Il Pianeta senz' Acqua
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Il disco pallido della luna riempiva quasi per intero l'oblò della cabina di Eloise.
Entro poche ore l'astronave sarebbe giunta a destinazione, alla base Ermione del satellite terrestre.

Il congegno di apertura vocale della porta scattò e la ormai familiare figura di Kyle spuntò inaspettatamente da dietro l'apertura; "Eloise, abbiamo bisogno di te nella sala macchine", l'ufficiale aerospaziale pronunciò la frase con esitazione e, quasi per scusarsi dell'intrusione, aggiunse: "il tuo comunicatore era spento, non ho potuto rintracciarti prima".
La ragazza distolse a fatica lo sguardo dallo spettacolo del satellite che diventava sempre più grande mano a mano che l'astronave gli si avvicinava e rivolse all'uomo un cenno di assenso.
Pochi minuti dopo i due erano giunti alla sala macchine, dove un calcolatore addetto al controllo dei procedimenti di atterraggio aveva manifestato un problema in fase di elaborazione dati.

La dottoressa Eloise Phoenix era l'esperta dei sistemi informatici della Icarus III, una delle navi spaziali della flotta militare terrestre impegnate occasionalmente nel trasporto di merci e passeggeri tra le varie colonie.
Questo era il suo ultimo viaggio prima di abbandonare definitivamente il proprio incarico sulla nave; dopo un breve scalo alla Ermione, costruita cento anni prima sul lato buio della luna per scopi prevalentemente militari, sarebbero ripartiti alla volta della terra, dove Eloise avrebbe riconsegnato divisa e gradi e sarebbe ritornata ad essere un normale civile, senza più alcun rapporto con le gerarchie militari e i viaggi interplanetari che avevano contraddistinto gli ultimi sette anni della sua vita.
Non c'era più nulla da dire e lei nulla più avrebbe detto, doveva solo aspettare ancora qualche giorno e presto la dottoressa Eloise Phoenix , ufficiale tecnico che prestava servizio a bordo della Icarus III, avrebbe definitivamente cessato di esistere.
Il tenente Kyle Winter, che era stato trasferito a quella nave solo da poche settimane, aveva sempre cercato di essere gentile con lei e si era sforzato di penetrare il suo ostinato silenzio; Eloise sapeva che in un altro tempo e in un'altra circostanza avrebbero potuto essere amici, ma ora tutto ciò che voleva era staccarsi completamente da quel mondo e da ciò che esso ormai rappresentava per lei, non c'era più spazio per altro, neppure per i rapporti umani.

Il problema della macchina fu presto risolto e, dopo poco meno di un'ora, Eloise si accinse a far ritorno alla propria cabina per prepararsi all'atterraggio, accompagnata dal tenente Winter che nel frattempo era rimasto ad attendere la collega."Eloise", l'uomo pronunciò il nome della ragazza con titubanza, "Dottoressa Phoenix, perché non viene nella sala di comando ad assistere alle operazioni di atterraggio, la vista è senz'altro migliore…"
"La ringrazio tenente Winter" lo interruppe, " ma preferisco andare nella mia cabina a riposare finché non saremo arrivati alla base Ermione".
La ragazza attivò il dispositivo di ingresso della propria cabina e lasciò che la porta si richiudesse alle sue spalle senza voltarsi.
La manovra di approccio della mastodontica astronave alla pista fu portata a termine in maniera precisa ed accurata dall'equipaggio della Icarus III.
Una nube di polveri e fumi si sollevò mano a mano che la nave si avvicinava al terreno fino ad avvolgerne la parte inferiore e a raggiungere le finestre delle cabine dei passeggeri e del personale di bordo.
Eloise rimase ad osservare muta l'intera operazione con occhi fermi e sguardo impassibile, fissando le lente volute di polvere opalescente che si formavano davanti a lei, all'esterno della nave.
Come una lama di coltello l'immagine invase di nuovo, spietata, il suo cervello.
Mille volte aveva rivissuto quei momenti nell'intimo della propria memoria, mille e mille volte era destinata a rivedere con gli occhi della mente quella scena di morte.
L'incubo divenuto realtà non l'avrebbe più abbandonata.


Era una giornata calda illuminata dai due soli gemelli del pianeta inesplorato di Aleph quando la lancia di ricognizione aveva toccato il suolo con a bordo i quattro ufficiali della Icarus III che si erano offerti volontari per l'esplorazione.
Eloise aveva voluto essere tra loro, lasciando per qualche ora ad altri il suo usuale incarico di supervisore tecnico, attratta da quel pianeta in maniera irresistibile, quasi morbosa.

Una volta atterrati tutti e quattro i componenti della squadra avevano lasciato la navicella per cominciare l'esplorazione di quello che sembrava essere un pianeta disabitato, privo com'era di acqua e di vegetazione nonostante la temperatura e l'atmosfera fossero ritenuti adatti alla proliferazione di alcune forme di vita.
Il primo compito a cui adempiere era quello di raccogliere campioni di roccia e minerali presenti nel suolo di Aleph e di cercare tracce di possibili depositi di acqua eventualmente sfuggiti ai pur sofisticati strumenti della Icarus III.

Mentre due dei volontari, Alice Byers e Igor Klee, avevano cominciato la raccolta dei minerali, Eloise e Kyle Winter, l'ufficiale aeronautico che da pochi giorni faceva parte dell'equipaggio della Icarus III, si erano allontanati dalla lancia per esplorare il territorio circostante.

La loro ricerca, durata diverse ore, era stata del tutto infruttuosa; non rimaneva loro che arrendersi all'evidenza e constatare che non era emerso alcun segno di vita neppure allo stadio più elementare; tutto portava a pensare che si trattasse proprio di un pianeta disabitato, privo di quell'elemento indispensabile alla sintesi cellulare che è l'acqua; non restava quindi che completare le operazioni di prassi, raccogliere quanti più campioni possibile e tornare sulla nave.

I due esploratori si avviarono verso il luogo in cui la lancia era atterrata con l'intento di raggiungere i compagni e ragguagliarli di ciò che avevano, o meglio, non avevano trovato nella loro ricognizione.

Eloise non poteva nascondere a se stessa la profonda delusione che provava nell'aver dovuto constatare che quel pianeta che tanto l'aveva attratta altro non era che un ammasso di pietre e sabbia, un agglomerato di materiale cosmico che nulla poteva offrire se non un inquietante panorama desertico colorato dalle sagome rosse dei due soli all'orizzonte.
Il tenente Kyle Winter non lasciava trasparire alcuna emozione, probabilmente non si era mai aspettato di trovarvi nient'altro che ciò che effettivamente vi aveva trovato: niente acqua, niente vita, niente di niente.

Dominata da questi pensieri Eloise intraprese con Kyle la via del ritorno; i due risalirono la bassa collina che li divideva dal punto in cui si trovava la navicella spaziale e, giunti alla sommità del declivio, ebbero entrambi la netta sensazione che qualcosa non fosse esattamente come doveva essere.

Non c'era traccia degli altri due compagni che avevano precedentemente lasciato nello spiazzo in cui erano atterrati con la navetta; esplorando accuratamente la zona Kyle ed Eloise rinvenirono nelle vicinanze della lancia diversi contenitori in cui evidentemente Alice Byers ed Igor Klee avevano raccolto i campioni di minerali prima di dileguarsi.
I due colleghi però sembravano letteralmente spariti nel nulla.

Piano piano nella mente di Eloise si insinuò in maniera strisciante un pensiero, cominciò a farsi strada in lei la sensazione di una presenza estranea; finché ebbe la consapevolezza che qualcosa di sconosciuto le stava penetrando nella coscienza e tentava di soggiogarla aggirando subdolamente i suoi pensieri e piegandoli ad una visione deformata della realtà.
Kyle non sembrava essersi accorto di nulla, era ancora occupato a perlustrare l'intera zona alla ricerca degli altri due compagni e non aveva quindi notato il turbamento e la lotta condotta dalla ragazza per riprendere il controllo di se stessa.
Fu così che le due creature lo sorpresero, aggredendolo alle spalle.
Eloise non si accorse immediatamente dell'arrivo di quei due esseri sbucati fuori come dal nulla, impegnata com'era nella lotta contro ciò che tentava di soggiogare la sua mente.

All'inizio rimase paralizzata dal terrore, senza sapere cosa fare, ma la paura di perdere il compagno la scosse a tal punto che, con un atto di pura volontà, riuscì a scacciare dalla propria mente la presenza aliena e ad impugnare il disintegratore laser che le era stato fornito in dotazione.

Non l'aveva mai usato, non l'aveva neppure mai puntato contro alcun essere vivente e non aveva mai pensato di doverlo fare; era sempre stata fermamente convinta che non avrebbe mai usato violenza contro nessuno per nessun motivo.
Si trovava ad un bivio: poteva sparare alle due creature che avevano assalito Kyle ed ucciderle, contravvenendo ad ogni suo istinto e ad ogni sua più intima convinzione; oppure poteva lasciare che finissero l'uomo e che presto, con ogni probabilità, assalissero anche lei.

La ragazza esitò, si avvicinò ulteriormente ai due esseri e sorprendentemente le sembrò di riconoscerli: sì, intravedeva nei tratti ferini dei due mostri il riflesso di ciò che erano stati i suoi compagni, coloro che avevano iniziato con lei quella missione.

Kyle era ormai allo stremo delle forze, la lotta era impari, i due esseri assetati di sangue lo incalzavano e non gli davano tregua; i movimenti dell'uomo sempre più lenti, i colpi parati con sempre minor vigore, presto il tenente Winter avrebbe ceduto, sopraffatto dalle due creature aliene.


Un lampo di luce verde, accecante.
Un secondo sparo.
Igor Klee e Alice Byers caddero a terra, morti.
Nei loro volti esangui non vi era più segno delle creature demoniache che erano diventate, era sparita ogni traccia della presenza aliena che li aveva trasformati prima dentro e poi fuori e che aveva tentato di fare lo stesso con Eloise.

Aveva sparato, aveva ucciso due persone.
Nulla le avrebbe più riportate indietro, lei era responsabile della loro morte.

La ragazza consegnò a Kyle il suo disintegratore e senza una parola l'aiutò a caricare a bordo della lancia i corpi dei due sfortunati compagni.
Voleva solo allontanarsi da quel pianeta vivente che l'aveva attratta nella sua trappola mortale e dimenticare tutto ciò che era successo; non voleva più avere a che fare con lo spazio, i viaggi interstellari, le armi, la morte.
Voleva tornare sulla Terra, cercare di ritrovare quella pace con se stessa che il pianeta senz'acqua le aveva rubato.


I motori a reazione della Icarus III si spensero.
Piano piano il fumo si diradò sulla piattaforma di atterraggio ed Eloise potè ammirare dall'oblò della sua cabina gli edifici di vetro e metallo che costituivano il nucleo della base lunare Ermione, illuminati da centinaia di luci rosse.
Le tornò alla mente la sua città natale, sulla Terra, quando da piccola l'aveva vista per la prima volta di notte da un aereo: mille luci rosse ne delineavano il profilo rendendola misteriosa e sublime.
Stava tornando a casa.

Il tenente Kyle Winter entrò silenziosamente nella sua cabina, le mise un braccio attorno alle spalle e le disse: "Siamo quasi arrivati, Eloise, dall'altro lato della luna si vede la Terra, la tua casa. La nostra casa".



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