La Chiamata al Potere

 

Gli ultimi mesi della vita di Piero il Gottoso furono oscurati da complotti, tramati in Romagna dove Paolo II approfittando della morte di Sigismondo Malatesta, Signore di Rimini, per rivendicare la città come feudo. Roberto figlio di Sigismondo, rivendicò i suoi diritti ereditari con l'appoggio. La situazione si faceva pericolosa: Se Rimini fosse caduta tutta la Romagna sarebbe stata in pericolo e il Papa avrebbe potuto volgere le armi contro Firenze nel tentativo di sottrarre il governo all'ormai morente Piero. Sembrò così necessario che Firenze e Milano si schierassero con Roberto Malatesta. Lorenzo fu invitato alla Corte degli Sforza per studiare una linea politica comune. Piero era contrario al viaggio a Milano, ma dovette cedere alla bramosia di Lorenzo di mettersi in luce. Alla corte degli Sforza, Lorenzo si rese molto popolare mostrando grandi qualità diplomatiche, inoltre donò una collana d'oro e brillanti alla Duchessa ed il marito stupefatto dalla magnificenza di Lorenzo suscitò tale gioia da chiedergli che fosse il padrino tutti i suoi figli. Roberto Malatesta, sostenuto dalle due più potenti città d'Italia, inflisse una pesante sconfitta alle truppe papali, inducendo Paolo II ad abbandonare i suoi progetti d'espansione. La crisi era per il momento risolta.

Il 2 Dicembre 1469 Piero morì nella villa di Careggi all'età di cinquantatré anni. L'incontestata successione al potere di Lorenzo fu determinata dall'atteggiamento di Tommaso Soderini: radunò circa seicento cittadini in visita al convento di Sant'Antonio, parlando a questi delle imprese dei Medici nel governare Firenze con Cosimo il Vecchio e con Piero il Gottoso e mettendo in luce le qualità di Lorenzo, il quale era desideroso come il nonno ed il padre di meritarsi la buona considerazione dei suoi concittadini. Ottenuto così il consenso unanime dell'Assemblea, seguito dai rappresentanti del governo, giunse a Palazzo Medici il 4 dicembre, invitando Lorenzo ad assumere il primo posto al governo. Lorenzo sin dall'infanzia era stato preparato a questo momento e in lui provava una certa attrazione verso le reali difficoltà del governare, conscio delle proprie attitudini. Il Magnifico nel suo diario scrive:

<< Sebbene la proposta fosse contraria agli istinti della mia età ed implicasse gravi oneri e pericoli, accettai con riluttanza e solo per salvaguardare i nostri amici e le nostre fortune, poichè si vive male a Firenze senza controllo sul governo >>