LA MALATTIA DI ALZHEIMER

 

DEFINIZIONE E PREVALENZA
La malattia di Alzheimer è la più comune causa di demenza; si tratta di una sindrome a decorso cronico e progressivo che affligge circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni. Il rischio di contrarre la malattia aumenta con l'età, si stima che circa il 20% della popolazione ultraottantacinquenne ne sia affetta. Non si tratta tuttavia di una malattia che colpisce le sole persone anziane, esistono infatti casi sporadici di persone che possono presentare un esordio precoce della malattia prima della quinta decade di vita. In Italia soffrono di questa malattia circa 50.000 persone, con una previsione di aumento entro il 2000 pari a circa il 40%.
Questa malattia prende il nome dal neurologo Alois Alzheimer (1864-1915) che per primo ne descrisse le caratteristiche. Il tessuto cerebrale di soggetti da lui osservati presentava riduzione della cellule nervose e placche senili visibili anche a occhio nudo. Successivamente, con l'utilizzo di procedure di osservazione microscopica con colorazioni chimiche, evidenziò su porzioni predefinite di cervello la presenza di grovigli neurofibrillari, che sono ammassi proteici non degradabili e solubili che hanno un effetto neurotossico sulla funzionalità cerebrale. La natura e le cause delle alterazioni patologiche che portano a questi esiti dannosi sul cervello non sono ancora chiare. La malattia evolve quindi attraverso un processo degenerativo cerebrale che provoca un deterioramento irreversibile di tutte le funzioni cognitive superiori, come la memoria, l'ideazione e il linguaggio, fino a compromettere l'autonomia funzionale e la capacità di compiere gli atti quotidiani della vita. L'esordio è generalmente insidioso e graduale e il decorso lento, con una durata media di 8-10 anni dalla comparsa dei sintomi.

LE CAUSE
Non sono ancora noti i meccanismi che causano la malattia di Alzheimer.
Solo l'1% dei casi è attribuibile a un gene alterato che ne determina la trasmissione da una generazione all'altra. Ad oggi sono note alterazioni di tre diversi geni che possono portate alla malattia di Alzheimer. Si sono evidenziate mutazioni del gene che codifica una proteina conosciuta con il nome di APP (proteina precursore della b-amiloide). Queste mutazioni sono autosomiche dominanti e sono localizzate sul cromosoma 21.
Altre forme familiari di malattia di Alzheimer sono state associate a mutazioni sui cromosomi 1 e 14 e i geni responsabili di questa forma di Alzheimer sono stati recentemente identificati e sono, rispettivamente, presenilina-1 e presenilina-2. La funzione fisiologica delle preseniline è ancora sconosciuta, tuttavia alcune recenti ricerche sembrano evidenziare che mutazioni in questi geni possono accrescere la velocità con cui la proteina amiloide è prodotta.
Esistono inoltre alcuni fattori di rischio, fattori cioè che determinano una generica predisposizione allo sviluppo della malattia, leggermente superiore a quella manifestata da soggetti che non presentano tali fattori.
Sappiamo infatti che possedere una o più copie dell'allele e4 del gene dell'apolipoproteina E (collocato sul cromosoma 19) rappresenta un fattore che di per sé aumenta il rischio di sviluppare malattia di Alzheimer. Tuttavia esistono persone in possesso anche di due copie di tale allele nel proprio genotipo che raggiungono età avanzate senza ammalarsi e persone con diverso genotipo che si ammalano. Quindi il test di identificazione del genotipo ApoE non deve essere utilizzato come test che segnala la predisposizione alla malattia.
Esistono inoltre fattori ambientali che possono giocare un ruolo importante, come ad esempio, traumi o esposizione a sostanze tossiche (alluminio, idrocarburi aromatici).
Il fattore di rischio più rilevante è l'età: come ampiamente dimostrato da numerosi studi, l'incidenza e la prevalenza di questa malattia aumenta marcatamente con l'età.
Un alto grado di istruzione e un'occupazione che richieda un elevato livello di attività cognitiva sembra avere un effetto protettivo sull'insorgenza della demenza, in quanto aumenta l'efficienza dei circuiti neuronali e la cosiddetta brain reserve, ossia la capacità del cervello di attivare al bisogno circuiti neuronali alternativi. Va però sottolineato che anche persone che non abbiano un livello culturale o occupazionale elevato hanno le medesime possibilità di proteggere la propria efficienza intellettiva mantenendosi mentalmente attivi attraverso attività che tengano il cervello in esercizio e stimolino le capacità cognitive superiori. Per l'insorgenza di demenze diverse da quella di Alzheimer, come la demenza vascolare, è determinante la presenza di fattori di rischio vascolare, quali il fumo, l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, l'obesità e la presenza di patologie concomitanti importanti come il diabete mellito e le cardiopatie.
 
SINTOMI INIZIALI
Il più precoce ed evidente è in genere una perdita significativa della memoria( test di valutazione della memoria) che si manifesta all'inizio soprattutto con difficoltà nel ricordare eventi recenti e successivamente si aggrava con lacune in ambiti sempre più estesi. Oggi sappiamo che la perdita di memoria, a livello neuroanatomico si accompagna alla perdita di tessuto in particolari aree del cervello, come l'ippocampo, cruciali per la funzione mnemonica. Presso il nostro Centro sono in atto studi di ricerca avanzata su queste modificazioni cerebrali la cui identificazione su TAC o risonanza magnetica cerebrali possono aiutare il medico a formulare una corretta e precoce diagnosi.
Altri possibili sintomi consistono in:
- difficoltà nell'esecuzione delle attività quotidiane, con conseguente perdita dell'autonomia;
- alterazioni della personalità: perdita di iniziativa e interessi, ritiro sociale, difficoltà relazionali e cambiamenti comportamentali e d'umore;
- disturbi del linguaggio, spesso associati alla perdita di memoria che impedisce la corretta espressione verbale dei pensieri;
- disorientamento spaziale, temporale e topografico.

LA DIAGNOSI
E' di fondamentale importanza una diagnosi precoce della malattia, benché non sia attualmente ancora curabile, al fine di poter avviare precocemente un opportuno piano d'intervento farmacologico e non farmacologico atto a mantenere il più a lungo possibile l'indipendenza, ridurre la disabilità dell'individuo e consentirgli un buon livello di qualità della vita anche nelle fasi avanzate della malattia.
Fino a pochi anni fa, la diagnosi di malattia di Alzheimer era solo una diagnosi di esclusione, ossia il clinico poteva avanzare tale diagnosi solo dopo aver escluso le altre cause conosciute che potessero spiegare i sintomi presentati dal paziente. Oggi invece il clinico dispone di specifici strumenti diagnostici che gli consentono di identificare e documentare i cambiamenti cerebrali che caratterizzano la malattia di Alzheimer.