesse scientifico che riveste l'intera Sardegna nello studio dell'evoluzione.

Alcuni resti vegetali sono stati rinvenuti all'interno delle sacche di riempimento del giacimento ad Oreopitheco e ciò induce a ritenere questi giacimenti leggermente più antichi, probabilmente appartenenti al Miocene medio quando le condizioni geografiche dell'area sassarese possono essere ricondotte ad un mare basso che separava la Nurra dalla Gallura.

Le condizioni morfologiche di quel periodo ci vengono ulteriormente suggerite dalla presenza dei resti vegetali, delle mangrovie che confermano la bordatura dei corsi d'acqua in ambiente sub tropicale mentre le foglie documentano l'esistenza di una ricca copertura arbustiva nel contesto geografico generale della Nurra calcarea di Alghero e di Porto Torres.

Lo studio geomorfologico di questo territorio trova continue conferme e documentazioni dai dati che quasi quotidianamente emergono dallo studio dei resti fossili e dalle caratteristiche geologiche dell'intera Nurra consentendo una precisa ricostruzione delle condizioni geografiche di quest'area dal Miocene medio superiore, circa 10 milioni di anni fa.

E stato proprio il clima che insisteva in questo territorio durante il Miocene a produrre le forme del rilievo che ancora possiamo osservare in gran parte della Nurra, caratterizzata appunto da rilievi collinari addolciti nelle forme e da superfici pianeggianti o leggermente modellate a ricreare una pianura o delle piccole piane la cui antica origine è documentata dall'inesistenza di suoli profondi e dall'assenza di un complesso reticolo idrografico.

Proprio l'origine strutturale dell'intero territorio nord occidentale dell'isola ci riporta alle condizioni di giacitura dei depositi di Fiume Santo e Scala Erre nei quali risultano localizzati i vari giacimenti fossiliferi.

Tali depositi sono legati ad un ambiente di sedimentazione di conoide a mare, vale a dire un grosso corso d'acqua che incassato in un ampio alveo si gettava direttamente verso mare con una foce imposta in una ampia pianura costiera, oggi potremmo pensare alla piana costiera del fiume Coghinas nel nord Sardegna, il secondo corso d'acqua dell'isola per portata.

Il fatto che tale corso d'acqua risultasse incassato nelle rocce della Nurra ci riporta ai grandi eventi che sconvolsero la Sardegna nel Terziario causando la sua separazione dal continente europeo (Spagna e Francia) facendo migrare il blocco sardo-corso verso oriente per assumere una posizione nord-sud qual è quella attuale.

Durante il Miocene superiore, al tempo dell'Oreopitheco, circa 8,5 milioni di anni fa, la situazione geografica era già quella di un'isola, documentata anche in alcuni caratteri "insulari" delle specie trovate nel giacimento. Tuttavia, la posizione della Sardegna, della Corsica e della Toscana, dove è localizzato il primo ed unico giacimento ad Oreopitheco oltre quello sardo, era profondamente differente dall'attuale e il mar Ligure ed il mare di Sardegna andavano rapidamente estendendosi con la migrazione del blocco verso oriente.

Il lento movimento dell'isola in questa direzione ha generato profonde fratture nel basamento dell'isola dando luogo a sprofondamenti di grosse zolle all'interno del territorio sardo e perdendo, nel corso del suo spostamento, alcuni blocchi nelle profondità del mare che andava formandosi ad occidente dell'isola.

E’ legata a questo processo dinamico l'origine del corso d'acqua dell'antico Fiume Santo, impostato in una struttura di sprofondamento detta geologicamente valle tettonica o più propriamente "graben". Il lento abbassarsi di questo territorio ha notevolmente favorito la deposizione di materiale di alluvionamento del fiume. La potenza di queste alluvioni è oggi documentata da una coltre di depositi di circa 100 metri nella zona di Scala Erre. Gran parte di questo materiale proveniva anche da territori la cui continuità è da ricercarsi verso occidente al di là dei rilievi dell'Argentiera, in terreni che oramai si sono inabissati a formare la piattaforma costiera della Sardegna. Il procedere del movimento di deriva ha definitivamente isolato la Sardegna dal resto del continente iberico "fossilizzando" l'antico reticolo idrografico che, proveniente da occidente, percorreva i rilievi del l'Argentiera e della Nurra per formare la grande conoide a mare proprio nella zona di Fiume Santo, ricalcando grossomodo la medesima linea di costa attuale.

Anche successivamente, grazie al perdurare del clima subtropicale, le caratteristiche morfologiche ed i vari processi in atto perdurarono, consentendo un forte modellamento del rilievo in tutte le rocce presenti nel territorio. La lunga esposizione a questi agenti di modellamento ha dato luogo ad un paesaggio caratteristico dell'intera Nurra con piccoli rilievi a forma di cupola ed ampi spazi aperti sub pianeggianti noti tecnicamente come "pediments".

Le specie presenti nel giacimento di Fiume Santo confermano il paesaggio così ricostruito: infatti l'Oreopitheco viveva in ambienti collinari a copertura arborea e solo a momenti scendeva nelle piane; antilopi e bovidi necessitavano di spazi aperti con vegetazione rada come nella savana mentre coccodrilli ed altri anfibi abitavano le acque del delta.

La ricca vegetazione, documentata dai due altri giacimenti, rappresentano la fitta copertura boschiva impostata su questi terreni già da lungo tempo e documentano una circolazione di acque superficiali molto dure che ristagnavano in un'area lacustre presente anche in altre zone della Nurra.

Fu il drastico mutamento climatico avvenuto alla fine del Miocene a sconvolgere radicalmente il rigoglioso paesaggio del mondo precedente, rendendo la Nurra un territorio invivibile sia per la fauna che per la flora che viveva in questi luoghi.

Tutto il bordo pedemontano della Nurra di Alghero e Porto Torres conserva le testimonianze del passaggio di questo periodo, II Messiniano, che causò con il suo clima arido il quasi totale dissecamento del Mediterraneo oramai chiuso dallo Stretto di Gibilterra.

Fu così che i fertili suoli ed i terrazzi fluviali del periodo precedente vennero erosi e quasi totalmente asportati, tutto il paesaggio dolcemente modellato venne spianato uniformemente e nelle aree più depresse i ristagni d'acqua si dissecarono lasciando evidenti tracce di questo fenomeno. E proprio nel contesto di queste testimonianze presenti nella Sardegna nord occidentale che si vanno concentrando da anni i nostri sforzi nel tentativo di offrire un quadro più completo della storia della Sardegna negli ultimi 10 milioni di anni, quelli decisivi per la sua attuale configurazione.

Per questo motivo non ci ha colti impreparati la scoperta di questa enigmatica scimmietta, l'Oreopitheco, e della incredibile fauna che lo accompagna; ma pur nella nostra convinzione di abitare in una terra straordinaria, non era facile immaginare di possedere un giacimento così ricco e di valenza internazionale, così raro e così complesso che offre uno spaccato sulla vita e sulla geografia della Sardegna nel tardo Terziario. Noi l'abbiamo accolto come un premio al nostro lavoro ed alla nostra testardaggine, tipicamente sarda, di conoscere sempre più a fondo il nostro territorio.

 

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Ultimo aggiornamento: 26/11/99
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