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FODOR JERRY A.
Articolo apparso su "Il Sole 24 Ore"

Il Sole 24 ORE Libri, Milano

Jerry Fodor In principio era il pensiero Che cosa viene prima, il pensiero o il linguaggio? Oppure, per cercare di restringere un po' il campo, "nell'ordine della spiegazione, viene prima il contenuto del pensiero o quello del linguaggio?". O, ancora, nei termini di John Searle: "Sono i pensieri o le frasi ad avere "un contenuto in prima istanza" o un contenuto "non derivato"?". Io do per scontato che o le frasi significano quello che significano perché esprimono pensieri, o viceversa (qualunque cosa sia il viceversa nel nostro caso). Ovviamente esistono altre posizioni nello spazio logico: potrebbe darsi che il contenuto del pensiero e quello del linguaggio derivino entrambi da una terza cosa; o che né il pensiero né il linguaggio abbiano un contenuto; o che il pensiero abbia un contenuto in prima istanza per i pensatori che parlano l'inglese mentre il linguaggio ha un contenuto in prima istanza per i pensatori che parlano l'urdu. E via di questo passo. Ma nessuna di queste alternative mi sembra allettante. Inoltre, una volta risposto alla domanda sulla priorità rispettiva di pensiero e linguaggio nella spiegazione del contenuto, credo sia ragionevole aspettarsi che vengano sistemate questioni correlate su che cosa viene prima nell'ordine della spiegazione ontogenetica o filogenetica. Altro argomento di cui non mi occuperò. Ecco invece ciò di cui penso sia il caso di occuparsi: 1) oggi siamo maggiormente in grado di districare il problema pensiero/linguaggio perché conosciamo meglio le condizioni di adeguatezza che una teoria dei contenuti deve soddisfare per essere accettabile; 2) il problema di sapere se sono i pensieri o gli enunciati ad avere un contenuto in prima istanza sembra ormai risolvibile perché convincenti ragioni empiriche suggeriscono che una teoria del contenuto del pensiero potrebbe riuscire a soddisfare queste condizioni, mentre una teoria del contenuto del linguaggio non ci riuscirebbe. Vale a dire, a fortiori che soltanto il pensiero ha un contenuto "in prima istanza". Mi preme sottolineare l'empiricità delle mie ragioni. Spesso si è creduto che potesse esistere una risoluzione a priori della questione pensiero/linguaggio, per esempio nella forma di un argomento trascendentale convincente che sarebbe più o meno questo: soltanto ciò che può soddisfare le condizioni di una traduzione radicale (o di un'interpretazione radicale, o di un apprendimento per induzione a partire da dati comportamentali, o altro ancora) può avere un significato in prima istanza; soltanto i linguaggi (pubblici) possono soddisfare dette condizioni; quindi il contenuto linguistico deve precedere il contenuto del pensiero. Siccome a mio avviso la conclusione è empiricamente falsa, ritengo che argomenti simili non siano validi. Chi crede che la filosofia debba avere sulla verità una presa più salda di quella fornita dai dati di fatto rischia di trovare la mia posizione poco convincente. Chiedo venia, ma l'affidabilità filosofica degli argomenti trascendentali è una delle molte cose per le quali non provo alcun ottimismo.

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Data ultimo aggiornamento: Giovedì 24 ottobre 2002