Papàs Vincenzo Nicola
Matrangolo
Protoiereo della
Parrocchia Greca “San Giovanni Battista”
di Acquaformosa (CS)
( 0981 949009
LA DIVINA LITURGIA di SAN GIOVANNI CRISOSTOMO Note di introduzione teologica |
Il presupposto dell'apostolato ecumenico è la
conoscenza vicendevole tra le varie comunità cristiane.
La Divina Liturgia detta di San Giovanni Crisostomo, insieme a quella attribuita a San Basilio, in uso nella Chiesa Bizantina costituisce non solo un testo di preghiera sacrificale, prezioso per la sua antichità, ma anche un efficace veicolo della conoscenza della Ecumene Bizantina di cui ci svela la vita e l'anima.
Essa, infatti rappresenta e rinnova la
duplice manifestazione di Dio al mondo con la discesa del Verbo sulla terra,
prima, per operarvi la redenzione e con l'ascesa al cielo per attuare la Pentecoste,
preludio e inizio del suo ritorno con gloria, poi, per stabilire nello
stato glorioso il pleroma ecclesiale (Cristo e noi).
Per il tramite della Santa Liturgia, la
umanità, per chiamata e per diritto, diventa partecipe della liturgia corale
dossologico - trinitaria celebrata dalla Chiesa Una, degli angeli e degli
uomini, con a capo Cristo-Pontefice.
Da tutto il testo si rileva che una è la chiamata, una la Chiesa, una
la liturgia, uno il sacrificio, una la dossologia trinitaria che, sebbene
celebrata nella natura sensibile, è essenzialmente quella medesima che già
viene celebrata nel secolo futuro cioè nel cielo e che, essendo
compiuta nella gloria divina, è sovratemporale e sovraspaziale e sovrannumerica
cioè sempre in atto e universale.
Gli uomini, pertanto, deposta ogni sollecitudine mondana e nel
silenzio di ogni carne mortale e nell'assenza di ogni pensiero terreno, sono,
fin dal presente secolo, concelebranti con le schiere angeliche e con
il Cristo-Capo, nel dare gloria e onore e adorazione al Santo che riposa in
mezzo ai santi: «Noi misticamente rappresentiamo i Cherubini e alla vivificante
Trinità cantiamo l'inno tre volte santo » (Liturgia di San Giovanni
Crisostomo). «Adesso le stesse potenze celesti insieme con noi adorano»
(Liturgia dei Presantificati) poiché «il Re dei re si avanza... preceduto dai
cori degli angeli...» (Liturgia del Sabato Santo).
Questa liturgia corale umano-angelica del cielo intanto è attuabile
anche sulla terra in quanto lo Spirito Santo estende alla Chiesa-corpo e le fa
rivivere il mistero del discese-ascese della Chiesa-capo, Cristo, cioè
l'insieme della economia storico-salvifica divina.
La nostra liturgia celebra perciò con accenti di gioia tutti i
fondamentali misteri: trinitario: del Padre il beneplacito, del Figlio
la redenzione, dello Spirito Santo la venuta per compiere e distribuire e
partecipare agli uomini quel beneplacito e quella redenzione; cristologico-soteriologico:
la duplice venuta del Verbo, nella carne e nella gloria, quale mediatore e
esecutore dell'eterno e universale disegno creativo-salvifico di Dio; pneumatologico
- pentecostale: la presenza viva
dello Spirito Santo la cui missione è di coronare la prima venuta del Cristo
Salvatore e di attuarne, in caparra, la seconda venuta, allo stato glorioso; ecclesiale - escatologico: la Chiesa
condotta progressivamente dallo Spirito Santo alla maturazione della gloria e
alla completezza del pleroma; mariale-tipologico: la Madonna esemplare
compiuto della Chiesa quale primizia della finale palingenesi della umanità
che sarà, a sua volta, restituita alla primitiva incorruttibilità e
immortalità, a causa della unione del divino e dell'umano avvenuta nella
Vergine e per mezzo della Vergine-Madre. Questo mistero nascosto ai secoli
(Col. 1, 26) e sconosciuto agli angeli si è, infatti manifestato (rivelato e
attuato), per mezzo della Madre di Dio (theotokion tono 4).
L'accentuato timbro mariano della liturgia
bizantina non è dovuto solo alla pietà degli orientali, ma è giustificato dal
ruolo ontologico di mediatrice che le è riservato nella economia divina e che
non è circoscritto solo al valore della sua preghiera e dei suoi meriti e
della sua santità personale, ma soprattutto al mistero che in lei si attua
(l'unione del divino e dell'umano) e che lei rappresenta (l'umanità restituita
allo stato paradisiaco).
La liturgia bizantina, nella struttura organica dell'insieme e delle
singole parti, esprime il drammatico movimento ascensionale della Chiesa verso
l'epilogo della parusìa, per mezzo del Cristo-primizia, fino al punto di
avvolgere la comunità dei fedeli con una piena manifestazione e con una totale
partecipazione della divinità, nell'atto e nel momento culminante della
unione-comunione eucaristica (theosis), vero anticipo ai terrestri della luce
dell'Ascensione del Signore Risorto:«Gli presteranno culto e vedranno la sua
faccia » (Ap. 22, 4).
La comunità cristiana passa,
infatti, dallo iniziale stato di peccato in cui grida Kirie eleison, alla
fede giustificante, alla offerta del sacrificio, alla grazia, alla visione,
alla unione, alla lode di Dio apparso: «Abbiamo visto la luce vera, abbiamo
ricevuto lo Spirito sopraceleste, abbiamo trovato la fede vera
nell'adorazione della Trinità indivisibile che ci ha salvati » e ci ha posti
sul piano della intercomunicazione diretta e totale dei beni celesti: «le cose
sante ai santi ».
La Chiesa per rivivere ed esprimere tali realtà nascoste ai sensi, ha
istituito la liturgia, facendo ricorso a forme sensibili il più possibile
eloquenti e degne e dando ai paramenti, ai gesti, alle cerimonie, alle
suppellettili alla distribuzione delle parti:
sacerdote-diacono-coro-popolo
(richiamo, più che al dramma classico greco, ai quattro viventi, ai
ventiquattro anziani e alle miriadi di angeli dell'Apocalisse), alle forme
architettoniche del tempio e agli elementi iconografico e melodico il preciso
carattere funzionale di segni rappresentativi del mistero della Incarnazione e
del processo di ritorno dell'uomo allo stato di immagine e di liturgo di Dio.
Il simbolismo dominante in tutta l'azione liturgica bizantina potrebbe
sembrare frutto del genio fantasioso e fastoso degli orientali o dell'influsso
dell'ambiente imperiale o comunque iniziativa di singoli teologi o vescovi o
comunità. Esso è, invece, opera della Chiesa ed è di carattere normativo perchè
risponde al canone di dare espressione alle realtà teologiche della gloria parusiaca
e della maestà della liturgia celeste di cui quella ecclesiale terrestre è
immagine e somiglianza, per reale compartecipazione, in virtù della presenza
misteriale di Cristo: «Signore... guarda dal tuo santo abitacolo e dal trono
di gloria del tuo regno... tu che... sei anche qui con noi invisibilmente...
Lo
stesso imperatore Giustiniano, al dire dello storico Procopio, passava le
notti, in compagnia dei più dotti teologi, a scrutare le Scritture i cui sensi
vennero trasfusi nella santa liturgia e perfino nelle linee del tempio di
Santa Sofia che rimane tipico esemplare di espressione architettonica della
teologia liturgica. La liturgia bizantina per il suo denso contenuto dogmatico appare
quasi tunica tessuta tutta d’un pezzo (Gv. 19, 23) e una epitome della fede
nella Trinità e Unità di Dio, nei misteri della Incarnazione e Redenzione,
della Madre di Dio, della Chiesa, della Comunione dei Santi, della
consumazione parusiaca, della unità pleromatica dei viventi, angeli e uomini,
nel Cristo immagine del pleroma trinitario.
Un siffatto contenuto dogmatico
espresso, per giunta, nella lingua propria di ciascuna comunità nazionale e con
la diretta partecipazione del popolo all'azione sacra, ha consentito alla liturgia
di compiere il miracolo storico della salvaguardia della fede e della vita
ecclesiale della cristianità orientale oppressa, nel corso dei secoli, da
popoli e regimi non cristiani e insidiata dalle ricorrenti eresie.
A questo proposito, giova notare che una traccia profonda del travaglio
dogmatico e storico-sociale della cristianità di Oriente è il frequente
pensiero della pace comunitaria nella liturgia, fino a costituirne uno dei
caratteri dominanti. Il termine Pace vi ricorre quasi quaranta volte La
liturgia bizantina è testo canonico della lex orandi della Chiesa
universale e perciò è anche documento della unione di fatto della Chiesa
orientale e occidentale. È merito della liturgia se questa unione non è venuta
mai meno, a malgrado degli elementi storici e giuridici ecc. della millenaria
separazione.
Essa è anche documento autentico della lex credendi della
Chiesa degli Apostoli, dei Padri e dei Concili e, come tale, postula ed è
ponte della stessa unione che chiameremo canonica. Per questo motivo la
separazione è, oltretutto, antiliturgica e ferisce la santa Tradizione.
La liturgia è, pertanto, il terreno d'incontro « tra Giuseppe e i suoi
fratelli» (Giovanni XXIII) eredi di una originaria comune ecclesiologia in cui
la parte attiva, nella difesa e nella diffusione del cristianesimo, è comune
alla sapienza patristica della cui tradizione è portatore l'Oriente e al
sigillo del criterio di Pietro. Nella liturgia: sono fuse e compendiate la luce
della verità (Oriente) e la norma (canone) della fede (Pietro) poiché essa
racchiude tutto l'arco dei misteri cristiani dalla esinanizione del Verbo
(Kenosi) alla Riconciliazione (Eirene) alla Gloria (Doxa) cui la Chiesa tutta
unita, con una sola bocca e un sol cuore, dà la risposta corale eterna: AMIN.