LA DONNA NELLA STORIA

Ricerca di Sociologia della III C p

 

 

In occasione della festa della donna (1), abbiamo deciso di esporre un lavoro, rielaborando in maniera personale i dati della ricerca che abbiamo sviluppato su libri, periodici, e sulla rete internet, al fine di  mettere in evidenza la condizione della donna nelle varie epoche storiche.

 

(1) Notizia: “Le origini della festa dell’8 Marzo risalgono allontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché 1’8 marzo nello stabilimento scoppiò un incendio e 129 operaie  all’interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.”

 

 

 

LA DONNA NELL’ETA’ ANTICA

 

Le donne dei greci

In Atene, la capitale della Grecia e della sapienza antica, la donna è ignorante. L’uomo la considera un essere inferiore, ne limita la libertà. Le leggi la definiscono incapace di fare testamento, soggetta alla tutela del padre o del marito. Il grande scrittore greco di tragedie, Euripide, considerato uno dei più grandi poeti del mondo, afferma: ”la donna è il peggiore dei mali”. Per Platone, uno dei massimi filosofi greci, non c’è posto per la donna nella buona organizzazione sociale. Aristotele, un altro dei massimi filosofi afferma che essa è: ”per natura difettosa e incompleta”. Il grande matematico e filosofo Pitagora affermava che la donna era stata creata ”dal principio cattivo che generò il caos e le tenebre”.

 

Le donne dei romani

A Roma la condizione della donna era migliore, ma non tanto. Poiché ella era considerata ”per sua natura irresponsabile”, era condannata a vivere in uno stato di perpetua minorità. Infatti i Romani consideravano l’infedeltà di una donna come un delitto che il marito oltraggiato poteva punire con la morte. Un ruolo particolare, nell’età romana, rivestivano le matrone. La matrona aveva grande importanza nella vita della famiglia: era lei che si occupava della prima educazione dei figli. Col volgere dei tempi, in età imperiale, la figura della donna andò modificandosi: essa cominciò sempre più a partecipare a feste e banchetti, a cerimonie pubbliche e private, a volte da sola, a volte con il marito.

 

 

LA DONNA NELL’ETA’ MEDIEVALE

 

Il ruolo della donna nel Medioevo non è facilmente riconducibile a un unico comune denominatore: spesso ignorata o disprezzata da teologi e filosofi, essa occupa in parecchi casi una posizione veramente influente nella vita politica, religiosa, artistica. Molto dipende, come è logico, dalla condizione sociale e dall’ambiente: ma è certo che, al chiudersi del Medioevo, si consolida definitivamente quell’atteggiamento di ostilità e di oppressione nei confronti della donna che dominerà poi tutte le società europee dell’età moderna.

 Per tutto il Medioevo, le mogli dei re partecipano attivamente alla principali decisioni politiche, mostrando spesso intelligenza ed energia di carattere. Il Medioevo, comunque, rimane nella sostanza una civiltà guerriera e rude che relega la donna in una posizione di netta inferiorità. Alcuni, anzi, considerano la donna l’incarnazione stessa del male.

 

Nei secoli XII e XIII nasce la cultura cortese, nel cui miracoloso equilibrio fra sensualità e spirito la donna inventa l’amore moderno; si sviluppano i movimenti religiosi non conformisti, sulla base di una larga partecipazione femminile; trionfa in campo cattolico il culto della Vergine. Ma tutto ciò o viene represso o non riesce a far nascere nuove istituzioni e nuove consuetudini di vita. Questo orientamento ideologico è caparbiamente in contrasto con il ruolo svolto dalle donne nello stesso ambito della produzione economica, a tutti i livelli sociali. Le donne di umili condizioni lavorano nelle campagne esattamente come gli uomini; ma lavorano anche in città, in moltissime botteghe e aziende; ma anche nelle classi superiori, le donne sono a capo dei ginecei (zone del castello riservate alle donne) ove svolgono importanti lavori di tessitura, ricamo,ecc. . . per la classe signorile dominante.

 

 

LA DONNA NELL’ETA’ MODERNA

 

La concezione principale dell’epoca moderna che riguarda la donna è quella del Rinascimento. Il Rinascimento è una corrente artistica e letteraria che presenta una rivalutazione dell’uomo nella storia. Esso si esprime nei vari campi della cultura, dell’arte e delle scienze. La visione femminile che ne deriva è in genere improntata alle esaltazioni poetiche, al rilievo artistico (pittura e scultura) basata sulla rappresentazione della sua bellezza. Ufficialmente però, le arti figurative, cosi strettamente controllate dalla Chiesa, non possono dare grande spazio alla raffigurazione realistica della donna, considerata dalla visione cristiana di allora essenzialmente come fonte di vizio.

 

Le streghe

Furono le donne più deboli e indifese (vedove, orfane, veccbie) a diventare il capro espiatorio delle paure collettive dell’epoca. Fu soprattutto tra il XV e il XVI secolo che la donna venne demonizzata come creatura malefica, bugiarda, ribelle e quindi facile preda del demonio. E’ questa l’immagine che ne davano i vari trattati ecclesiastici del periodo. Le confessioni di stregoneria e le descrizioni estorte con la tortura venivano talvolta suggerite dagli stessi inquisitori tendenzialmente ossessionati da un morboso senso del peccato. Le accuse contro le streghe erano spesso motivate da dicerie, invidie o interessi personali e costituivano, in molti casi, un pretesto per colpire personaggi scomodi: intellettuali dissidenti che professavano idee innovatrici, donne originali che guarivano le malattie utilizzando le erbe medicinali, studiosi dediti all’alchimia, una pratica molto diffusa tra le classi colte in un’epoca come quella rinascimentale, che combinava conoscenze scientifiche e credenze magiche. Insomma, tutti coloro che deviavano dalla norma, potevano diventare sospetti di stregoneria, essere torturati e condannati al rogo. Li si accusava di preparare filtri e veleni, di praticare incantesimi capaci di provocare la morte di persone e animali, di gettare il malocchio, di guastare i raccolti, di invocare gli spiriti maligni e cosi via.

 

 

LA DONNA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

 

La nostra società si sta trasformando con una rapidità impressionante e questo avviene per il progresso scientifico che ha introdotto continue scoperte modificando il modo di vivere dell’ uomo contemporaneo. Cose che pochi decenni fa sembravano essere adatte a un puro mondo della fantasia, oggi sono entrati di prepotenza nella vita quotidiana. E sufficiente pensare ai prodotti informatici o al mondo dei moderni elettrodomestici. Tutto questo ha trasformato il modo di vivere e ha messo in crisi delle certezze su cui si basava il vivere civile. Uno di questi è legato al ruolo della donna nella nostra società.

Fin dall’ antichità la storia della specie umana si è sviluppata attraverso 1’ affermazione di un modello chiamato patriarcale, cioè di prevalenza del maschio sulla donna. Fin dalla preistoria gli esseri umani si sono accorti che il maschio era mediamente più razionale, forte e aggressivo, la femmina era più sensibile e affettuosa. La differenza tra i due comportamenti è importante nella vita: possiamo infatti immaginare cosa diventerebbe il mondo se gli esseri umani fossero tutti aggressivi o viceversa, totalmente privi di aggressività.

Lo sviluppo della storia basato sulla prevalenza maschile ha portato il mondo ad assumere il volto che oggi conosciamo. Il comportamento aggressivo maschile ha assunto la prevalenza mentre quello femminile si è subordinato ad esso. La posizione di predominio del maschio ha comportato per la donna una condizione di sottomissione che 1’ ha costretta per millenni e tuttora la mantiene, soprattutto nei paesi più arretrati nella umiliazione e nell’ inferiorità.

 

Il LAVORO DELLA DONNA

 

Quello che svolge la donna è ancora troppo spesso un lavoro in ombra, che non viene riconosciuto anche nei casi in cui tutto il peso della gestione familiare dipende dalla madre. In questi ultimi anni, con il diffondersi dell’immigrazione nei paesi in via di sviluppo che ha coinvolto soprattutto la parte maschile della popolazione, questo problema si è aggravato perché in molti di questi stati non è previsto che una donna possa per esempio essere capofamiglia, anche quando 1’uomo ha lasciato da tempo il paese d’origine e spesso non ha fatto più sapere nulla della sua esistenza.

Il lavoro della donna è sempre stato considerato in qualche modo subordinato a quello dell’uomo o finalizzato ad esso. Ruoli come la segretaria, la dattilografa, la telefonista, sono nati come lavori femminili e tali sono ancora oggi, anche se per l’alto tasso di disoccupazione e la difficoltà di trovare lavoro, le differenze di scelta dipendenti dal sesso si vanno sempre più attenuando.

 

Notizia: “Storia dell’emancipazione femminile

   La posizione della donna nella società, e in particolare rispetto all’uomo, ha avuto nel corso dei secoli molte variazioni. Ci sono stati periodi in cui addirittura si andava sostenendo che la donna non avesse la stessa intelligenza e le stesse capacità dell’uomo: era solo il pretesto per opprimerla.

   Si pensa che nel paleolitico uomo e donna avessero gli stessi diritti e doveri. Nel neolitico uomo e donna iniziarono a svolgere attività completamente differenti, infatti, l’uomo andava a caccia mentre la donna lavorava nei campi e accudiva i figli.

   Nella legislazione sumerica e babilonese la donna aveva notevole indipendenza giuridica; tuttavia nelle nozze c’era una specie di “compera della sposa” (costume pastorale) e la moglie era fortemente soggetta al marito, il quale poteva ripudiarla con notevole facilità.

   In Egitto l’importanza giuridica della donna era minore, però, anche qui era rispettata e partecipava alle azioni di culto religioso.

   Nella civiltà etrusca la donna ebbe molta considerazione, viveva con il marito in notevole partecipazione sociale; le figure etrusche ci presentano la donna vestita da matrona; sopra i sarcofaghi spesso marito e moglie sono raffigurati uniti affettuosamente.

    Nel 200 a.C. si propose di abrogare la legge che vietava alle donne di possedere più di mezza oncia d’oro, di portare vestiti multicolori e di passeggiare in carrozza. Ma, allora, le “femministe” non riuscirono nel loro intento per l’accanita opposizione del maschilista Catone, che sosteneva che gli uomini non dovevano far calpestare la loro indipendenza negli affari pubblici.

   Presso gli Arabi, l’islamismo limitò numericamente la poligamia, ma segregò la donna e la minorò dal punto di vista giuridico; tuttavia la donna araba fu ed è spesso colta, si dedica alle scienze, alle arti, alla mistica.

   In India e in Persia anticamente la donna ebbe una discreta posizione sociale, abbassata poi dall’Islamismo; il Bramanesimo introdusse in India il sacrificio della vedova sul rogo del marito.

   Nella Cina tradizionale la donna godeva di un notevole rispetto, ma era molto segregata e non aveva modo di istruirsi se non per eccezione.

   In Giappone la cultura e l’arte erano riservate alle geishe. Tradizionalmente e fino a tempi relativamente recenti la geisha iniziava la sua formazione in apposite scuole all’età di sette anni e, una volta ritenuta abile nelle diverse arti, veniva ceduta dai genitori a un proprietario di locale da tè presso il quale prestava la propria opera. Qui la ragazza serviva il tè secondo l’antico cerimoniale giapponese e intratteneva gli ospiti con canzoni, danze, recitazioni di poesie e conversazioni gradevoli. Anticamente quest’attività voleva che le ragazze fossero vendute e che non potessero mai sciogliere il vincolo che le legava se non contraendo il matrimomo. Dopo la seconda guerra mondiale la vendita delle figlie divenne illegale e la pratica scomparve; la professione di geisha esiste ancora oggi ed è stata riconosciuta a livello sindacale.

     In linea generale, in passato, nella famiglia, la donna viveva in uno stato di rigida sottomissione all’uomo e nei rapporti sociali subiva una pesante limitazione di diritti e l’esclusione dalla gestione del potere politico.

Questa condizione era considerata naturale dalla mentalità dominante e veniva affermata da tutte le grandi religioni dell’antichità.

   Anche nel Rinascimento la condizione della donna non subì miglioramenti. Però, più numerose che nel Medioevo, ma soprattutto presso le classi più elevate, furono le donne che riuscirono a raggiungere i gradi più alti d’istruzione e ad affermarsi in vari campi.

   Il cambiamento cominciò a profilarsi solo con l’illuminismo e la nascita della società borghese. Sul piano giuridico, la rivoluzione francese aveva tra le sue parole d’ordine quella dell’eguaglianza dei diritti: nel 1791 una esponente del movimento rivoluzionario, Olimpia De Gouges, arrivò a formulare una “Dichiarazione dei diritti della donna e delle cittadina”, che, tuttavia, rimase lettere morta, Nel campo economico e sociale, la crescente importanza del mercato e il progredire del sistema del lavoro salariato provvidero, da un lato, a erodere progressivamente le tradizionali funzioni della famiglia, dall’altro portarono le donne a diventare soggetti attivi della produzione.

   Solamente nell’ultimo secolo la donna è cambiata radicalmente e dopo anni di dure lotte è riuscita ad ottenere una legge sulle parità nel lavoro ed ad assicurarsi un salario pari a quello dato ad un uomo che svolge la stessa attività.

  Anche in base alla Costituzione Italiana non deve esserci alcuna differenza tra uomini e donne. Nel corso dei secoli ci sono state molte iniziative da parte di donne per ottenere pari opportunità. Per realizzare un’effettiva parità tra uomini e donne è stata istituita un “Commissione nazionale per le pari opportunità”; e da pochi anni esiste un apposito ministero e le donne hanno avuto la possibilità di intraprendere attività riservate tradizionalmente agli uomini.”

 

Notizia:  “La Maternità

   La maternità, al pari della paternità, in tutte le società pre-moderne si presenta come un fatto naturale, non artificiale, nel senso che viene ad iscriversi in un ordine dato delle cose, che trascende la volontà del singolo.

Con la rivoluzione culturale che apre l’epoca moderna, e che si modella principalmente nell’Europa del XVII secolo, anche la maternità viene coinvolta in quel sistema di valori in cui è centrale la lotta ingaggiata dall’uomo con la natura. In questo contesto, la maternità appare come un fatto irrazionale, di cui si tende a perdere l’essenza in modo proporzionale alla crescente dinamicità della società.

In questo periodo, infatti, nuove linee di pensiero si diffondono, la filosofia razionalista conosce il momento di massima diffusione, e tutto il vivere quotidiano è permeato da questo nuovo approccio alla vita. Anche la maternità, come massima espressione della struttura familiare tradizionale, si riveste di significati simbolici, divenendo l’espressione di quel comportamento istintivo che deve essere controllato dalla razionalità umana. Quando con la Rivoluzione Industriale anche le donne entrano in massa nella produzione, la maternità si pone, nel suo significato e nella prassi quotidiana, come un evento denso di difficoltà, di rischi, di obblighi non pienamente sentiti, insomma di elementi non razionalizzabili e in qualche modo sempre più problematici per la vita della donna che si fa carico di tante incombenze al dì fuori della famiglia.

Infatti, il modello della famiglia patriarcale, comincia lentamente a perdere terreno, soppiantato da gruppi famigliari, costituiti solo i genitori e i figli (famiglie nucleari). La motivazione principale di questo cambiamento, veriflcatosi soprattutto negli agglomerati urbani, è la nuova struttura dell’economia.

Se nelle campagne infatti, il possedimento di terreni e animali costituiva la certezza di sopravvivenza per l’intera famiglia, che doveva proprio al suo essere numerosa la possibilità di migliorare la produzione agricola, nelle città il lavoro nelle fabbriche, aveva determinato un nuovo assetto familiare, in cui anche la donna, faceva parte della catena produttiva al di fuori delle mura domestiche, ciò comportava, ovviamente, la rinuncia ad una famiglia numerosa, che risultava molto difficile da mantenere.”

 

Notizia: “Le donne italiane tra famiglia e carriera

   La questione dell’importanza della famiglia e dei valori tradizionali per le donne italiane, è da sempre al centro delle analisi sociologiche e statistiche.

Da quando nuovi modelli comportamentali si sono affermati nella nostra cultura, gli analisti sociali hanno un bel da fare per capire e spiegare le nuove tendenze.

Sono soprattutto il calo dei matrimoni e il calo dei tassi di natalità, a far emergere una realtà sociale perfettamente allineata a quelle dell’Europa più progredita, e soprattutto a quella americana. Ma nonostante questi dati, ancora un gran numero di italiane sceglie la famiglia, e questa scelta viene fatta in modo più consapevole.

Passati gli anni del femniinismo e del totale rigetto dei valori tradizionali, le donne riscoprono la famiglia, che non rappresenta più la gabbia in cui rinchiudere tutte le aspirazioni di successo e di affermazione personale, ma lo spazio in cui la donna riesce a trovare una nuova dimensione complementare alla realizzazione professionale, un nuovo ruolo nella società, dunque, variegato e molteplice, ma soprattutto al passo con i tempi…

   Stando ai risultati di questa ricerca promossa da Mediavideo e realizzata da Datamedia, le donne italiane sono ben calate nella realtà sociale, sono lo specchio del loro passato, di cui conservano i valori più significativi, ma sono proiettate nel futuro, infatti hanno idee precise sul molo che dovrebbero occupare. Una donna determinata, dunque, pronta a sostenere le sue convinzioni e le sue scelte, non dimenticando il retaggio culturale e i valori tradizionali che danno una impronta personale alla società in cui vive.”

 

 

 

 

 

 

Notizia: “La concezione cattolica della donna

   Dalla recensione di un convegno sulla Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II sulla dignità e la vocazione della donna, la Mulieris dignitatem del 15 Agosto 1988, emerge l'importanza della riflessione circa il ruolo della donna nella evangelizzazione, nella società, nella cultura e nella morale.

  L'antropologia proposta dalla M.D. fa riferimento ad un nuovo umanesimo che si avvale maggiormente del contributo femminile; ciò viene indicato come risposte alla crisi della cultura moderna, e come dinamica positiva per l'evangelizzazione.

  In particolare il dibattito è sviluppato intorno alla "crisi della modernità" e si incentra sulla enucleazione del modello antropo-logico-relazionale che recupera gli attributi mariani nel "linguaggio simbolico della femminilità".

Altri punti discussi sono svolti su tematiche sociali che coinvolgono la Chiesa e la funzione della donna: la solidarietà, la questione femminile e l'economia.

Tra le novità della M.D. si rimarcano l' "antropologia duale", la reciprocità uomo-donna, e la presenza della donna nel sociale e nella Chiesa.

 

 

 

 

 

 

Notizia:

“MESSAGGIO AL MINISTRO DELLE PARI OPPORTUNITA' PRESTIGIACOMO
Alle donne d'Italia, l'augurio di Ciampi
Le donne? Ancora poco presenti in istiutuzioni e politica
8 marzo 2003

«L'8 marzo in tutto il mondo si festeggia la Giornata della donna. A tutte le donne italiane va l'augurio del Presidente della Repubblica». Lo afferma il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi in un messaggio inviato per la Festa della donna al ministro per le Pari opportunità Stefania Prestigiacomo.

«Il contributo femminile nel mondo del lavoro, delle professioni, dell'imprenditoria, della Pubblica amministrazione, della cultura, della scienza - si legge nel messaggio - ha cambiato in pochi decenni il volto della nostra società; lo ha profondamente migliorato. Questo progresso ha la sua sorgente nella famiglia, istituzione che è il vero pilastro della nostra società. Negli anni, la famiglia italiana ha saputo
trasformarsi, adeguandosi ai tempi del lavoro femminile, senza
snaturarsi».

«Al contributo delle donne, l'Italia deve molta parte del successo nell'impegno sociale nel mondo del volontariato. Quante volontarie italiane, spesso nei luoghi più sventurati del mondo, si dedicano alla cura dei più deboli con un impegno straordinario! A loro va la riconoscenza della Nazione.

Saluto con affetto tutte le donne che servono in uniforme la Patria, anche in luoghi lontani, operando nelle Forze Armate della Repubblica per la difesa della pace e della sicurezza, così come il pensiero di tutti va riconoscente alle componenti delle forze dell'ordine».

«La presenza femminile in Italia - conclude il messaggio del presidente Ciampi - trova ancora inadeguata diffusione nelle istituzioni e nel mondo politico. È un divario che va certamente colmato, non solo per ampliare le pari opportunità, ma anche perchè grande ne sarà il vantaggio per la vita pubblica. Nelle democrazie nelle quali la presenza femminile è già pienamente affermata anche nelle istituzioni si avverte
maggiore equilibrio nel dibattito tra le parti, maggiore vicinanza tra istituzioni e società civile».

Lo rende noto un comunicato del Quirinale.”

 

Notizia:

 

Città di Torino

Donne per una cultura di pace

 

 Donne per una cultura di pace

Torino 8 marzo 2003

 Donne per una cultura di pace

 

8 MARZO 2003 - LE DONNE PER UNA CULTURA DI PACE
La presenza delle donne nella vita attiva e la loro partecipazione alla sfera pubblica è garanzia di democrazia, il loro impegno nella vita culturale, economica e sociale si arricchisce della capacità che esse hanno di tramandare la memoria attraverso la valorizzazione dei sentimenti, delle emozioni, della cura degli altri, del rispetto delle differenze.
In questo senso le donne si sono sempre caratterizzate anche come portatrici di valori legati alla convivenza tra gli individui come tra i popoli, al rispetto e al riconoscimento delle differenze, al difficile ma indispensabile lavoro di costruzione della pace e prevenzione dei conflitti.
L’8 marzo sarà anche quest’anno occasione per festeggiare le donne protagoniste “sempre e non solo per un giorno”, riconoscendo in particolare il loro ruolo nella costruzione di una cultura di pace.