CALIFORNIA: Una lezione da meditare: il Paese dove i cittadini decidono tutto

Parlamento più antico del mondo, è l'Althing di cui restano solo banchi di pietra nel verde dell'Islanda. Quello che da più tempo funziona risiede, come è altrettanto noto, a Londra, in un palazzo che originariamente ospitava il potere rivale, quello regale, Ma quale sia il Parlamento più grande del pianeta è una scoperta meno divulgata: sta in California e non ha una sede, se non delle cabine di voto che ogni due anni vengono allestite in decine di migliaia di spazi qualsiasi.
Non è proprio un Parlamento nel senso etimologico del termine, perché non vi si parla, però vi si compie il gesto decisivo della volontà popolare in una democrazia: si vota. Ogni due anni il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre, dai 10 ai 15 mi1ioni di cittadini della California possono diventare deputati o senatori. Fungono da eletti e non da elettori, sottraggono alle assemblee i poteri tradizionali. In una parola votano nei referendum, con poteri e latitudine pressoché senza limiti. Passano leggi, emendano la Costituzione, esprimono senza intermediari la volontà politica della collettività, mettono in atto quella alternativa, sempre presente nella storia delle libere istituzioni ma quasi sempre solo come ipotesi, che è la "democrazia diretta", al posto di quella rappresentativa.
Gli Stati Uniti non sono il solo Paese a conoscerla. I referendum sono fra gli strumenti della democrazia in molti Paesi del mondo, ma in genere con molte limitazioni. In Italia, lo sappiamo, possono essere solo abrogativi, possono disfare leggi ma non farne e soprattutto possono venire aggirati, inoltre molti argomenti sono tabù per le pratiche referendarie, a cominciare da quello per cui i parlamentari nacquero, prima ancora della democrazia moderna, e cioè il controllo delle finanze, delle spese, delle tasse. Solo la Svizzera si avvicina, in Europa, al modello californiano. Che del resto non è unico neppure in America: altri 17
Stati dell'Unione possono cambiare la Costituzione approvando emendamenti per via referendaria e altri 21 (più il Distretto di Colombia) concedono ai loro cittadini il diritto di iniziativa per fare leggi e non soltanto per cancellarle. Ma 15 Stati danno agli elettori ambedue questi poteri: quello legislativo e quello costituente e fra questi la California non è soltanto di gran lunga il più popoloso ma anche il più attivo, i suoi abitanti i più entusiasticamente portati a servirsi di questa loro facoltà.
Se si calcola che la California non è solo il principale Stato dell'Unione ma anche, per popolazione o ricchezza, uno dei più importanti Paesi del mondo, si vede quanto il suo esempio sia importante e quanto, inoltre, passibile di imitazione, in California nascono le mode, politiche e no. E la California, neppure questo va dimenticato, produce le tecnologie d'avanguardia che fra breve potranno cambiare ancora più radicalmente il sistema delle consultazioni popolari, realizzando il "villaggio globale" e sostituendo quelle cabine con un pulsante elettronico.
Sono prospettive che spaventano i legislatori, i politologi, i filosofi politici di ogni parte del mondo, inclusa l'America, ma la California non fa niente per ostacolarle, Le procedure si sono, anzi, semplificate al punto da risultare incoraggianti. Per portare una proposta di legge davanti a questo "Parlamento" basta che i promotori raccolgano le firme del 5 per cento degli aventi diritto al voto. Quest'anno il numero esatto è 433.969. Per un emendamento alla Costituzione la cifra sale appena un poco: l'8 per cento, ovvero 539.230. Non c'è da stupirsi che attraverso queste maglie larghe passino proposte numerose: in un anno recente si è toccato il record con 29 "iniziative legislative" stampate l'una dopo l'altra su una sola scheda lunga come un lenzuolo: né i legislatori di professione hanno il potere di depennare proposte o impedire alla gente di pronunciarsi in merito.
Non ci sono, ripeto, tabù. I californiani possono andare a votare per diminuirsi le tasse: lo fecero con un'iniziativa allora rivoluzionaria, nel 1978, quando tagliarono a metà le imposte sulla proprietà fondiaria, avviando con due anni d'anticipo la "rivoluzione" reaganiana, che doveva drasticamente diminuire il carico fiscale su tutti gli americani e lanciare così il boom economico liberista. Nel 1996 fu approvata, in un altro caso controverso, la proposta di tagliare la spesa pubblica a favore dei residenti stranieri illegali, e tre anni fa per mettere fuori legge il sistema delle "quote" con cui il governo dava preferenze alle "minoranze" che avevano subito discriminazioni, reali o immaginarie.
Non tutte le volte è questa linea a prevalere. Nell'autunno del 1996, per esempio, furono gli elettori, contro il parere della Camera, a decidere di elevare il salario minimo per i lavoratori, a proibire agli automobilisti privi di assicurazione (che negli Stati Uniti non è obbligatoria) di fare cause per danni in caso di incidenti e per legalizzare, di nuovo contro le direttive di Washington, l'uso medicinale della marijuana.
Sempre con dei referendum, i californiani hanno scelto di reintrodurre la pena di morte, di stabilire l'obbligatorietà dell'ergastolo per chi è alla terza condanna penale, di "requisire" ottanta chilometri di spiaggia del Pacifico per adibirla a uso pubblico, di "proteggere" gli stanziamenti per le scuole e perfino di decidere in che giorno cominciare e finire l'ora legale.
Non tutte le decisioni sono indiscutibilmente sagge, si è detto: ma quello che conta è il metodo. In quel "Parlamento" si portano avanti, inoltre, cause degne, anche se non vengono fatte leggi al primo tentativo. Il pungolo per le riforme è rapido e in genere efficace. Per esempio, la spinta dei "referendari" ha indotto il Congresso di Washington a modificare una regola abnorme, che consentiva in taluni casi a un magistrato di dichiarare "incostituzionale" una proposta referendaria. D'ora in poi è necessario il parere concorde di tre giudici. Invece di essere "neutralizzato", dunque, il sistema si consolida.
La grande maggioranza dei cittadini della California è convinta che esso sia "buono e giusto". La pensano così anche quelli che, spesso, alle proposte referendarie votano no.
11 giugno 1998 - rubrica: ESTERO - Pagina 15 - Settimanale "L'Uomo qualunque"

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