Lungro Splendori Orientali
Grande e Santa Settimana
Grande e Santa Domenica
di Pasqua
NELLA RICCHEZZA DELLA
SPIRITUALITA’ BIZANTINA E NELLO SPLENDORE DELLA LITURGIA ORIENTALE
Una presenza ed una testimonianza. La presenza della
Chiesa cattolica bizantina in Italia è una testimonianza che potrà, in certo
qual modo, dare un proprio contributo, anche se modesto, alla soluzione di una
divisione che angoscia il cristianesimo. Nelle regioni meridionali vi sono
consistenti di comunità italo-albanesi o arbëreshe, le quali costituiscono un
patrimonio storico, culturale e religioso di notevole valore. La maggior parte
di queste comunità, le cui popolazioni giunsero dall’Albania ormai invasa dagli
Ottomani nella seconda metà del XV sec., conservano gelosamente anche il rito e
la tradizione orientale, fanno parte dell’Eparchia (diocesi) di Lungro,
istituita nel 1919 da Papa Benedetto XV, con la costituzione apostolica
“Catholici Fideles”. Questa diocesi, dal territorio a macchia di leopardo,
abbraccia anche parrocchie di fedeli italo-albanesi di altre regioni d’Italia,
costituisce la Chiesa cattolica bizantina d’Italia, unitamente alla consorella
di Piana degli Albanesi in Sicilia ed al Monastero esarchico di Grottaferrata.
Queste tre istituzioni sono inserite mirabilmente nella Chiesa di Roma con la
quale sono in perfetta comunione, tanto da rappresentare un esempio ecumenico
di notevole importanza. In Calabria, più in particolare, la diocesi di Lungro è
vista come la fedele continuazione dell’epoca bizantina che ha lasciato
notevoli segni della sua presenza: la Cattolica di Stilo, il Patirion e San
Marco a Rossano, la cattedrale di Gerace, S. Adriano di S. Demetrio Corone ed
altre chiese non meno importanti.
Nella tradizione orientale la
liturgia è l’espressione più alta della vita della chiesa. Il momento più
intenso di questa vita è la celebrazione della Grande e Santa Settimana, che
ripropone con forza drammatica, i misteri della passione, della morte, della
sepoltura, della risurrezione di Cristo. Sono celebrazioni di grande
partecipazione che il popolo vive con profonda fede. Seguiamo assieme,
attraverso un sintetico itinerario, i punti salienti.
Grande e Santa Settimana (Megàli Evdomàs – Java e Madhe dhe e
Shënjte)
Come per la Chiesa d’Occidente
anche per quella d’Oriente il momento pasquale, sotto gli aspetti della
spiritualità e della tradizione, assume un carattere di grande importanza che
coinvolge tutti i fedeli. La Pasqua è considerata come la “festa delle feste” e per la liturgia è “la salvezza del mondo”. Per la Chiesa orientale, i misteri della
passione, morte e risurrezione di Cristo rivivono nella Liturgia della Grande e
Santa Settimana, preceduta come proemio di speranza dalla risurrezione di
Lazzaro e dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme. La Settimana chiamata “Grande e Santa”, è caratterizzata dalle
ampie ufficiature, dalla maggiore austerità del digiuno e dai grandi misteri
della salvezza dell’umanità che rivivono attraverso le celebrazioni.
Anche per le comunità
italo-albanesi di rito bizantino, la celebrazione dei misteri della Settimana
Santa è al centro dell’anno liturgico e costituisce il momento più alto della
pietà religiosa di queste popolazioni che ritrovano nell’antico rituale
bizantino la propria identità. “Neppure
oggi, commentava in un suo scritto mons. Giovanni Stamati (1968 – 1987),
secondo vescovo dell’Eparchia, il
carattere sacro e unico della Settimana Santa, nonostante il processo,
insidioso ed aggressivo insieme, della secolarizzazione, è andato perduto;
anzi, sotto certi aspetti, viene recuperato con la riscoperta del contenuto più
profondo dei misteri della salvezza”. Ed ancora lo stesso presule si
sofferma sulla catechesi della Settimana Santa che “nel rito bizantino è una riattualizzazione degli eventi dolorosi della passione, morte e risurrezione di Cristo,
fatta dalla Chiesa nella Liturgia, in cui la comunità cristiana viene
profondamente coinvolta, fino ad identificarsi coi personaggi che
prefigurarono, furono testimoni, vissero anche con ruoli opposti, e
annunciarono la salvezza operata dal Cristo. E’ una continua lettura della
parola di Dio, dal Vecchio al Nuovo testamento, che ricompone, tessera su
tessera, il meraviglioso mosaico della salvezza operata da Dio per mezzo di
Gesù Cristo, che nella sua infinita sinkatavasin – divina condiscendenza – assume l’umana natura per liberarla dalla
corruzione operata dal peccato. L’esplosione del canto <<Christòs
Anèsti – Cristo è risorto>> nella
mattina di Pasqua, ripetuto infinite volte, è la vittoria di Cristo risorto che
presenta al Padre la nuova creatura. In quel Christòs Anèsti c’è tutto il peso del cammino faticoso
dell’uomo, scacciato dal paradiso terrestre per la sua ribellione, che
attraverso i millenni attende la sua salvezza, ma c’è anche tutta la gloria di
Dio, che in Cristo sconfigge il male e il suo effetto fisico, la morte, e
ricompone la comunione tra l’uomo e Dio”.
I riti, suggestivi e solenni,
evidenziano la profonda spiritualità orientale e sono molto seguiti dalle
popolazioni arbëreshe, coinvolgendo altresì anche i fedeli di rito “latino” che
sempre più numerosi presenziano le ufficiature. A Lungro, sede della Eparchia per gli albanesi di rito bizantino
dell’Italia continentale, si registrano anno dopo anno queste presenze che
affollano le navate della splendida cattedrale, ricca di icone, mosaici ed
affreschi bizantini. Le celebrazioni liturgiche nel rituale bizantino sono
caratterizzate anche dall’ampiezza delle ufficiature e dalla forte austerità
del digiuno. Esse sono accompagnate dai melodiosi canti eseguiti dal coro della
cattedrale.
L’ufficio bizantino della grande
settimana va dal sabato “il giorno di Lazzaro”, antecedente la domenica delle
Palme, alla Pasqua.
La Domenica delle Palme (in
albanese: e Diella e Dhafnis) la
liturgia ricorda l’ingresso festoso e glorioso di Gesù in Gerusalemme e, per
questo, i fedeli, che affollano le chiese di rito bizantino, portano ramoscelli
d’alloro che saranno benedetti.
I primi tre giorni della
Settimana Santa, dal lunedì al mercoledì, si celebra l’akoluthìa dell’orthros e prende il nome di “Ninfìos”, il tropario che canta il tema dello Sposo (ninfìos). Si
porta in processione l’icona del Cristo-Sposo per deporla sul tetrapodio
davanti all’iconostasi (transetto con le icone che divide il Vima o
Sancta Sanctorum dal resto della chiesa). E’ un invito ad essere sempre
vigilanti, in attesa della seconda venuta del Figlio di Dio.
Nella tradizione popolare del
Santo e Grande Mercoledì (e Mirkura e
Madhe dhe e Shënjte) è ancora viva l’usanza da parte dei fedeli di portare
in chiesa, durante il periodo quaresimale, il grano germogliato per abbellire
il sepolcro del Signore “sumbullkun”.
E’ questo un segno simbolico dell’immagine della sepoltura di Cristo e della
sua risurrezione (il chicco di grano messo sotto terra al buio è destinato a
germogliare e crescere).
Il
Grande e Santo Giovedì (e Enjta e Madhe
dhe e Shënjte) si commemora l’istituzione dell’eucaristia; la liturgia è
quella di San Basilio il Grande. Al termine, viene portato in processione il
Santissimo, dall’altare al sepolcro, dove vi rimarrà esposto per tre giorni.
Nella funzione serale, attraverso la lettura di dodici brani dell’Evangelo, si
ripercorrono le tappe della passione. L’icona della crocifissione viene portata
in processione all’interno del tempio, rischiarato dalle fiammelle delle
candele dei fedeli e quindi esposta per l’adorazione davanti l’iconostasi.
Nella tradizione popolare di
questo giorno, contraddistinto dal digiuno, a Lungro come negli altri centri
italo-albanesi di rito bizantino, si susseguono le visite al “sepolcro” da
parte dei fedeli. E’ ancora vivo il ricordo di qualche decennio addietro, dove
si vedevano gruppi di donne vestite con il tradizionale costume albanese di
lutto recarsi in chiesa a cantare le “kalimere” (dal greco buona
novella), a bassa voce e con tono lamentoso. Questi canti oggi sono stati
recuperati dai giovani che hanno ripreso l’antica usanza ad eseguirli di sera
nelle varie gjitonie (vicinati) del centro storico, da parte dei giovani
del gruppo “Rilindja”. Anche il coro della cattedrale li esegue al termine
delle sacre funzioni. Sono canti davvero patetici e raccontano la passione e la
morte del Cristo.
Grande e Santo Venerdì (Prëmtja e Madhe dhe e Shënjte)
In questo giorno particolare,
caratterizzato dal digiuno completo, si celebra la memoria dei tremendi
patimenti del Signore e della confessione salvifica del buon ladro morto
penitente sulla croce. I fedeli assistono sempre numerosi alle lunghe
celebrazioni, d’origine monastica, tipiche del rito bizantino.
Al vespro, che si ufficia nella
mattinata, nel corso della lettura del Vangelo, il celebrante si reca davanti
all’icona della crocifissione, al centro della crociera copre col sudario, portandola dentro il Santuario (Vima). Al termine della funzione, sempre all’interno della
cattedrale, si svolge la processione solenne del Cristo Morto.
Canti e preghiere si susseguono
in un’atmosfera mistica ricca di pathos, che coinvolgono i fedeli al mistero
della morte di Cristo, alla sua deposizione, all’esposizione del suo corpo (l’epitàfion, una stoffa ricamata in oro e
argento su cui vi è dipinta l’icona della deposizione, con la Madre di Dio, le
mirofore, Giovanni e Giuseppe d’Arimatea, prostrati e piangenti).
Nella serata, ha luogo l’akoluthia dell’Epitàfios Thrinos
(lamentazioni funebri), una delle ufficiature più toccanti e suggestive
dell’anno liturgico, davanti al tafos (l’urna
dove è deposta l’icona del Cristo morto, ricoperta di fiori e di profumi). Il
celebrante, alternandosi con il coro, intona gli enkòmia, divisi in tre stasis
(canti risalenti al XII sec. del typikòn
in uso nella Chiesa di Gerusalemme). Sono considerati tra i più belli di tutta
l’innografia orientale e si integrano mirabilmente con le cerimonie bizantine,
dove il dolore e la speranza si fondono in attesa della risurrezione.
Riportiamo una sintetica descrizione del prof. G. B. Rennis, autore del volume
indicato in bibliografia: “Fra incensi
continui attorno al Tafos, profumi, canti struggenti e il rosso dei paramenti,
tutto contribuisce a dare un’atmosfera di alta liricità e di commozione”.
Al termine del canto delle lamentazioni, l’epitàfion,
le sante icone ed i fedeli, che affollano le tre navate della cattedrale
vengono cosparsi di profumi dal celebrante. Anche l’ampia piazza antistante la
cattedrale è piena di gente, in attesa della solenne processione del Cristo
Morto, parte integrante della stessa liturgia.
Le vie e le piazze del centro storico della cittadina italo-albanese
toccate dalla processione cambiano il loro aspetto scenografico. E’ buio le finestre ed i balconi sono illuminati
dalle fiammelle delle candele e dei lumi. Una marea di fedeli si snoda seguendo
i celebranti che precedono l’urna con l’icona del Cristo Morto e a breve
distanza il simulacro dell’Addolorata. Il coro della cattedrale continua ad
eseguire i canti delle lamentazioni funebri che si confondono con quelli dei
fedeli che intonano, nella lingua albanese, le kalimere. Tutto l’itinerario della processione è una lunga scia di
tenue chiarore, effetto delle centinaia di candele accese.
Si ritorna in chiesa e si
continua la celebrazione del mattutino del Sabato Santo, con le letture dai
sacri testi e termina con la benedizione.
La Chiesa di rito bizantino in
Calabria ha convissuto per cinque secoli con quella cattolica di rito “latino”
e da essa, logicamente, ha subito alcuni influssi che non appartengono alla
tradizione della Chiesa d’Oriente. E’ il caso della venerazione di alcune
statue che, nonostante il pieno recupero della tradizione orientale,
costituiscono un arricchimento della propria tradizione religiosa popolare.
Infatti, a Lungro, la cui Chiesa particolare custodisce gelosamente il tipikon bizantino, al termine delle
funzioni di questo Santo giorno, sempre in cattedrale, un sacerdote predicatore
invita alla meditazione della Passione che, in sostanza, evidenzia i dolori
patiti dalla Madre di Dio. Alla conclusione avviene qualcosa di straordinario
che colpisce l’intimo dei fedeli: l’apparizione della statua dell’Addolorata portata
davanti al pulpito in modo che il predicatore deponga il crocifisso nelle sue
mani. E’ la speranza e poi certezza che lo renderà risorto all’umanità intera.
Questa larga partecipazione sta a
significare come sia profondamente radicata nella tradizione popolare questa
commemorazione, che coinvolge anche i giovani. Mai come in queste occasioni,
infatti, si sente la presenza della Chiesa, quella locale bizantina, antica
custode anche della cultura e delle tradizioni popolari delle comunità
albanofone.
Grande e Santo Sabato (Shtuna e Madhe dhe e Shënjte)
Le sacre celebrazioni si
susseguono, questa volta nell’esaltazione della risurrezione che viene
preannunciata con la solenne liturgia del Grande e Santo Sabato, che ricorda la
sepoltura del Signore e la sua discesa nell’Ade.
La liturgia è quella S. Basilio.
Dopo il canto dell’epistola, il celebrante cosparge di fiori e foglie di alloro
(simbolo regale d’incoronazione quale segno di vittoria da parte di Cristo-Re)
ogni angolo della chiesa ed i fedeli, che sempre numerosi partecipano alla
funzione, mentre più volte si canta l’inno della risurrezione (anàsta) “Risorgi o Signore, giudica la terra; tua eredità saranno tutte le genti”.
Vengono sciolte le campane che a distesa danno alla comunità l’annunzio del
mistero che si compie.
Per i fedeli di rito orientale,
questo è un giorno di vera festa. E’ l’occasione per riportare a casa il grano
germogliato del Sepolcro, ormai vuoto. I contadini ancora oggi spargono parte
dei ciuffi di grano sui terreni auspicando un buon raccolto. Il suono delle
campane si propaga per borghi e villaggi. Un tempo non molto lontano, in molte
case si usava percuotere i cassoni con un legno e disfarsi della roba
inutilizzata: un rito propiziatorio che doveva servire a cacciare via il male e
prepararsi per la venuta del Signore.
Altro aspetto della tradizione
popolare, mantenutasi sino ad alcuni decenni addietro e che ora timidamente
incomincia a rivivere, è il canto notturno del Cristòs Anèsti, eseguito da frotte di giovani lungo le vie del
centro storico. In molte famiglie questi gruppi vengono accolti in casa che, in
cambio del canto augurale, ricevono i dolci tipici pasquali.
Il canto sacro diventa anche un
saluto augurale, a Lungro, come negli altri centri italo-albanesi della Calabria
e come in tutto l’Oriente cristiano. Tra gli italo-albanesi si augura “Krishti u ngjall!” (Cristo è risorto!) e
si risponde “Virteta u ngjall!”
(Veramente è risorto).
Grande e Santa Domenica di Pasqua (Diella e Pashkëvet e Madhe dhe e Shënjte)
Il grande annuncio, comune a tutto
l’Oriente Cristiano: Cristòs Anèsti! –
Cristo è risorto!
L’annunzio
della risurrezione avviene all’alba della domenica. In altri paesi albanesi
esso è celebrato a mezzanotte. A Lungro, il centro spirituale degli
italo-albanesi, è ancora buio pesto e la cattedrale è avvolta dall’oscurità.
Una flebile luce proviene dalla lampada sempre accesa del Santissimo. Da questa
fiammella il celebrante accende il suo cero e rivolgendosi ai fedeli dice “Venite tutti, prendete la luce che non ha
tramonto e glorificate Cristo, risorto dai morti”. Le fiammelle si
moltiplicano ed il chiarore fa risplendere gli ori dei mosaici e delle icone.
In processione escono dalla chiesa e si dirigono verso il sagrato dove inizia
l’ufficiatura della “Fjalza e mirë” (la buona parola). Il celebrante
si avvicina alla porta grande chiusa, mentre con l’alba si dischiude un nuovo
giorno. Con la croce astile, dopo ampie preghiere e letture dei testi sacri,
batte per tre volte sulla porta ed inizia il dialogo con il lettore che
dall’interno della chiesa, rappresenta le forze del male. Al terzo invito, i
battenti si aprono, la chiesa si illumina
e i fedeli entrano intonando il canto pasquale del “Christòs Anèsti”: “Cristo è risorto dai morti e con la sua morte ha sconfitto la morte e a coloro
che giacevano nei sepolcri ha ridato la vita”. Per l’occasione, anticamente, i
contadini usavano suonare gli zufoli di fico (titarote) e la cerimonia di certo assumeva una forma semplice ma
rude, la memoria di un significato antico.
Dopo l’abbraccio della pace (aspasmòs),
si celebra la liturgia di S. Giovanni Crisostomo.
Le ufficiature continuano con la
solenne liturgia pontificale e terminano con il bacio del Vangelo da parte dei
fedeli.
Durante il solenne vespro della
sera la lettura del brano del Vangelo, che narra l’apparizione del Signore agli
apostoli comandando loro di andare ad annunciare la sua parola per tutte le
terre del mondo, è ripetuta in varie lingue per significare che uno stesso
Vangelo deve essere compreso da tutti i popoli nel proprio idioma.
Con i riti della Grande e Santa
Settimana, la Chiesa bizantina italo-albanese si appresta a rivivere l’evento
più grande della Cristianità con l’annuncio che “Gesù morto è resuscitato”. La
liturgia di questo grande giorno, la Domenica di Pasqua, è quella di San
Giovanni Crisostomo, la stessa che si celebra nell’Oriente bizantino. Si
assiste ad alti momenti di gaudio, in un clima di tripudio e di festa, tra gli splendori ed i colori tipici. Preghiere,
inni, incensazioni e benedizioni si susseguono senza sosta. E’ un dialogo
continuo tra celebranti, coro e fedeli. Gli affreschi che raccontano scene
dell’Antico e Nuovo Testamento, le icone delle feste liturgiche dai colori
tenui ed i mosaici che riflettono tra gli sfondi dorati la maestosità, severa e
dolce, del Pantokrator e della Madre di Dio in Trono, fanno di questa Pasqua
nella Cattedrale di San Nicola di Mira di Lungro, un momento di alta
spiritualità che vale veramente la pena di viverlo. “Usciamo da questa esperienza unica vivificati. Si ha l’impressione di
trovarsi per davvero in Oriente”, dicono quanti scelgono di seguire queste
sacre funzioni nella comunità italo-albanese. L’interesse per la conoscenza
della liturgia della Chiesa d’Oriente, in particolare di questa settimana la
più importante dell’anno, coinvolge un numero sempre più grande di persone.
Dopo il Grande Giubileo, la
Settimana Santa e la Santa Pasqua a Lungro rappresentano un itinerario da
proporre e da percorrere, unico del suo genere, per cogliere non solo gli
aspetti esteriori della ricchezza e dello splendore del rito, ma la conoscenza
dei testi scritturistici, che sono la “più
vera e più fedele catechesi del Mistero della Salvezza e per vivere il momento
liturgico, come evento di salvezza e di grazia, nella partecipazione alla morte
e risurrezione di Cristo” (Mons. G. Stamati, 1977).
Alfredo Frega
Bibliografia essenziale
Grande e Santa Settimana e Santa Domenica di Pasqua, Ed. Eparchia di
Lungro, 1989
Giovanbattista Rennis, La Tradizione Bizantina della Comunità
italo-albanese (Lungro: il rito, le
festività, la storia e le usanze), editoriale progetto 2000, Cosenza, 1993
Icona della Crocifissione, Cattedrale
(foto di Alfredo Frega)
Epitafion, Cattedrale, (foto di Alfredo
Frega)
Processione del Cristo Morto, Lungo
(foto di Pasquale Tedesco)
Domenica di Pasqua, apertura della
grande porta della Cattedrale (foto di Pasquale Tedesco)
Affresco della Resurrezione,
Cattedrale (foto di Alfredo Frega)