La notizia   

Incroci di famiglie, un palazzo, una chiesa, tante storie Nobili e meno sullo sfondo di una Penne che cerca nel turismo colto la speranza del futuro

“Sciorbole, Sant'Antonio è mia!”

Una misteriosa compagna del marchese de Sterlich Aliprandi compra all'asta dal giudice la chiesa dimenticata nella donazione al Comune da don Diego, il vero “marchese volante”.
Il blitz non ha un movente. Per ora 

di Berardo Lupacchini

Cinquantatremilioniduecentomila lire (53.200.000 lire): tanto si è pagato per acquistare all'incanto la chiesa privata e sconsacrata di Sant'Antonio, eretta nel 1648 ed annessa al bellissimo palazzo Aliprandi de Sterlich (costruito dai Leognani Castriota e che qualcuno ha paragonato per stile alla Reggia di Torino), donato dal marchese Diego al Comune per farne una scuola (l'istituto “Marconi” vi è di casa dal 1938) senza la cessione di questa famosa chiesa: “dimenticata”. Davanti al giudice Francabandera, un solo acquirente l'ha spuntata. Il suo nome è Patrizia Giacchini, una commerciante che vive tra Ravenna e Rimini.
Il perché dell'acquisto? Non si sa. “Si, la chiesa del mio compagno, il marchese…”. Risposta secca della signora, comunicazione cortesemente ma in maniera fredda interrotta. Ma di quale marchese? Considerando che Guido Verrocchio de Sterlich Aliprandi è morto nel '98 a 78 anni (di cui vi parleremo), si tratterebbe del marchesino suo figlio, Diego Alberto di 34 anni nato dal matrimonio con Anna Discepoli, sua prima moglie? 
L'acquisto si è materializzato pagando 2 milioni in più del prezzo fissato, sfruttando l'offerta minima prevista nell’iter dell'incanto di un procedimento iscritto sul registro del giudice nel '91; trovati i compratori anche per gli altri 5 lotti all'asta: tutti terreni di basso valore sparsi nel circondario e comunque nel Pescarese. Il ricavato è destinato a soddisfare i crediti vantati dal Banco di Napoli e dalla Banca Commerciale Italiana, promotrici dell'azione esecutiva per i debiti contratti da Guido Verrocchio de Sterlich Aliprandi. Nulla è dato sapere dunque circa le intenzioni sulla nuova proprietà di Patrizia Giacchini. Che la signora sia intervenuta ad estinguere il debito per motivi sentimentali? O ha in animo di mettere in concreto un progetto d'investimento? Confermata invece la notizia secondo cui Provincia, Comune e Sovrintendenza con un accordo di programma intendono fare della chiesa di Sant' Antonio un auditorium nell'ambito del piano che prevede il recupero del Barocco in alcune chiese pennesi. Sant'Antonio naturalmente è sottoposta a vincolo come bene culturale; in questa materia è intervenuto un nuovo Testo Unico dell'anno scorso. Prima del Barocco occorrerà espropriare la chiesetta, però. Già, ma a che prezzo? E perché non s'è fatto prima? E se adesso venisse a costare di più?
Insomma, per ora l'acquisto all'incanto della cappella privata dei marchesi dà adito a un mistero. La storia della chiesa degli Aliprandi (Lacerba del numero scorso) fa riparlare di Guido Verrocchio diventato de Sterlich Aliprandi, marchese di Cermignano (il sangue dei de Sterlich, signori di Castilenti e Cermignano, entrò nella famiglia Aliprandi fin dal XVIII secolo). Gli Aliprandi si estinsero nel 1910 con la morte del barone e parlamentare Diego, continuarono appunto come de Sterlich Aliprandi, per restare ancora senza eredi nel 1976 con la morte del “marchese volante” Diego, figlio di Adolfo, presidente del Senato del Regno d'Italia. Dopo don Diego, il suo figlio “adottivo”: Guido Verrocchio, subentrato nel titolo e dunque erede dei resti di un patrimonio immenso. Una vita a dir poco esuberante, la sua. Diventa nobile quando don Diego, lo spericolato corridore automobilistico amante della bella vita e finito a vivere della carità pubblica dopo aver donato e sperperato tutto, gli passò il titolo di marchese, che una sentenza del tribunale legittimò. 
Don Diego de Sterlich Aliprandi nacque a Castellammare Adriatico nel 1898 e morì a 78 anni. Era soprannominato il “marchese volante”
per la sua irrefrenabile passione per la Maserati, che il nobile salvò dal disastro impegnando 300 ettari di terreno! Fondò l'autodromo di Monza.. Era un campione soprattutto nella specialità della velocità in salita, campione della montagna e capace di battere piloti come Nuvolari, Ferrari e Materassi. L'estensione delle proprietà nobiliari gli era sconosciuta: il censimento toccò farlo a Guido Verrocchio… “Io ho quel che ho donato”, amava ripetere il motto di D'Annunzio, don Diego, sposatosi con Dirce Cassini e poi con Vecla Fumo; era discendente, don Diego, di Rinaldo de Sterlich, ministro della guerra del Regno di Napoli, ed era figlio come detto di Adolfo de Sterlich, presidente del Senato del Regno d'Italia, il quale era il figlio adottivo del già citato famoso Diego, barone di Nocciano e deputato di sinistra per un paio di volte dopo l'unità d'Italia. Diego de Sterlich Aliprandi, colui che sarà il “marchese volante”, era il più piccolo dei figli e venne indicato quale erede: morì senza avere figli, si diceva fosse malato anche se si racconta del tragico episodio del bimbo morto proprio nella cappellina; la storia è da prendere col beneficio d'inventario. A 78 anni si addormentò per sempre: era ridotto a chiedere la carità. 
Poi, arrivò lui, Guido Verrocchio: la stravaganza come stile di vita. 
Indietro