Storie   di Tonino Testa

Cronaca d'altri tempi

Il bilancio dello Stato italiano, oggi, rappresenta uno degli aspetti più importanti dell'economia nazionale e che desta sempre maggiori preoccupazioni.
Nonostante gli oneri fiscali sempre più “oppressivi”, il disavanzo pubblico è sempre in aumento e in maniera preoccupante. Sorge spontanea l'idea di un confronto esaminando la storia amministrativa del nostro Paese sin dall'inizio del secolo scorso, facendo ricorso ad alcuni esempi. Nel lontano 1907, in occasione del terremoto di Messina, il governo Giolitti versò al Comune della città tutto quello che il bilancio dello Stato presentava “in attivo”, cioè la somma di un miliardo e mezzo di allora!) dopo che il Re aveva offerto una parte cospicua del suo appannaggio per iniziare l'opera di ricostruzione della città.
Una riflessione: se ai nostri giorni si verificasse una malaugurata calamità di quella portata, come si comporterebbero i nostri governanti? Ancora: quando nel 1911, sempre col governo Giolitti, il ministro della Pubblica Istruzione, l'emerito professor Nasi (eletto nel collegio di Messina), andò ad inaugurare una scuola, il bilancio del Regno d'Italia non solo era in “attivo”, ma aveva dato tanta stabilità alla lira che, come si diceva allora, faceva “aggio” sull'oro, vale a dire che i cittadini preferivano avere in tasca i soldi piuttosto che comperare oggetti preziosi. Ebbene in quella circostanza gli insegnanti e gli allievi di quella scuola donarono al ministro un calamaio e una penna d'argento di un certo pregio, che il Nasi pensò bene di collocarlo- quale ricordo dell'avvenimento- sulla scrivania del suo studio privato. Non l'avesse mai fatto! I suoi avversari politici lo attaccarono violentemente, asserendo che quel dono doveva rimanere al Ministero in quanto gli era stato offerto come omaggio alla sua alta carica- cioè come ministro- e non alla sua persona.
Avvenne uno scontro così violento in Parlamento che il povero Nasi, uomo integerrimo, fu costretto a rimettere il mandato nelle mani del Re che, naturalmente, accettò.
In quel tempo, i ministri della Pubblica Istruzione non erano soltanto professori, ma uomini di chiara fama, con alto senso dell'onore, addirittura filosofi. Basti pensare a Coppino (legge sull'obbligatorietà della scuola almeno fino alla terza elementare), al De Sanctis (emerito dell'università di Napoli e grande critico della letteratura italiana), al Casati (riforma universitaria), ad Ardigò (massimo esponente del positivismo italiano) a Benedetto Croce (maggiore esponente del liberalismo italiano) a Gentile (la sua riforma della scuola è tutt' ora valida) al Bottai (stimato anche dai suoi avversari politici). Certamente, a confronto degli scandali attuali, quello che coinvolse il ministro Nasi è roba da ridere. Non c'è giorno in cui non si legga, su un qualsiasi quotidiano, uno scandalo, tant'è che le cifre parlano chiaro. La Repubblica italiana (nata tra l'altro con l'inganno!) presenta una classe politica tra le più corrotte d'Europa.
Gli scandali, per carità, ci sono sempre stati, ma allora si potevano contare sulla punta delle dita, mentre oggi sono all'ordine del giorno. Per concludere: durante un'importante riunione dei ministri del governo De Petris (accusato tra l'altro di trasformismo), il quale si presentò al convegno a fatica, per un attacco acuto di gota, un ministro aveva avuto uno scontro verbale col De Petris che non voleva accettare alcuni emendamenti che erano in contrasto con la linea programmatica del governo e per di più poco chiari. Ad un certo punto, il ministro si alzò di scatto e sbattendo con forza la sedia, si allontanò di corsa dimostrando tutto il suo risentimento. Ma dopo un po', pentito per la scenata, ritornò sui suoi passi, per riprendere il posto lasciato vacante.
Il De Petris fu severo e perentorio: “Mi dispiace- disse- ella non ha onorato la poltrona su cui era seduto, pertanto sarà sostituito; prego, si accomodi fuori!”. 
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