L'uso dei
mass media durante i regimi totalitari assunse un'importanza
straordinaria. Dovuta soprattutto al sapore di novità che presuppone e
all'intelligente opera di strumentalizzazione che, si deve
riconoscere, ne sfrutta la capacità di propaganda e di indottrinamento
delle masse. Più di ogni altro mezzo che serve, in qualche modo i
propositi dei regimi, è la radio ad assumere un ruolo di primo piano.
Fu, comunque, stentato l'avvio del mezzo radiofonico nel nostro paese.
Mussolini amava più il contatto diretto con le folle e molti artisti e
intellettuali snobbarono la "scatola parlante". Mentre nel
resto del mondo la radio diventava il principale mezzo di comunicazione
(e i nazisti ne capirono subito le potenzialità). Solo negli anni
Trenta - con l'interesse dell'industria e lo spostamento a Torino del
centro amministrativo- la radio italiana (Eiar) decolla e si trasforma
in uno strumento di propaganda del regime. In Italia Mussolini credeva
di più nel contatto diretto con la folla
oceanica e non si fidava troppo del costoso apparecchio.
Non aveva tutti i torti dato che pochi erano in grado di comprenderne il
linguaggio, ammesso che ci fosse l'elettricità per accendere
l'apparecchio. All'alto numero di analfabeti, allo scarsissimo numero di
lettori di quotidiani bisogna aggiungere che in parecchie zone d'Italia
si parlava solo il dialetto e il livello di povertà era così alto che
ben pochi potevano comprare l'apparecchio (per non dire dell'abbonamento).
Poco prima della guerra nelle zone agricole della Sicilia, Sardegna,
Basilicata e Italia centrale non si riceveva la radio e non arrivavano
neanche i giornali.
Il regime fascista non sembra far
uso della radio in maniera adeguata.
Negli
anni che vanno dalla fondazione dell'U.R.I. (Unione Radiofonica
Italiana), nel 1924, ai primi anni del decennio successivo, il fascismo
si limita a utilizzare il potente mezzo di comunicazione come un
altoparlante nazionale per i discorsi di Mussolini e a esercitare il
controllo e la censura sui notiziari e l'informazione la cui fonte
esclusiva fu costituita per molti anni dall'agenzia di stampa del
regime, l'Agenzia Stefani.
Ancora agli inizi degli anni '30 Mussolini attribuiva il primato dei
mezzi di informazione alla stampa.
In parte ciò era forse dovuto alla scarsa diffusione degli apparecchi
radiofonici, troppo costosi per le capacità di acquisto
delle
masse popolari italiane di allora.
Solo nel '33-'34 con l'apertura di Radio Scuola e di Radio Rurale il
fascismo dimostra l'intenzione di fare uso "scientifico" della
radio come mezzo di propaganda e di produzione del consenso per
accelerare il progetto di "fascistizzazione della società
italiana".
l fascismo si
interessò subito all'educazione dei ragazzi, fornendo loro come esempio
la figura carismatica del Duce e irreggimentandoli in varie
organizzazioni: dall'Opera Nazionale Balilla - che richiamava nel
nome il leggendario giovane eroe genovese come simbolo della gioventù
fascista in armi - alla Gioventù Italiana del Littorio, che
seguiva i ragazzi e le ragazze più abbienti sino all'Università. La
radio ebbe naturalmente il compito di assecondare questo programma di
fascistizzazione della gioventù.
In un primo tempo i programmi si limitarono a un'ora pomeridiana, quando
i ragazzi, assolti gli impegni scolastici, potevano mettersi in ascolto
di fronte alla "scatola magica" o alla "casa dei nanetti",
come qualcuno definì la radio, immaginando che all'interno delle
strutture goticheggianti dei primi apparecchi ci fossero degli gnomi
canterini e musicisti. Le prime trasmissioni si valsero proprio di
questa atmosfera magica per eccitare la fantasia infantile. Si
lanciarono concorsi pubblici a premi per trovare una definizione
dell'apparecchio radiofonico. In breve tempo, ogni stazione radio ebbe
il suo programma pomeridiano speciale per i ragazzi.
Per iniziativa dell'Ente radio rurale (1933),
la
radiofonia fece il suo ingresso nello spazio scolastico: a quel punto
l'aspetto propagandistico ebbe spesso la meglio sugli aspetti
favolistici della prima fase. Vennero realizzati sceneggiati radiofonici
che rievocavano momenti di una storia d'Italia ridotta ad aneddoto o a
leggenda; si cantarono le glorie del regime, spendendo i personaggi più
cari ai bambini assieme ai più esperti radiocronisti in visite guidate,
che documentassero lo sforzo di modernizzazione del paese prima, la sua
forza bellica poi.
Al di là del problema concreto di dotare tutte le scuole di un
apparecchio o di un sofisticato impianto centralizzato di diffusione, lo
stato fascista impose all'industria la costruzione di un particolare
apparecchio, il Radiorurale, destinato a questo specifico scopo e
adorno sull'altoparlante di due fasci littori fra spighe di grano.
Quando il partito nazista
conquistò il potere in Germania nel 1933, la radio tedesca, pur molto
sviluppata e seguita dal pubblico, appariva ancora come un mezzo ricco
di potenzialità inesplorata. In particolare il suo potenziale
propagandistico non era ancora stato provato.
Nella Germania nazista invece la
radio è sfruttata dall'inizio in tutte le sue caratteristiche per
diventare lo strumento peculiare del complesso apparato propagandistico
del regime. Lo stesso Hitler, nel suo libro Mein Kampf, scrive della
radio: " … nelle mani di chi sa farne uso è un'arma terribile
".
Goebbels, massimo teorico e imprenditore della propaganda a sua volta
scrive : " La vera radio è propaganda. Propaganda significa
combattere in ogni campo di battaglia dello spirito generando,
moltiplicando, distruggendo, sterminando, costruendo, disfacendo".
Con
la progettazione di Goebbels e sotto la sua costante vigilanza la radio
diventa lo strumento privilegiato per creare una quinta colonna di
sicuri ammiratori del nazismo in molti paesi stranieri - soprattutto in
quelli più ostili alla Germania - da usarsi come gruppo di pressione
per sostenere il lavoro dell'ambasciata tedesca. Nonostante le
trasmissioni radiofoniche naziste variassero da paese a paese e da
momento a momento esse facevano sostanzialmente da eco alla propaganda
interna.
La base era costituita dall'antisemitismo, considerato come un germe
presente in tutti gli stati che bisognava soltanto rendere virulento;
dall'anticomunismo, il cui maggior obiettivo era il popolo russo
considerato come una massa sub-umana e dalla superiorità della razza
ariana e della nazione tedesca, la saggezza e il potere di Hitler.
La radio diventava pertanto, nella volontà nazista, uno strumento di
propaganda "intelligente" volto a creare e a mantenere negli
ascoltatori uno specifico stato emozionale. Dal tenore delle
trasmissioni era evidente che il pubblico era considerato nulla più che
una folla da manipolare. La radio con il nazismo diventa così un
potentissimo mezzo di diffusione di falsità e di bugie, che miravano a
una conquista nel breve termine degli ascoltatori.
Per questa ragione, la propaganda doveva essere convalidata dai successi
militari: la "confusione mentale, la contradditorietà dei
sentimenti, l'esitazione, il panico" che - secondo Hitler - la
radio doveva contribuire a creare dovevano poi trovare soddisfazione
quando la radio, annunciando le conquiste e le vittorie militari, dava
agli ascoltatori l'impressione di unità, di forza, di sicura vittoria
alla fine della lotta.
Quindi come mezzo di propaganda i nazisti preferiscono la voce alla
carta stampata e fanno uso scientifico del potere della radio. Le
trasmissioni radiofoniche sono più immediate, più vibranti, più
personali e offrono le occasioni più idonee per creare emozioni. Per
" ficcare il messaggio nazista nella testa della gente e, prima di
tutto, nei cuori " la propaganda del regime usa una tecnica
precisa, basata su teorie psicologiche. Gli strumenti di questo tipo cui
si ricorreva maggiormente erano tre.
La riduzione e la semplificazione dell'ideologia nazista in alcuni
stereotipi, che venivano in tale veste più facilmente acquisiti e
introiettati dagli ascoltatori.
Era poi usata costantemente la tecnica della ripetizione. Gli
ascoltatori erano bombardati con la stessa informazione, le stesse frasi
ripetute senza fine.
Al rituale della tecnica ripetitiva si aggiunge lo slogan come strumento
atto a facilitare la memorizzazione.
Questa è la prima volta nella storia della radio che gli elementi
specifici del mezzo vengono presi in considerazione e si cerca di
pianificarne l'uso per il conseguimento di un determinato scopo. La
funzione propagandistica della radio " inventata " dai nazisti
avrà larga diffusione in molti altri paesi, soprattutto in tempo di
guerra.
A tal proposito Goebbels afferma: "le notizie sono un'arma della
guerra. Il loro scopo è quello di vincere la guerra, non quello di dare
informazioni".
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